“Milano, 1576. Nel drammatico giorno della morte della moglie, consumata atrocemente dalla peste, il notaio criminale Niccolò Taverna viene convocato dal Capitano di Giustizia per risolvere un difficile caso di omicidio. La vittima è Bernardino da Savona, commissario della Santa Inquisizione che aveva il compito di far valere le decisioni della Corona di Spagna sul suolo del Ducato di Milano. Ma non solo: Bernardino aveva ricevuto l'incarico di occuparsi degli ordini ecclesiastici "difficili", come gli Umiliati, messi al bando dall'arcivescovo Carlo Borromeo, mansione che ha reso ancora più difficili le relazioni tra potere secolare (Corona di Spagna) e potere temporale (Chiesa di Milano). Contemporaneamente, Niccolò Taverna deve anche riuscire a individuare il responsabile del furto del Candelabro del Cellini trafugato dal Duomo di Milano. Ma ben presto si accorge che la ricerca del Candelabro si rivela una pista sbagliata perché un altro oggetto, ben più prezioso, è stato sottratto: la reliquia del Sacro Chiodo della Croce di Cristo. In una Milano piagata dalla peste e su cui si allunga l'ombra della Santa Inquisizione, il notaio criminale Niccolò Taverna deve sfruttare tutte le sue straordinarie capacità investigative per venire a capo di questi due intricati casi.”
Queste le premesse del thriller medievale Il segno dell’untore, nuovo romanzo di Franco Forte in uscita per Mondadori il 17 gennaio (leggi qui la scheda di presentazione comprensiva di breve intervista ed estratti del primo capitolo).
La storia ci catapulta nell’atmosfera ammorbata dalla peste a partire dalle pagine iniziali, dove Niccolò non deve affrontare solo la malattia della moglie, ma anche le prime avvisaglie di quella che si rivelerà un’indagine fuori dal comune.
Niccolò “è l’equivalente del 1576 di un moderno commissario di polizia” dice l’autore. “I notai criminali erano i magistrati che a quel tempo, a Milano, indagavano sui casi di omicidio, sui casi criminali e sulle ruberie, e lo facevano adottando tecniche investigative sorprendentemente moderne, per quanto i loro strumenti più efficaci per trovare i colpevoli fossero l’intuito, l’istinto e l’esperienza. Ma tutto ciò che i miei personaggi fanno, è rigorosamente documentato, e quindi sorprenderà vedere quali tecniche investigative possedevano.”
Ma l’investigatore non è l’unica caratterizzazione ben riuscita del romanzo. I comprimari si presentano ricchi di spessore e chiaroscuro a partire dagli assistenti: il rozzo e gigantesco Rinaldo, e il piccolo e astuto Tadino. E poi il capitano di Giustizia Valente, il vicario Pescanti e l’ufficiale di Sanità, sfrontati ed eleganti; il governatore Requenses; il criminale Farina; il placido arcivescovo Carlo Borromeo; la misteriosa Maddalena Righi e suo figlio Marcello, inquilina della casa in cui è stato ritrovato il cadavere; i vicini di casa di Maddalena: il vecchio e burbero Mastro orefice Pagliari, gli ambigui coniugi Cederna, la bellissima e maliziosa Isabella e sua madre; e poi lo spietato Giacinto Quercia, segretario inquisitoriale del Consiglio; il ‘rapace’ inquisitore Guaraldo Giussani; l’amico d’infanzia frate Gerardo, prezioso aiuto nelle indagini; il giovane monatto Dionigi; non ultimo – buffo a dirsi, dato che è morto e compare solo nei ricordi del protagonista, ma proprio per questo motivo azzeccato - Amerigo, padre di Niccolò e a sua volta investigatore, saggio insegnante e consigliere.
Le ambientazioni, le abitudini di vita quotidiana, i metodi d’indagine; tutto è documentato nei minimi dettagli, senza tuttavia risultare un peso per il lettore, che visualizza le scene nel corso del loro svolgimento, senza freni o interruzioni all’azione dovute a inutili digressioni didascaliche che tanto affaticano la lettura in alcuni romanzi storici.
Gli addobbi storici, del resto, non intralciano l’impalcatura gialla, il cui intreccio è costruito ad arte, ricordandoci che l’autore, nel corso della sua carriera, ha sempre saputo destreggiarsi in ambedue in generi (vedi biografia a pie’ di pagina). L’impresa qui si complica addirittura, dato che Niccolò deve far fronte a ben due casi (più altri ‘in sospeso’ o addirittura già archiviati): un furto e un omicidio. I superiori cercano di farlo concentrare sul secondo, ma Niccolò torna nelle ultime pagine anche sul primo, vivacizzando l’intreccio complessivo - che ha in serbo ancora molti punti da chiarire - e mantenendo la tensione alta sino alla fine.
In tutta questa contaminazione fra generi, c’è spazio anche per l’amore. Anita è morta da tempo per Niccolò, da quando la peste l’ha fatta ammalare, non è più la donna che ha amato e sposato. Dunque nel suo cuore stanco e smarrito farà presto breccia la giovane Isabella.
Le intricate trame politiche e religiose si annodano a quelle dei più umili personaggi di finzione, i dialoghi scorrono serrati, mentre le ipotesi sbocciano e si annullano con altrettanta rapidità (l’azione si compie nell’arco di un solo giorno), fino alla sorprendente soluzione finale. E l’epilogo lascia sperare in nuove avventure del notaio Taverna.
Un romanzo ben scritto, ben costruito e ben documentato che scorre davanti agli occhi come un film. Cosa chiedere di più?
Franco Forte nasce a Milano nel 1962. Giornalista, traduttore, sceneggiatore, editor delle collane edicola Mondadori (Il Giallo Mondadori, Urania e Segretissimo), ha pubblicato i romanzi Roma in fiamme, I bastioni del coraggio, Carthago, La Compagnia della Morte, Operazione Copernico, Il figlio del cielo, L’orda d’oro – da cui ha tratto per Mediaset uno sceneggiato tv su Gengis Khan –, tutti editi da Mondadori, e La stretta del Pitone e China killer (Mursia e Tropea). Per Mediaset ha scritto la sceneggiatura di un film tv su Giulio Cesare e ha collaborato alle serie RIS – Delitti imperfetti e Distretto di polizia. Direttore delle riviste Romance Magazine (www.romancemagazine.it) e Writers Magazine Italia (www.writersmagazine.it), ha pubblicato con Delos Books Il prontuario dello scrittore, un manuale di scrittura creativa per esordienti giunto alla settima edizione. Il suo sito è www.franco-forte.it.
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