Già pubblicato su Segretissimo della Mondadori nel 2011, l’horror paranormale Assedio di Vincent Spasaro torna oggi nella sua versione originale per le Edizioni Anordest.
È Sarajevo, sfregiata dalla guerra, a fare da scenario alle vicende narrate in quest’opera che attraversa, oltrepassandoli, molti generi: l’horror, appunto, ma anche il thriller, il fantastico, la fantascienza, la letteratura di guerra. Questa città dei Balcani, vero e proprio melting pot europeo di culture e religioni, nelle pagine di Spasaro si fa viva, pulsante, luogo di (poche) luci e (molte) ombre, un angolo di mondo dove la vita e la morte si fondono insieme travalicando i confini del reale. Qui l’agente Stefan Weiss, giunto in missione, dovrà vedersela da un lato con i fantasmi della guerra che da tempo si è concentrata nelle sue strade, dall’altro con l’acuirsi di fenomeni paranormali come sparizioni di corpi, apparizioni di cadaveri ambulanti, demoni e molto altro, e soprattutto con i misteri legati alla “fatidica” stanza 41, intorno a cui ruota per intero il romanzo Assedio: il tempo e lo spazio, all’interno delle sue mura, seguono direzioni insolite e chi oltrepassa la sua soglia difficilmente fa ritorno. Per evitare una crisi diplomatica e risolvere il rebus dei delitti apparentemente inspiegabili avvenuti nella stanza 41, l’Osservatrice dell’Onu Hahn-Kraus si affiderà a un necromante, chiamato il Cieco, personaggio inquietante e misterioso.
A colpire in Assedio sono principalmente due elementi: lo stile e l’ambientazione.
Spasaro usa un linguaggio secco, tagliente, a tratti poetico, altrove frammentario e oscuro. Le parole diventano espressione del disagio e del disorientamento vissuto dai protagonisti, testimoni di un mondo in disfacimento, non solo a causa della guerra – elemento comunque imprescindibile nella narrazione – quanto piuttosto a causa del dilagare del sovrannaturale tra le strade piovose di Sarajevo. E qui entra in ballo il secondo elemento: l’ambientazione. In Assedio le abitazioni distrutte, i giardini abbandonati, i vicoli bui e bagnati, i parcheggi desolati e silenziosi si ergono a comprimari del racconto, ne costituiscono lo scheletro e ne direzionano l’azione. I luoghi sono personaggi, dialogano col lettore e lo catturano forse più della stessa storia che viene raccontata. Vincent Spasaro è capace di dipingere immagini potenti e visionarie, con tocchi noir e splatter molto originali.
Questa ricchezza stilistica in alcuni passaggi del romanzo forse tende a prevaricare sulla narrazione, lasciando una sensazione di freddezza nel lettore. Ma si tratta di piccole smagliature che si fanno facilmente perdonare, soprattutto grazie all’originalità complessiva dell’opera che induce continuamente a voltare pagine per capire dove l’autore voglia arrivare a parare.
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