Horror psicologico del 1942 diretto da Jacques Tourneur, prima produzione di Val Lewton scelto dalla RKO per la realizzazione di horror a basso costo che potessero risollevare le infelici condizioni economiche della casa cinematografica statunitense. Il film costò meno di centocinquantamila dollari e ne incassò quasi quattro milioni nei primi due anni, salvando così lo studio dalla catastrofe finanziaria.
Trama: Irina Dubrovna è una disegnatrice di moda sicura di essere vittima di un’antica maledizione che da anni tormenta il suo villaggio di origine: le donne della sua tribù qualora cedessero alla passione, si trasformerebbero in feroci pantere. La strana convinzione di Irina inizia a crearle problemi soltanto a seguito delle nozze con Oliver, la donna infatti rifiuta di avere rapporti sessuali con il marito per timore di condannarlo a un terribile destino. Oliver che non crede alle assurde paure di Irina, costringe la moglie ad andare in cura da uno psichiatra, questi attuerà un estremo esperimento per guarirla.
Perché vederlo: La pellicola si apre con una citazione tratta da Il figlio della notte di Jack Williamson, rimandando chiaramente al tema della licantropia, qui riletto in maniera insolita. L'analisi della sindrome trova infatti un fondamento molto più solido nella psichiatria che non nella mitologia, viene cioè rappresentata quasi si trattasse di una forma di difesa a fronte di una società troppo carica di aspettative e troppo sottomessa alla religione e alle regole di una classe borghese tutt’altro che perfetta. Gli argomenti trattati sono quindi molti e complessi pur essendo il racconto della vicenda lineare. Val Lewton affermò infatti che la formula del film era in realtà assai semplice: c’erano una storia d’amore, tre scene con atmosfere tipiche del cinema horror e una scena in cui la violenza è libera di esplodere. Il fantastico non è quasi mai mostrato, a causa della pochezza di mezzi Tourneur deve insistere su continue allusioni e sull’ambiguità dei protagonisti, ne deriva quindi più un thriller psicologico che un horror, in cui la monotonia della vita quotidiana è alternata con abilità all’angoscia derivante dall'ignoto. Tra misteri e sottintesi sessuali (quasi indecenti per gli anni ’40) la paura prende vita dal sospetto e diventa orrore attraverso un processo di autosuggestione, nonostante non venga mai svelato nulla di realmente spaventoso. Proprio il rincorrersi di impressioni più o meno fondate fa in modo che la tensione non si abbassi mai, sorretta anche dal bianco e nero di Nicholas Musuraca che pesa perfettamente luci e ombre. Persino quando non succede niente di rilevante, non si è mai liberi dall’incomprensibile paura che qualcosa di incontrollabile possa scatenarsi all’improvviso in tutta la sua furia, il terrore è alimentato dall’impossibilità di distinguere nettamente tra sogno e realtà, e quindi dall'incapacità di capire se la minaccia è reale oppure immaginaria. Il bacio della pantera è un film elegante nel quale l’infelicità degli esseri umani e il loro sentirsi inadeguati è suggerito da una messa in scena che altera ogni cosa rendendola innaturale, così come innaturale è la felina sensualità della protagonista, costantemente attenuata da un filo di tristezza a rendere il suo fascino ancora più indecifrabile. Simone Simon è solo in apparenza una fragile vittima della società in cui si muove, ma quando la gelosia nei confronti delle altre donne si fa più forte è pronta a reagire con violenza. Il bacio della pantera è senza dubbio un film da vedere o rivedere, foss’anche solo per la scena della piscina, celebrata anche da Dario Argento in Suspiria, che riesce a creare un’atmosfera di ansiosa attesa difficilmente ripetibile.
Curiosità: Lewton e la sua squadra in questo film inventarono quella che diventerà la popolare tecnica “Lewton bus” e cioè una tecnica che realizza un lento crescendo di tensione portandola fino al climax per poi lasciare che si risolva in un finto allarme.
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