Ciao Alda benvenuta su Horror Magazine. Parliamo, subito, del tuo ultimo romanzo in libreria. Si tratta della nuova edizione di Belve pubblicata da Cut Up Editore nella collana Strade Perdute. La precedente edizione risale al 2003 pubblicata da Addictions. Com’è nata l’esigenza di questa nuovo riedizione, che differenze ci sono rispetto a quella originale?
Sono passati molti anni da quando ho scritto Belve, finito nel 98 e pubblicato prima in Francia che in Italia. Come molti libri di “genere” fantascientifico (anche se non è definibile come fantascienza, è più una supercontaminazione) non ha perso freschezza negli anni. L’ipotesi di una “catastrofe” e della perdita di dominio del pianeta da parte delle genti del nord è forse più valida oggi rispetto a quando ho scritto il libro, eppure nella trama c’erano dei punti che non mi convincevano più: forse non mi hanno mai convinta fino in fondo ma a distanza di tanto tempo ho acquisito la maturità e la lucidità necessarie per rivedere tutto. Ho eseguito un vero e proprio editing sulla mia scrittura, sfrondato pesantemente le parti che avevano generato le perplessità di cui sopra, rimaneggiato la trama, spostando alcuni capitoli, ho cercato di lavorare sulla bellezza, l’eleganza e l’essenzialità del libro, concedendo un po’ di spazio in più alle descrizioni ma comunque – in generale – asciugandolo.
Ci voleva Pierluca D’Antuono a convincermi: quando gli ho parlato della riedizione lui, che nasce come mio lettore, mi ha fatto presente la necessità di una mia prefazione e anche di un’intervista basata sui punti fondamentali che reggono il romanzo, sulle mie intenzioni (anche iniziali) di scrivere un’opera che si fondasse sulla parte sociologica e antropologica, oltre che animalista, della mia idea di futuro dell’umanità, oltre che la necessità mia personale di autrice di apportare le correzioni che – ne ero certa – avrebbero reso migliore il romanzo. Così ci siamo dedicati a questo lavoro, che, insieme alla parte della rielaborazione del testo è stato per me assai lungo, faticoso ma divertente. Credo che, dovendo lavorare da sola, molto di questo non avrebbe visto la luce, fondamentalmente a causa della mia pigrizia su certe parti della scrittura,soprattutto dovuta ai tanti impegni che ho.
Nella prefazione della nuova edizione di Belve dichiari che questo libro contiene tanto di te stessa, della tua vita, dei tuoi gusti letterari e dei romanzi che hai letto. Il romanzo non appartiene a un proprio genere, ma si connota come una miscela di tanti elementi del fantastico (alieni, catastrofi nucleari, vampiri, zombie e donne pantere). Un’opera in cui fai recitare e citi registi, scrittori e attori (Poe, Shelley, Argento e King, tra tutti). Qual è stata la genesi di quest’opera e cosa ci puoi dire in proposito?
Una volta tanto, un mio romanzo ha avuto origine da un sogno, in cui erano presenti entrambi i protagonisti, Ken e Brin. Credo che riflettesse il mio modo di considerare – e desiderare – l’amore. E alla fine, poiché avevo letto tanti libri di fantascienza e fantastico, avevo inoltre un forte desiderio di fare un libro con omaggi al cinema e alla letteratura di genere e ai miei maestri, ho “infilato” tutto questo in Belve, un’operazione secondo me ben riuscita, molto più di quel che si potrebbe pensare sentendone parlare.
Un po’ in tutte le tue opere, come anche in Belve, analizzi il rapporto uomo donna, il mistero che è alla base della relazioni tra i sessi, una carica erotica dirompente, eros che spesso trasforma in thanatos, l’omicidio e le angosce quotidiane. Oltre a Belve, di cui abbiamo parlato, cito alcuni dei tuoi ultimi lavori come I sacramenti del male (Giallo Mondadori), Bloody Rainbow (Hacca) e Incubi (Halley Edizioni). C’è un "mondo narrativo", una tua poetica, che accumuna le tematiche che tratti, i personaggi e sentimenti che ruotano attorno alle tue opere? Cosa cerchi di fare emergere maggiormente in una storia e cosa cerchi di comunicare al lettore?
