Probabilmente esistono "generalismi" di matrice diversa (se non opposta): c'è chi pensa che tutto faccia brodo, nella letteratura come nel cinema, e al pubblico vadano offerte infarinature vaghe di questo e di quello, e c'è chi crede che solo attraverso una profonda conoscenza delle materie trattate si possa regalare al pubblico qualcosa di valido e interessante.
Ha ragione chi sostiene che i "generi" sono come i colori sulla tavolozza del pittore. Tant'è vero che, se non li si sa usare, il risultato è quasi sempre un grigio uniforme e smorto. E' appunto il caso del generalismo/OGM che in tanti ci propinano in nome della volontà di "raggiungere il più vasto pubblico possibile". Qualcuno ha persino la faccia tosta di chiamare questo grigiume modaiolo e mercantile "contaminazione", facendo un vero torto a chi la contaminazione la persegue con l'abilità con cui Pissarro, Monet e Sisley giustapponevano i loro colori sulla tela.
La contaminazione è una via trasversale e feconda. Paragonare Anne Rice a H.P. Lovecraft per il solo fatto che entrambi si muovono nel territorio dell'horror, non ha grande senso; come non avrebbe senso imparentare tra loro un Tolkien e un Clark Ashton Smith dicendo che entrambi sono scrittori "fantasy". Smith aveva radici culturali che avrebbero fatto orrore a Tolkien: i "satanici" decadenti, il blasfemo Lautreamont, il corrotto William Beckford. E la sua opera è intrisa di erotismo.
Appunto, l'erotismo: uno dei "colori" che più spesso vi capiterà di trovare nella letteratura horror; quasi un genere gemello. Si pensi ai racconti di Clive Barker, sempre saturi di carne palpitante, ai doppi sensi lesbici di Carmilla, alla necrofilia di Poe, persino alle oscenità dei fumetti italiani degli anni '70: gli esempi possibili sono pressoché infiniti. Senza contare che horror ed erotismo hanno patito sempre le stesse, crasse, stizzose, maniacali, insulse, ridicole crociate dei benpensanti di turno. La censura è il mal comune che accomuna orrore e sesso in un gaudio che nasce, almeno, dal fatto di farsi buona compagnia l'un con l'altro.
L'invito che rivolgiamo quindi ai nostri lettori è: non accontentatevi delle "contaminazioni" precotte attualmente sul mercato, la maggior parte delle quali sono state studiate a tavolino da "esperti" di marketing, ma leggete narrativa erotica e ri-appropriatevi di questo genere fondamentale!
Potete farlo improvvisando, col rischio, però, di ritrovarvi tra le mani qualche romanzetto sentimentale con un paio di scene nemmeno troppo eplicite, oppure armarvi di una bella guida. Perfetta, a tale scopo, è la Storia della letteratura erotica di Sarane Alexandrian, esponente del surrealismo francese ed erudito. Edita recentemente da Bompini, è un'opera di quasi 500 pagine, agile, esauriente e assolutamente stuzzicante.
Alexandrian parte da lontano nella propria rassegna vietata ai minori, coi Classici: da Lesbo a Marziale, da Luciano (autore del più antico libro pornografico, i Dialoghi delle cortigiane) ad Apuleio. Con perfetta scansione "scolastica" eccolo quindi passare agli eccessi medievali, alle volgarissime scatologie Seicentesche e ai piaceri raffinati del Settecento, avvicinandosi pagina dopo pagina alle moderne espressioni del vizio e del sollazzo, oltre che ai reami più oscuri della libido umana. Alexandrian non deborda mai in facili effetti e, pur descrivendo minuziosamente la trama di moltissimi romanzi, non si lascia andare alla volgarità nemmeno in una frase. Una materia simile, nelle mani di uno studioso meno attento, avrebbe potuto trasformarsi facilmente in una noiosa ripetizione di amplessi, fantasie e patologie sessuali (per dirla alla Krafft-Ebing), oppure in un asettico catalogo bibliografico attento a non offendere nessuno. Alexandrian riesce, invece, a renderne la lettura interessante e, perché no?, avvincente. E offre, col garbo del vero critico, la propria "visione delle cose", quasi sussurrandola e non imponendola. L'autore preferisce l'erotismo solare, il "buon sesso che fa bene", e - pur nutrendo per il Marchese de Sade quella che sembra autentica venerazione - prova ribrezzo davanti a certa letteratura "stercoraria" e sadica: ciò nonostante rende anche a quest'ultima un ottimo servizio, instradando il lettore eventualmente interessato verso i titoli giusti da cercare in libreria.
Unici dati negativi sono la difficile reperibilità di molto del materiale discusso (e questa non è certo colpa di Alexandrian), e lo scarso apparato iconografico (appena 16 paginette fuori testo) che avrebbe potuto essere assai più ricco.
Per concludere: la Storia della letteratura erotica è un altro di quei volumi da mettere accanto a La Carne, la morte e il diavolo di Mario Praz, che della narrativa del "lato oscuro" rimane una pietra miliare di sconfinata portata e importanza.
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