Due ragazzi in “fuga” dalle aule di Oxford viaggiano per la campagna irlandese fra verdi prati e antichi monoliti. In seguito a una disavventura in un pub finiscono fra alcune rovine inseguiti dai bifolchi locali. Lì scoprono un antico diario che narra delle vicissitudini di un uomo che viveva proprio in quella casa insieme al suo cane e alla sorella. La magione si affacciava direttamente su un abisso popolato da strani umanoidi dalla faccia suina e l’uomo dovette respingere a più riprese gli assalti di quelle demoniache creature in una esperienza che lo portò fino ai limiti del tempo e dello spazio, fra allucinazioni, nubi purpuree e squarci d’incubo. I due ragazzi scopriranno ben presto che quell’abisso è ancora vivo e reclama le sue vittime con artigli bramosi.
Ogni tanto mi capita di scambiare quattro chiacchiere con cultori del fantastico, del weird e dell'horror sullo stato attuale dei nostri generi preferiti e mi sento ripetere una continua tiritera: "uscirà magari qualche film ma di sicuro nulla di interessante per quanto riguarda l'editoria". Questa frase è ancora più grave quando a dirmela non è il semplice fan ma qualche giornalista, critico o saggista, anche fra quelli famosi, persone di una certa età ed esperienza che dovrebbero conoscere il loro mestiere. La mia risposta è sempre la stessa: andate in fumetteria!
Ci può essere chi ancora storce il naso di fronte alle nuvole parlanti ma resta fuor di dubbio che in questi anni, perlomeno in Italia, la bandiera del weird e dell'horror cartaceo l'hanno impugnata i grandi maestri del fumetto. Lo ribadiamo una volta per tutte: persone come Alan Moore o Mike Mignola sono AUTORI weird/horror di prima grandezza, AL PARI di scrittori quali H.P. Lovecraft, Stephen King o Richard Matheson.
Questi "fumettari" hanno saputo creare universi e storie coerenti, di altissima qualità e non possiamo che compiangere chi guarda ai loro volumi come a semplice e risibile narrativa di serie B.
La casa sull'abisso è, se c'era ancora bisogno, ennesima riprova di quanto ho detto. Il tessuto del capolavoro hodgsoniano (lovecraftiano ante litteram in certi squarci di terrore cosmico di rara efficacia) viene sfruttato in maniera mirabile dal duo Richard Corben/Simon Revelstroke che riescono a evitare parecchie trappole tipiche di un'operazione d'adattamento quali l'eccessiva didascalia o, in antitesi, la voglia di stravolgere il testo di base per affermare la propria autorialità sopra quella di William Hope Hodgson.
I due applicano un intelligente lavoro di modernizzazione del magma fantastico e pigiano sul pedale del simbolismo psicologico sprofondandoci in una cupa vicenda di discesa negli inferi del subconscio.
In "cantina" ci aspettano gli uomini-maiale, simbolo di pulsioni irrefrenabili sempre pronte a esplodere sotto l'instabile superficie dell'uomo moderno e il duo non esita certo a portare alla luce un aspetto che Hodgson, al tempo, poteva solo sfiorare, ovvero il sesso. Ecco quindi che in alcune pagine compaiono sensuali corpi nudi accanto a teschi e altri simboli di morte in un trip visuale reso con rara efficacia da Corben.
Vero "operaio" del fumetto, il maestro di Anderson, Missouri riesce a frenare certa furia rappresentativa, certa voglia di muscolarità che avevano contraddistinto la sua carriera fino a pochi anni fa e giunge a un percorso più maturo ed equilibrato, capace di variare fra tavole dal ritmo sonnolento volte a rappresentare la vita normale per poi esplodere in splash pages necrofile e teratogeniche che rimarrano nella storia del fumetto di questi anni (come dimenticare l'irruzione del caos a pagina 21 o l'amore weird e sepolcrale di pag. 46-47 o ancora i fasti allucinatori della sequenza 48-57?). La già potente scansione delle vignette e il tratto unico del disegnatore americano vengono amplificati da un sapiente uso del tono colore: predominano i freddi blu della notte dell'anima ma l'inferno ha anche l'aggressività del colore viola e il calore dei toni gialli e rossi.