Per me la cosa più importante nella lettura è l’emozione che palpita dentro di noi in alcuni passaggi. Mi emoziono davvero quando scrivo e mi viene da pensare che anche al lettore succeda la stessa cosa quando mi legge. Sul “mondo narrativo” o sulla poetica non saprei dire, credo sia un giudizio che spetta al lettore, ma di sicuro c’è una riconoscibilità della mia voce, una precisa struttura della frase, e, a ben guardare, in fondo a tutta la struttura della mia opera c’è un’esigenza di strutturare la vita e i rapporti con una bestialità primordiale di cui sento la mancanza, un modo di vivere senza troppe sovrastrutture sociali e condizionamenti culturali, una sintonia animalesca avvertibile ogni volta che fissiamo un animale negli occhi, fosse anche un gatto.
Il tuo primo romanzo, Giù nel delirio, risale al 1991, pubblicato da Granata Press, seguita da Le radici del male, nel 1993, sempre Granata Press, in cui hai espanso l’universo precedente con altri due capitoli, definiti come la “Trilogia”: una vera e propria discesa negli inferi. Come hai progettato quest’opera? Da quali influenze sei partita? Come valuti, oggi, questo tuo lavoro?
Ancora oggi, dopo vent’anni, l’opera resta di una freschezza che mi stupisce nella sua crudeltà. Non ci sono riferimenti letterari e cinematografici, è un lavoro a sé stante che racchiude tutta la mia esigenza di scrivere racchiusa in me nel corso del tempo, oltre a tutte le letture fatte, e maturata fino al mio vero esordio, quello appunto del 1991 con Granata Press. E, pur senza precisi riferimenti bibliografici o letterari, penso che quel libro fosse, oltre a quello che ho già detto, inevitabile, in un periodo in cui lo splatter esplodeva in un modo tanto dirompente. Eravamo in Italia, dove tutto è accompagnato dalla parola spaghetti, probabilmente non per colpa di noi scrittori o di noi lettori, ma di sicuro siamo stati consenzienti, come lo sono gli elettori di fronte a un pessimo governo: i miei libri cadevano in un vuoto spaventoso, in un perbenismo mandolinesco in cui mai e poi mai si sarebbe potuto o dovuto accomunare il sesso e la violenza, mentre dall’America accoglievamo tutto, compresa la mia replica social/statunitense firmata Bret Easton Ellis. Fu doloroso e in quegli anni ricordo che mi chiesi più di una volta se avessi sbagliato strada. Non era così, anche se tutti i miei riconoscimenti sono venuti dai lettori e penso, oggi, che mi sarei meritata qualcosa di più, se non altro per la mia coerenza di linguaggio e di situazioni. In fin dei conti, però, forse anche non poter scrivere a tempo pieno, forse anche non poter vivere di narrativa – poiché di scrittura io ci vivo, soprattutto grazie alla mia collaborazione con Dino Caterini e la sua Scuola Internazionale di Comics – fa parte di un disegno che mi colloca esattamente nel mio ruolo di non accettazione delle regole editoriali dettate da un mercato pilotato da una strategia puramente economica e nel disegno in crime del DIY (Do It Yourself, ndr).
Tornando agli anni Novanta e alla scrittura crudele, c’è voluto un bel po’ di tempo perché arrivasse qualcosa del genere, qualcosa che si chiamava Gioventù Cannibale, una specie di farsa studiata a tavolino. Si sa da tempo che non amo quell’antologia: l’unico merito che ha è quello di avermi fatto conoscere da alcuni dei miei lettori storici ma potrei demolirne uno a uno i racconti, compreso il mio. Anche se il mio e quello di Matteo Curtoni sono gli unici nomi non presenti in copertina (come a suo tempo commentava Valerio Evangelisti) e anche se i miei compagni di antologia parlavano assai male di me e del mio racconto, definendolo fascista – e da un certo punto di vista avevano probabilmente ragione – quello che mi disgusta di più in questa raccolta è l’occasione mancata di non avere fatto di meglio, di non avere spinto di più sul pedale, cosa che fu fatta in seguito dai neonoiristi di Cuore di Pulp uscito con Stampa Alternativa. Sarebbe andata bene comunque, avrebbe venduto le stesse copie, poiché erano il nome e la lametta in copertina – due riferimenti molto precisi – in un’abile operazione di marketing a fare il successo di quel libro. I debitori di Einaudi sono molti, tutti i critici hanno bene o male parlato (più bene che male) del libro, come si fa a parlarne male, di un’opera targata Einaudi, specie se si spera di pubblicare con la casa editrice prima o poi? Sono questi i dettagli, questi i riferimenti, su cui basarsi per valutare un’opera letteraria da parte di un autore: è stata “superata” o anche solo eguagliata da chi lavorava nello stesso ambito? Ha detto qualcosa di nuovo e di diverso? Probabilmente non c’era una grande maestria nella mia scrittura ma c’erano un afflato e un’urgenza che le hanno fatto superare indenne vent’anni in cui è successo di tutto, compresi i “compitini” tutti fatti a tavolino di sedicenti o presunti scrittori. In Giù, nel delirio, di tavolino ce n’era poco, non c’era trama, non c’era plot come in tutti i miei racconti dell’epoca, c’erano bei pugni (come ebbe a dire un critico, “tu non dai pugni nello stomaco ma nelle palle”: secondo lui era un difetto ma io ne fui orgogliosa!)
