Noi di HorrorMagazine abbiamo fatto quattro chiacchiere con Yuri Storasi, un giovane e talentuoso scrittore che ultimamente ha impreziosito il panorama horror italiano con il suo audiolibro La Bobbycosa (Atlantide Entertainment), già recensito dalla nostra rivista (qui trovate l'articolo).
Una storia semplice, con una trama ben cucita e avvincente, su di un tema che indigna e reclama attenzione: la pedofilia. Raccontato e interpretato magnificamente da Francesco Pannofino (la voce italiana di Denzel Washington e George Clooney), per la versione italiana, e con altrettanta bravura da Malcom McDowell (il protagonista di Arancia Meccanica, 1971, di Stanley Kubrick), per la traduzione in inglese, il racconto ha avuto ottimi riscontri da pubblico e critica e ben presto sarà nelle sale dei cinema.
Ciao Yuri, benvenuto su Horror Magazine. E’ un piacere ospitarti sulle nostre pagine. Ormai in molti hanno ascoltato il tuo racconto, La Bobbycosa, molte le recensioni sul web, diversi i riscontri positivi, tanto che sale l’attesa per la conversione del progetto in film. Ci puoi raccontare com’è nata l’idea del racconto?
Tutto è nato da un’immagine che ha cominciato a comporsi in modo sempre più dettagliato nella mia mente fino ad assumere la nitidezza di un quadro: un bimbo in uno scantinato che frusta un uomo incatenato a una trave. Un’immagine disturbante ma anche dirompente e di forte impatto che esigeva di essere tradotta in storia.
La Bobbycosa è un racconto forte che tocca corde profonde la cui verosimiglianza con una situazione reale indigna. Uno slalom tra violenza psicologica e fisica che per ottanta minuti provoca l’ascoltatore. Come ti è venuto in mente di affrontare un tema così scottante?
Generalmente non parto mai dalla tematica: quando ci provo, di solito, non arrivo alla fine. Quando si parte dal presupposto di dover per forza affrontare un certo argomento, i personaggi, la trama… tutto quanto rischia di trascinarsi dietro un retrogusto troppo artificioso, costruito e calcolato. Se la premessa è: devo raccontare l’Iraq, ma manca il supporto di un’idea forte e ben focalizzata, novanta volte su cento il risultato sarà qualcosa di più simile a un trattato o a un saggio, che non a una storia. Non voglio essere frainteso… il tema che si affrontata può essere d’importanza cruciale, sia esso “La guerra in Iraq”, “La pedofilia”, come in questo caso, “L’amore” o “L’amicizia”. Ma credo sia sempre meglio partire da una situazione o da un personaggio: quando le dinamiche s’innescano e i personaggi cominciano a vivere di vita propria interagendo tra loro, allora si finirà per forza col toccare una certa tematica. La seconda stesura e le successive servono proprio per svilupparla.
La caratterizzazione dei personaggi, la descrizione degli ambienti fanno pensare che tutto, da qualche parte, possa essere accaduto davvero. Cosa ti ha ispirato?
Mi fa piacere che tu abbia utilizzato le parole “da qualche parte…” perché è proprio questo il concetto che volevo trasmettere: il fatto che oggi, purtroppo, fatti del genere possono accadere ovunque. Indipendentemente dalla nazione in cui si vive, dall’etnia o dallo stato sociale di cui si fa parte. Il Male c’è… ed è dappertutto. Per questo nel racconto ho cercato di non collocare gli eventi in un’area geografica troppo precisa: lo chalet di Zio Bob è un non-luogo terribile e ideale che può essere il giardino degli orrori di Marc Dutroux (il mostro di Marcinelle che ha sconvolto il Belgio), la cantina del Padre-Mostro Joseph Fritzl o il ripostiglio segreto dal quale l’austriaca Natasha kampush riuscì a fuggire soltanto dopo otto lunghi anni di prigionia. Gli esempi citati e altri simili eventi che purtroppo bombardano i telegiornali con scadenze sempre più ravvicinate hanno senza dubbio influenzato la stesura del racconto rendendolo più realistico. Poi ci sono le fiabe: “Hansel e Gretel” su tutte. La contaminazione dovuta all’elemento fiabesco ha contribuito a rendere la vicenda più cosmica, svincolata, in qualche modo, dal tempo e dallo spazio.
I ricordi infantili sono alla base dell’intreccio dell’intero racconto. E i traumi relativi al passato di Philip lo spingono ad agire in un certo modo. Il massacro del corpo dello zio è l’unica via per alleviare le ferite delle violenze subite?
Non ho mai pensato che la vendetta, l’accanimento fisico nei confronti del carnefice possa far dimenticare ciò che è stato, restituire l’innocenza, o mitigare le sofferenze di un bimbo costretto a subire tali ingiurie. Né era mia intenzione stabilire se una simile reazione possa considerarsi giusta, sbagliata o “giustificabile”. Quel che m’interessava davvero era capire cosa possa passare per la testa di un bambino strappato al suo mondo e costretto a vivere un’esperienza tanto atroce: Può davvero considerare colpevole chi non è stato in grado di proteggerlo? L'amore può tramutarsi in odio… e tale odio fino a che punto si può spingere?
Quella della pedofilia è una questione complessa, difficile, la cui narrazione non può avvalersi solo di momenti splatter e di tensione o di un intreccio ben fatto. Scrivere questo racconto è stata un’esperienza diversa rispetto alle tue precedenti?