Corben e Revelstroke hanno letto a fondo il romanzo di Hodgson, sanno quando abbandonare il confronto con il maestro e saggiamente si limitano a citare solo brevemente alcune sequenza di accelerazione temporale e viaggio interdimensionale che, è giusto ammetterlo, sembrano ancora oggi impossibili da disegnare con efficacia.
Il volume è impreziosito da un'introduzione di Alan Moore da leggere, fotocopiare e diffondere a ogni angolo di strada: noi di HorrorMagazine ci sentiamo così in linea con il pensiero del guru britannico che ci sembra imprescindibile offrirvi un estratto del suo mini-saggio a conclusione di questa recensione:
Questo libro, insieme al suo autore e a un gruppo di autori suoi contemporanei (o quasi) altrettanto illustri, rappresenta un filone letterario che è un autentico tesoro sepolto e che potrebbe arricchire in modo incommensurabile il nostro moribondo panorama culturale, se solo esso non fosse per l'appunto sepolto, se non fosse stato spietatamente sepolto vivo.
Con "sepolto", intendo dire dimenticato, emarginato, squalificato. Si ha l'impressione che. all'arrivo di Jane Austen sulla mappa letteraria, la categoria dei critici abbia convenuto all'unanimità che i drammi da salotto imperniati sul realismo sociale e le spumeggianti commedie di costume fossero non solo il punto più elevato a cui dovessero aspirare tutti i testi, ma addirittura l'unica forma di scrittura che si potesse considerare autentica letteratura. E così, in un colpo solo, tutta la narrativa di genere e tutta la letteratura fantastica furono dichiarate impure e relegate nei bassifondi e nei ghetti periferici al di là dei bastioni d'avorio della rispettabilità letteraria.
Certo, è vero che alcuni autori sono riusciti a sopravvivere a questa epurazione: Poe. Lovecraft (anche se per un pelo). Forse Bram Stoker, grazie al duraturo successo di Dracula. Forse un altro paio di nomi che al momento mi sfuggono e questo, se mai, serve solo a rimarcare l'idea di base: sepolti. Squalificati: Dimenticati.
Come non essere d'accordo con queste parole? Aggiungiamo noi che se alcuni generi sono riusciti a riemergere (il thriller spesso scimmiottando quelle stesse istanze di realismo sociale nominate da Moore, certo fantasy giocando di sponda con videogames, gdr e film di grande incasso, riducendosi a ripetere i soliti polpettoni-quest) quello che più ha patito fra tutti è proprio il soprannaturale da noi tanto amato. Comprare e diffondere questo fumetto diventa così oltre che piacevole quasi obbligatorio, una missione da crociati dell'oltretomba vogliosi di uscire dal ghetto. Uscirne, questo è fuor di dubbio, solo attraverso opere di altissima qualità.
Per chi, dopo aver letto il fumetto, volesse recuperare il testo originale, segnaliamo, fra le diverse edizioni apparse in Italia, la splendida versione uscita ne I Classici Urania 237: nuova traduzione, tre racconti in appendice, introduzione di H.P.L., biografia dell'autore a cura di Alex Voglino, bibliografia a cura dell'ineffabile Pietro Guarriello, nota editoriale di Giuseppe Lippi e saggio conclusivo di Gianfranco De Turris in una sorta di ineguagliabile parata di stelle del fantastico italiano.
1 commenti
Aggiungi un commentoL'ho appena letto (finalmente) e l'ho trovato di grande impatto grafico..
Una splendida prova di Corben.
Molto buona anche la resa complessiva, anche se personalmente non mi sarebbe dispiaciuta una maggiore fedeltà.
Non che sia infedele, anzi, ma come riporta la recensione, le sequanze più visionarie sono un tantino tralasciate in favore di una più esplicita lettura simbolico-psicanalitica.
Da parte mia, constatando l'eccellente lavoro dell'autore, non penso che egli sarebbe stato incapace di soffermarsi maggiormente nei meandri dello spazio e del tempo....
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