Nacque da polvere e capelli e cenere. La casa era un ambiente psichico molto fertile, fra i migliori possibili per la sua formazione: madre e padre nervosi giocolieri in bilico sul baratro del divorzio, un figlio sedicenne assuefatto d’ecstasy e internet, un altro di quattro anni irradiato di televisione per sei o sette ore al giorno e la figlia maggiore quasi sempre assente, divisa fra appuntamenti insoddisfacenti e studi universitari tanto frustranti quanto noiosi.
La casa era una culla perfetta, non avrebbe potuto desiderare di meglio.
Il primo nucleo attorno al quale costruirsi una frammentaria esistenza furono i residui che si trovavano sotto il letto matrimoniale: anni di polvere mal spazzata, di unghie masticate istericamente, filamenti persi da vestiti logori e frusti… fu quello il suo amaro cuore. Lentamente assorbì parte dell’energia che permeava i frequenti litigi dei due: gli aspri rinfacciamenti e le offese a denti stretti formarono la rete nervosa del suo corpo, sufficiente a farlo muovere, a fargli compiere i primi strascicati passi.
Nelle ore più buie vagava senza una coscienza per le stanze della casa, in una folle ricerca di nutrimento. Cibarsi e crescere erano le uniche pulsioni che lo agivano, ma attraverso il sostentamento venne anche una psiche, un insieme di emozioni e nozioni e sensazioni… Una gruccia lasciata per terra costruì le sue spalle, uno straccio per pavimenti divenne la sua schiena… Nutrirsi dei sogni del ragazzo lo agitò per alcune lunghe nottate, fiumi di scorie e residui di anfetamine e alcool che fluivano nel suo corpo deforme alimentandolo di furia e fame… Se diventare un fantasma era da sempre stato un processo di sottrazioni progressive, in questa amara fine millennio assistevamo a una genesi inversa, un lungo processo di accumulo nevrotico che andava costituendo corpo e mente di questo neo-spettro.
- Cavoli, che occhiaie! Sei stato al computer tutta la notte?! – Roberto squadrò la madre, forse in cerca di qualche forma di premuroso amore nascosta in quella brusca domanda, ma subito abbassò lo sguardo: come ormai succedeva da anni i suoi genitori agivano e parlavano più per dovere che per reale interesse.
– No, non so. Ho dormito male e basta, ho avuto degli incubi… - il fratello minore osservava il ragazzo con interesse e paura, baffi di latte intorno alle labbra e capelli densi di sudore e sonno. – Anche tu hai fatto gli uncubi?! Sono brutti…Io ho fatto l’uncubo di un mostro che stava sotto il letto e usciva e mi si sedeva addosso e… - Roberto squadrava insofferente il moccioso, un fortissimo mal di testa si stava impadronendo del suo cervello centimetro dopo centimetro, vincendo una battaglia combattuta a colpi di neuroni bruciati e occhi arrossati. – Cretino, si dice I-ncubi, hai capito? E’ strano, anch’io ho sognato di un gatto o qualcosa di simile che usciva da sotto il letto… - Claudio osservava il fratello con gli occhi sgranati – Sì, era un mostro, ti dico, non un gatto…Stava sulla mia pancia e mi faceva male, anche il solletico, e mi guardava. Io piangevo e lui mi mangiava le lacrime…- il bambino era ormai sull’orlo di una crisi di pianto, quasi che il rievocare i sogni notturni potesse condensarli alla luce del sole, dando loro nuova vita e potenza. – Ma siamo tutti così cretini da piccoli? – Roberto, il cervello ormai conquistato da una spietata emicrania, era ancora più crudele del solito – A me sembrava di essere un po’ più intelligente di te alla tua età, sai? -.
Se ne uscì di casa lasciandosi dietro i pianti del fratello, un vago senso di disagio al pensiero che il gatto del suo sogno gli aveva lambito con la minuscola linguetta rossa sudore e lacrime, proprio come il mostro aveva fatto con Claudio.
Vaga per la casa.
Sempre più forte, sempre più concreto, consapevole. Come potremmo chiamarlo? E’ figlio del nostro tempo, si arrangia con quel che può. Un tempo mostri e fantasmi avevano una dignità, un’estetica precisa, un grande senso d’orgoglio e di appartenenza. Dracula, lo Swamp Thing, Frankenstein… Poi giunsero i figli violenti, vestiti di jeans stracciati, contavano le vittime con le calcolatrici e vivevano nei televisori. Jason, Freddy Krueger, Michael Myers…
E ora? Come possono reinventarsi, terrorizzare, trovare delle basi e degli alberi genealogici in questo deserto vetrificato che chiamiamo occidente? Nascono dal nulla, sono il nulla, possono fare del male, fare il male solo esponendoci alla verità del loro nulla, del nostro nulla, disperandoci con la nostra stessa incapacità emotiva.
4 commenti
Aggiungi un commentoUn racconto con un incipit notevole ed una conclusione forse non all'altezza di queste premesse.
Me lo dicono in molti e io non sono così vanesio e scemo da non accorgermene... Ma che potevo fare?
I racconti, almeno per me che non inseguo certe pirlate di pubblicazione a ogni costo, sono frutto del momento e delle emozioni che circolano in quei minuti, in quelle ore. Fingerne altre sarebbe stato ancora più complicato, artificioso e deludente...
Io aggiungo una cosa: racconto terribilmente vecchio, datato, sono passati troppi anni e comincio a sentirli, non riuscirei più a scrivere così, a trattare i personaggi come funzioni e burattini, a cercare la frase (senza poi trovarla, ovvio), a scrivere con mania d'effetto e di protagonismo.
Spero che i prossimi miei che circoleranno ora ho pù tempo, giocoforza uscirà roba nuova) siano distanti da questo. Più umili, più "storie e basta"...
Ma è servito anche il codamarine, eccome se è servito...
Grazie per avermi letto.
Hai ragione, perfettamente ragione.
scrivere racconti è un pò come tirar su dei figli:
educarli quando si è senza esperienza è più difficile, con i successivi si riesce meglio perchè si ha più pratica, ma anche quelli venuti su meno bene hanno qualcosa di nostro dentro che noi riconosciamo.
Io però mi preoccuperei con un figlio così in giro per casa.
Guarda Elvezio a me Coda Marine è piaciuto(l'ho letto di recente nella tua antologia per Il Foglio), l'ho anche trovato originale per quanto riguarda la trama. Certo lo stile è immaturo, ma forse se lo riscrivi, puoi farne una versione migliore. Io a volte ritorno sugli stessi racconti anche dopo anni, perché magari qualcosa da salvere da riprendere c'è sempre. Cmq l'intera antologia Il Dio nell'alcova mi è piaciuta molto, fatte salve alcune perplessità sullo stile. Compagno di giochi è il migliore(forse nel finale avresti dovuto andarci giù meno pesante: il bambino fantasma che spezza la schiena della bambina è eccessivo, fa a pugni con l'atmosfera sognante-inquietante - resa molto bene - dell'intero racconto). Poi Eclisse totale di cuore è una disturbante e originale interpretazione della tematica del fantasma. A caccia è divertente. Ombre nella pioggia un divertissement lovecraftiano niente male, sicuramente non inferiore ad altri omaggi ad HPL di scrittori più blasonati. Scavando nel fuoco mi ha intrippato con la sua "ingenuità" da EC comics molto fifty. Auguri per le tue prossime creazioni.
Hasta huego
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