Mario Bava dirige questo horror a episodi – tutti e tre tratti dalla letteratura di genere – con lo pseudonimo di John Old. Marcello Fondato ne firma la sceneggiatura con la collaborazione di Alberto Bevilacqua e dello stesso Bava.
Trama: Il telefono. Ispirato a un racconto di F.G. Snyder seppur nei titoli di testa appaia accreditato a Maupassant. La tranquillità di una donna viene minacciata da continue telefonate intimidatorie. Non le resta dunque che chiedere aiuto a una sua cara amica.
I Wurdalak. Da un racconto di Tolstoj, l’episodio racconta l’angosciosa vicenda di una famiglia colpita da vampirismo.
La goccia d’acqua. Tratto da un racconto di Cechov. Una donna, dopo aver rubato l'anello di una medium, dovrà affrontare uno spaventoso destino.
Perché vederlo: I tre episodi – la cui struttura ricorda i telefilm della serie Alfred Hitchcock presenta – sono unificati dalla paura, seppur di natura diversa. Il timore dei vivi, quello dei non morti e infine la paura dei morti.
Il telefono è l’episodio meno riuscito dei tre, tutto si svolge in una camera all’interno della quale l’insistente squillare del telefono rende lo spazio sempre più claustrofobico. Il regista valorizza i pochi elementi a sua disposizione costruendo un thriller raffinato facendo sapiente uso di un oggetto, appunto il telefono. Il brano affronta un tema abbastanza scabroso per l’epoca, introduce infatti a quell’ambiguità sessuale che sarà sfruttata dalla cinematografia degli anni successivi.
Nel gotico in costume I Wurdalak, il regista può fare pieno esercizio del suo talento, sperimentando un uso del colore che riprenderà in molti suoi film successivi. Belle le ambientazioni gotiche, che molto devono alle opere di Poe e soprattutto alle messe in scena di Corman, rese ancora più ambigue dalle improvvise tinte di blu, viola e rosso che squarciano i tono scuri della foresta e del paesaggio. Magnifico Karloff.
Con La goccia d’acqua, in cui la minaccia è ultraterrena, Bava realizza un piccolo capolavoro. Il terrore si fa più pressante e la paura cresce lentamente attraverso suoni e visioni ossessive. La goccia d’acqua che si abbatte al suolo minacciosa, porte e finestre che sbattono e infine l’immancabile temporale segno di ira divina. Quest’ultimo episodio inizia quell’analisi della psiche umana che troverà pieno compimento nelle opere di molti registi, tra tutti Polanski con Rosemary’s Baby e L’inquilino del terzo piano.
L’epilogo, così come l’introduzione, sono affidati a Boris Karloff. Ed è con la scena finale che il grottesco trova compimento nell’ironia e viene svelata la finzione assoggettata al film.
Curiosità: Il film approda nei paesi anglosassoni con il titolo Balck Sabbath. Un gruppo di ragazzi di Birmingham, membri di una band hard rock chiamata Earth, dopo aver visto il film di Bava decide di cambiare il nome del loro gruppo, diventando così i leggendari Black Sabbath.
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