Angela, detta Angie, studentessa ventiduenne fuorisede a Bologna con il sogno di diventare una cantante, si trova immischiata nell'indagine fai da te sull’omicidio efferato di tre dei quattro componenti della band bolognese Inardia Ego, quando si innamora dell’ultimo elemento sopravviusto della band: il bellissimo e tormentato Mizar. Grazie all’aiuto dell’amico Lucio, Angie risolverà il caso mettendo a repentaglio la sua vita e scivolando in una spirale di orrori di cui fanno parte un inquietante scioglilingua pronunciato da Demetrio Stratos, la provocante dark lady Valentina, una prostituta scampata alle grinfie di Jack lo squartatore, una casa che ricorda la location in cui è stata girata la pellicola cult La casa dalle finestre che ridono e un mistero orribile che si nasconde nella soffitta di Mizar.
Dal suo esordio con il romanzo Despero (Fernandel), Gianluca Morozzi ha portato avanti due percorsi paralleli come scrittore: uno raccontando in maniera solare, scanzonata e ironica i dubbi, le gioie e le insoddisfazioni della sua generazione (soprattutto quella bolognese) e un’altra virata al thriller e a una dimensione più oscura e tenebrosa.
A questa seconda categoria appartengono i romanzi Blackout, che ha fatto conoscere l’autore al grande pubblico, Cicatrici e Chi non muore, tutti pubblicati da Guanda.
La vicenda segue la vita della studentessa Angie, attraverso il suo punto di vista e una narrazione in prima persona, che ha il vantaggio di agganciare subito il lettore alla pagina e di caratterizzare la protagonista della nostra storia, una ragazza molto carina e dalla simpatia irresistibile e coinvolgente (“Non sono Angelina Jolie, ma non sono male. Piuttosto gnocca, come dicono qui a Bologna”).
L’inizio, a parte un prologo in cui vediamo un frammento della fine della storia dove assistiamo agli ultimi pensieri della nostra protagonista morente, è solare e ironico (è in questo si riconosce il tipico stile dell’autore): la nostra bella studentessa ci rende partecipe delle sue disastrose vicende universitarie, ci parla della sua difficile convivenza con le sue coinquiline con le quali divide un appartamento e delle turbolente vicende sentimentali.
Poi la vicenda si complica, assumendo tinte fosche e inquietanti, nelle pieghe della quotidianità si annida un processo di putrefazione di cui intravediamo gli elementi inquietanti: dimensioni parallele, persone "vive e morte nello stesso tempo e nello stesso spazio" che hanno un feroce desiderio di vendetta, nenie greche che tornano dal passato dei carnefici, follia e demenza che si nascondono dietro persone insospettabili ma nello stesso tempo ambigue.
Siamo dalle parti del thriller sovrannaturale, più che dell’horror tout court, dove sullo sfondo una Bologna, non solo solare, ma anche allucinata e tenebrosa fa da teatro della vicenda, con le sue vie scarsamente illuminate, i sottopassi gelidi, le tenebre di un cimitero monumentale con le luci delle automobili noncuranti che sfrecciano accanto, il silenzio di uno stadio vuoto, si rivelano nascondigli del male e dell’orrore.
Chi non muore è un romanzo consigliato ai lettori amanti dei thriller atipici, contaminati da una vena di surreale e da atmosfere orrorifiche e da coloro che vogliono scoprire un Morozzi più oscuro, rispetto alla sua altra numerosa produzione, ma che mantiene inalterato il suo stile immediato e leggibile e la sua caratteristica cifra ironica.
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