Diversi tuoi lavori sono scaricabili in formato e-book da Kipple Officina Libraria, in cui è presente un tuo spazio dedicato, chiamato Alda Teodorani’s Corner (tra cui il tuo libro cult Organi, e il già citato Belve). Stampa digitale e stampa cartacea. Il tuo parere e come vedi in quest’ottica il futuro dell’editoria.
Non ho un parere su questi temi e non penso al futuro, come andranno le cose in questo campo non credo dipenda da noi, semmai da Amazon… (sorride) però secondo me il lettore deve fare quel che gli pare, fosse anche smettere di leggere se i nostri libri non gli dovessero più interessare. Io cerco di arrivare il più vicino possibile a lui per dargli la possibilità di leggermi, ed è in questa ottica che ho accettato la proposta – peraltro assai lusinghiera – di Kipple.
Di recente hai aperto un tuo blog (aldateodorani.blogspot.it). Che cosa ci possono trovare i nuovi lettori e i tuoi fan?
Sono un po’ incerta su cosa mettere nel mio blog, di sicuro mi va di sfruttarne la stretta connessione con il web avanzato, e di postare elementi che sul mio sito personale non saprei dove collocare, come i filmati che mi riguardano presenti su Youtube, le news, le notizie sulla mia Catrecords, che si propone di finanziare musica e scrittura Do It Yourself come la rivista VERDE e i suoi LIBRETTI VERDI, ad esempio.
All’inizio della tua carriera hai avuto modo di scrivere fumetti (alcuni tue storie brevi per le riviste cult Splatter & Mostri, sono ancora oggi ricordate dai fan) e insegni scrittura creativa alla Scuola Internazione di Comics. Qual è il tuo rapporto con i fumetti? Ne segui qualcuno in particolare? Tornerai, magari in futuro, a scrivere qualcosa per questo media?
È vero, per me il fumetto è stato – e resta – molto importante. Ho iniziato a pubblicare i miei lavori proprio grazie alle due riviste di Francesco Coniglio, indirettamente è stato il fumetto a causare la prima pubblicazione di un mio racconto su un’antologia importante (Nero Italiano di Mondadori) e farmi conoscere dal gruppone di addetti ai lavori che vi comparivano insieme a me, coi quali c’è ancora una solida amicizia. Grazie a un fumetto (Crimen) ho conosciuto Dino Caterini, amico e mentore e anche mio mecenate, ho iniziato a lavorare nelle sue pubblicazioni e a occuparmi di editoria in maniera diretta, sempre grazie a Francesco Coniglio ho avuto modo di occuparmi di editing professionale (sulle testate Castelvecchi e Mare Nero), e poi ho cominciato la mia collaborazione con la Scuola Internazionale di Comics che mi ha permesso di realizzare un mio sogno, insegnare scrittura. Seguo un po’ di tutto nell’ambito del fumetto, amo specialmente albi e personaggi di autori meno conosciuti, lavorano con più passione e il risultato si vede. In quanto a lavorare per e con il fumetto, un po’ ce n’è sempre stato in molti miei lavori: racconti illustrati per esempio, penso a Mara Autilio, Giampiero Wallnofer e molti altri, e all’albo di Cut-Up Sesso col coltello, in cui figura una nuova star del fumetto, Sara Pichelli; certo che ritornerò al fumetto, quando e se ci sarà un’occasione!
