Il prossimo 15 ottobre uscirà per Peaceville Records il nuovo album dell’epic doom metal band inglese My Dying Bride, in forza alla causa death/doom sin dagli esordi nei primi anni ’90.

Registrato e mixato ai Futureworks Studios di Manchester col supporto del produttore Mags (l’artwork è di Rhett Podersoo), l’album viene presentato dalla label come un “viaggio nelle profondità più oscure dell’umanità, della religione, del folklore, dell’amore e della morte” e dal chitarrista Andrew Craighan come “una demolizione controllata di tutte le speranze”.

Un classico risuonare di campane a morto ci introduce a Kneel ‘till Doomsday, una traccia grezza, un doom dal retrogusto vintage; nei suoi quasi otto minuti di durata, presenta un’alternanza progressiva fra sezioni più aggressive ed energiche e territori più piani e distesi, pur se tetri, ossessivi e funerei, nonché fra la voce pulita e il growl (che talvolta sale nello scream); The Poorest Walts è più melodica (anche nei passaggi chitarristici e violinistici) e di presa immediata, le atmosfere risultano romantiche e sensuali; è l’unico brano che con i suoi cinque minuti di durata si allontana dagli otto medi di tutti gli altri e si struttura nella forma canzone chorus/bridge.

A Tapestry Scorned è un brano disteso, abbastanza melodico, in cui l’interpretazione teatrale del vocalist Aaron Sainthorpe scivola addirittura nel recitativo; l’alternanza del cantato pulito con le sezioni in growl si appoggia su una struttura molto varia e articolata, un po’ retrò un po’ immersa nella contemporaneità, pur se compatta e omogenea, e chiude sul narrato. Like a Perpetual Funeral, come da titolo, ci fa incamminare con un andamento doom funebre, aperto e claustrofobico al tempo stesso, sia ampio e melodico, che tragico e tenebroso, dove il ‘cantato’ della chitarra appare ben amalgamato al fraseggio della voce pulita.

La traccia che dà il titolo all’intero lavoro, A map of all our failures, si apre con un recitativo associato all’ossessività di un arpeggio, e ossessiva rimane gran parte della struttura (forti le influenze gotiche e darkwave), interludi strumentali inclusi. Il riff iniziale di Hail Odysseus, apocalittico, epico, ben si lega ai cori anthemici e minacciosi; la ripetitività si dimostra tuttavia elegante e raffinata, intercalata dai drammatici monologhi di Sainthorpe.

 

In Within the presence of absence, la melodia si intreccia ad armonie complicate talvolta al limite con la dissonanza, non per questo meno suggestive di altre, mentre le ritmiche appaiono imprevedibili nella loro lentezza (talvolta addirittura assenti). Dopo una lunga introduzione strumentale, l’atmosfera liturgica, monumentale e monolitica di Abandoned as Christ ci colpisce come un qualcosa di maestoso ma ineluttabile, chiudendo un cerchio che è talvolta molto sontuoso, sì, ma sempre con stile.

In definitiva, si tratta di un lavoro fresco nel suo buio, non troppo discosto dalle fondamenta ma al contempo intriso di attualità, di piacevole ascolto sin dal primo impatto anche per i non appassionati al genere.

Ricordiamo che i My Dying Bride effettueranno un tour europeo di supporto all’album nel dicembre prossimo, ma appariranno anche in novembre al Damnation Festival (UK).

Tracklist:

Kneel ‘till Doomsday

The Poorest WaltsA Tapestry Scorned

Like a Perpetual Funeral

A map of all our failures

Hail Odysseus

Within the presence of absence

Abandoned as Christ