Hai un rapporto molto speciale con la musica. Hai collaborato con il gruppo Le Forbici di Manitù con cui ha realizzato un CD musicale che contiene inserti della tua voce intitolato L'isola e recentemente hai dato l’impulso per l'autoproduzione 15 desideri, disco di 15 gruppi con quindici brani erotici, che accompagnano sempre la tua voce, che contiene anche il libro con i brani in 4 lingue. Ci racconti qualcosa di questi progetti? E in che modo la musica influisce sulla tua narrativa (per esempio immagini una scena e poi pensi a un ideale colonna sonora o sono i brani che t’ispirano le scene)?
La musica è una cosa che mi manca. Immagino che da bambini tutti abbiano sognato di fare musica o di cantare, il suono ha un fascino enorme per me. Da piccola ho sempre desiderato di possedere uno strumento musicale e l’unico che arrivò a casa mia fu una specie di cetra, un aggeggio a corde di plastica che non mi ha fornito nessuna abilità. Vabbè, resta il piacere di ascoltare musica, forse più grande di quello di farla. Molti anni fa ho realizzato un mio cd autoprodotto con la mia voce e un brano di Chopin in sottofondo. Ho molto teorizzato sulla musica e il rapporto con l’animo umano, la sua capacità di evolversi in meglio, ero affascinata dalla campionatura dei suoni nella musica elettronica, tutto questo ha portato a uno dei racconti che amo di più, L’uomo delle stelle. Ma l’idea di lavorare con la voce, di raccontare i miei “scritti” ai miei lettori, è sempre stata là, un desiderio mai esaudito, ne ho parlato con tanta gente e alla fine ho trovato un musicista, Mirko Fabbreschi, che pareva entusiasta dell’idea e ha realizzato le musiche per alcuni miei brani erotici, ho trovato anche un editore che ci ha creduto, Dario Flaccovio di Palermo, tutto il mio compenso se n’è andato tra pagare lo studio di registrazione e il musicista ma intanto c’era un prodotto terminato, anche se alla fine l’audio-art-book che ne derivò era un po’ diverso da come lo avrei voluto, desideravo una cosa più sperimentale e quando si è presentata l’occasione sono stata lieta di attuare l’autoproduzione che ha visto coinvolti tanti artisti, in tutto una settantina di persone.
Poi, più vicina nel tempo, c’è la sperimentazione con gli audioracconti che sono stati pubblicati con Kipple e che si possono scaricare in MP3, anche qui tre racconti che amo tanto con musiche che ho scelto personalmente – proprio le musiche che avrei voluto, nel 2004, quando ho progettato 15 desideri –, un misto di elettronica e rumoristica sperimentale di Antonio D’Antuono, I rumori sovversivi e Officina rumorosa.
Ho da poco firmato un contratto per un altro audioracconto con L.A.Case, per una collana curata da Francesco Verso.
In quanto all'ispirazione” della musica di cui mi chiedi, la scrittura ha una sua personale musicalità, un ritmo dettato dalla “composizione” delle parole, che è per forza dissonante, senza una cadenza fissa. La musica accompagna la scrittura discretamente ma si tratta di una contestualizzazione.
Poi c’è la musicalità della lettura, in cui la voce diventa uno strumento. Amo moltissimo leggere a voce alta, e le riunioni a casa mia con i miei amici vedevano spesso come fulcro le mie letture del libro che stavo scrivendo. C’è chi in compagnia si sfonda di cibo e bistecche o si ammazza di alcool, chi fuma maria (non che io non l’abbia mai fatto!) ma secondo me l’incontro letterario con letture sarebbe un’usanza da riscoprire.
Nella prefazione della prima incarnazione di Belve, quella pubblicata da Addiction, Valerio Evangelisti denunciava una sorta di omertà del mondo editoriale nei tuoi confronti: “Una via difficile, irta di ostacoli, di cattiverie ai suoi danni, di boicottaggi assurdi e palesi”. A quasi dieci anni dalla nuova edizione di Belve, cosa è cambiato (se è cambiato) di questa situazione e qual è la tua opinione sulla narrativa italiana di genere?
La cosa davvero diversa è che non me ne fotte più un cazzo di quel che pensa la gente e delle cattiverie operate ai miei danni, che ovviamente non sono finite ma mi passano addosso come aria fresca. Ho il difetto (se è un difetto) di essere molto sincera, di dire sempre la mia opinione. Lo faccio come scrivo, e cioè senza fronzoli né diplomazia. E a ben vedere è spesso la diplomazia la chiave del successo, saper accostare le persone giuste, saperle lusingare. Non sono disposta a cedere nulla della mia personalità per guadagnare una pubblicazione con un grosso editore o denaro, chi mi stima mi ama esattamente per quello che sono, non per i miei atteggiamenti. Credo pure che sentirsi dire le cose come stanno aiuti le persone a crescere e a cambiare in meglio, è quello che preferisco anche per me stessa. Peccato che la maggior parte delle persone non la pensa così…
Chiudiamo con una domanda di rito. Ci dai qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri? So, per esempio, che stai lavorando, tra le altre cose, a un libro di vampiri, davvero, davvero bastardi e malvagi (per prendere le distanze da tutti i vampiri gentili che la narrativa e il cinema ci ha propinato in questi ultimi anni).
Sì, è un romanzo sui vampiri, in cui ci sono alcune scene molto crudeli, è difficile da digerire, e si è un po’ arenato dopo un cambiamento di rotta sulla trama, dovuto al fatto che avevo progettato di scriverlo con un’altra scrittrice mia amica. Problemi personali, superlavoro e altro le hanno impedito di proseguire. È un vero peccato ma non mi sentivo di prendere il “suo” personaggio e inserirlo nel romanzo continuando a scrivere anche la sua parte. L’idea era di entrambe, nata durante una telefonata fiume: abbiamo composto la trama, quel giorno. Volevo scriverlo entro luglio, e pure io ho avuto problemi di salute che se da un lato mi avrebbero consentito di scrivere (dato il lungo periodo che ho passato a letto) dall’altro non avevo la concentrazione necessaria. Così ho ripreso a scrivere faticosamente da sola e sto andando avanti molto lentamente. Il ritorno ai miei ritmi, al lavoro ecc., mi dovrebbe fare bene: ho scritto i miei lavori migliori mentre ero sotto stress!
Però è stato proprio nel periodo passato a casa, costretta dalle mie vertebre fratturate a letto, che è nato e si è evoluto VERDE, il mensile gratuito online e cartaceo di cui mi sto occupando insieme a Pierluca D’Antuono: un’opera rigorosamente DIY, che insieme alle pubblicazioni su issuu dei LIBRETTI VERDI porta un’aria fresca sulla narrativa italiana, aggiunge nuovi autori e sperimentazioni a autori consolidati che hanno sempre continuato a crescere e evolversi e non hanno mai lasciato che il genere gettasse loro addosso una pietra tombale.
Sto preparando la riedizione di Le radici del male, ancora non so bene in che forma, e la rielaborazione di un altro romanzo di cui sarebbe forse prematuro parlare. Continua la collaborazione con le Edizioni Mediterranee, pubblico con loro saggi new age firmando con il nome di mia madre, uno – Il Fuoco – è in uscita a breve, un altro sul Sale sarà presto in preparazione, sto lavorando a una traduzione da pubblicare direttamente su Amazon o altrove, non so, in ebook, e molto altro. Non riesco a stare ferma, non ci posso fare niente. Nemmeno mi rendo bene conto di quante cose sto facendo, non mi fermo mai a rifletterci, mentre invece quando arrivano interviste come questa e inizio a elencare mi accorgo di quanto sto lavorando ma l’importante è che mi diverto, è una fatica immonda, uno sporco lavoro – sporco di sangue e molto altro - ma qualcuno lo dovrà pur fare!
Alda Teodorani scrittrice e traduttrice, ha pubblicato numerosi racconti, saggi e romanzi per varie case editrici (Stampa Alternativa, Datanews, Addictions, Einaudi, Mondadori e altre); nel corso degli ultimi vent’anni ha rimato alcune delle più visionarie pagine della letteratura, da Le radici del male a Labbra di Sangue, da Oragni a Incubi, fino a I sacramenti del male. Scrive saggi new age usando come pseudonimo il nome della madre.
I suoi racconti hanno ispirato i film di Appuntamenti Letali, progetto in collaborazione con Filmhorror.com.
Presso la www.kipple.it pubblica e-book di romanzi e racconti.
Come progetto DIY ha realizzato 15 desideri, cd-ebook illustrato (15desideri.com). Insegna scrittura creativa alla Scuola Internazionale di Comics di Roma.
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