Senza dubbio è stata la più faticosa. Spesso accade che uno scrittore si senta porre la fatidica domanda: “È successo davvero?” oppure… “Hai vissuto esperienze simili?” La maggior parte delle volte, per fortuna, la risposta è “No: è tutto inventato”. E per chi scrive storie nere si tratta di una fortuna doppia… altrimenti gli Stephen King, i Dean Koonz o i Joe Lansdale di questo mondo sarebbero tutti da manicomio o da penitenziario criminale. Quello che uno scrittore fa, di solito, è sforzarsi al massimo per entrare nella mente dei propri personaggi… per trasformarsi in essi. Per questo, con Philip e Zio Bob non è stata una passeggiata. Poi, quando si spegne il computer, bisogna staccarsi completamente e tornare a essere se stessi. Per gli attori di alto livello è la stessa cosa: Anthony Hopkins sul set era davvero un cannibale… ma a fine giornata tornava a essere un Sir!
Fino a oggi, in Italia, La Bobbycosa ha ottenuto un ottimo riscontro, sappiamo anche che l’Associazione Prometeo (la più grande associazione italiana contro la pedofilia e l’infanzia violata) ha apprezzato il progetto e ha concesso all’Atlantide Entertainment il proprio patrocinio ufficiale. Pensi di sfruttare la buona accoglienza per dar vita ad altri progetti simili?
Mi ha fatto immenso piacere che il Presidente dell’Associazione Prometeo e i suoi collaboratori abbiano saputo valutare “La Bobbycosa” in modo molto analitico nella sua completezza, leggendo tra le righe, senza ostentare pregiudizi nei confronti dei contenuti più dichiaratamente horror presenti nel racconto. Contenuti più adatti, idealmente, a un pubblico come quello di Horror Magazine, del quale, in larga misura, mi sento di far parte come appassionato del genere. Tuttavia non credo che tornerò sull’argomento. Non in tempi brevi, almeno. In un futuro meno prossimo non si sa mai…
Una storia che attinge molto ai codici dell’horror, che ha esordito con una formula comunicativa che non si appoggia né allo schermo, né alla carta. Perché la scelta dell’audiolibro?
Per un autore agli esordi è difficile, oggi, raggiungere una gamma di pubblico abbastanza vasta attraverso la via tradizionale del libro stampato. Il mezzo digitale consente un abbattimento dei costi e una diffusione piuttosto rapida anche a grandi distanze. Dal punto di vista più strettamente artistico l’idea di sentire la mia storia raccontata da una delle voci cinematografiche più popolari d’Italia, quella di Francesco Pannofino, mi ha entusiasmato fin dall’inizio. Detto questo, non nego che vedere il racconto anche sugli scaffali delle librerie sarebbe molto bello.
La sensazione è che la voce di Pannofino incarni perfettamente con freddo e stilizzato realismo lo spirito dell’intera storia. Come siete arrivati a scegliere lui?
Posso affermare senza riserve che Francesco sia uno dei massimi talenti di oggi all’interno del vasto panorama del doppiaggio, pratica che (cinematograficamente parlando) in Italia esiste sin dalla notte dei tempi. È in grado di emozionare a trecentosessanta gradi passando da gamme ironiche (George Clooney), cupamente drammatiche (Mickey Rourke), fino all’innocente ingenuità del Tom Hanks di “Forrest Gump”! Era perfetto soprattutto per dar voce a Zio Bob, un uomo che un attimo gioca col nipotino facendolo volare in aria, e l’attimo dopo si trasforma in un Orco!
E ora l’audiolibro diventerà un film. Quando avete deciso di portare il racconto nei cinema? Come è stato coinvolto in tutto questo Malcom McDowell?
Il sogno di realizzare un film ha iniziato a materializzarsi fin da quando abbiamo cominciato a pensare all’audiolibro. Anche se la realizzazione di un lungometraggio implica una serie di difficoltà e di sforzi di tutt’altro livello, rispetto al confezionamento di un audiobook. Come sapete Malcolm McDowell (n.d.r.: nella foto a sinistra con Storasi) ha letto la versione inglese del racconto: “The Bobbything”. Lavorare con il protagonista di “Arancia Meccanica” e gli “Halloween” di Rob Zombie a Los Angeles è stata per me un’emozione indescrivibile. Per fortuna anche lui, nonostante la sua immensa carriera, è stato molto toccato dalla storia, come dichiara nella video-intervista che potete trovare qui. Scherzando, a pranzo, mi ha anche detto di essere dispiaciuto di non poter interpretare “Uncle Bob” per via dell’età troppo avanzata per il ruolo. Un suo cameo all’interno del film, comunque, potrebbe essere possibile. Personalmente me lo auguro! Proprio in questi giorni ho scoperto che, in Inghilterra, è uscito un libro su Malcolm McDowell in cui si parla di The Bobbything (vedi qui la scheda del libro: wisdomtwinsbooks.weebly.com/malcolm-mcdowell-on-screen-revised-edition.html)
Quale sarà, secondo te, il valore aggiunto che il linguaggio del cinema potrà apportare alla tua storia? E quali i rischi?
In termini economici, i rischi verso i quali si può andare incontro realizzando un’opera cinematografica sono sempre e comunque maggiori rispetto a quelli relativi alla concretizzazione e la distribuzione di qualsiasi altra opera d’arte, sia essa letteraria, figurativa o musicale. Ma, se le cose vanno per il meglio, i guadagni e le soddisfazioni sono proporzionati alla fatica. Per quanto riguarda il contenuto artistico, invece, credo che “La Bobbycosa” si presti molto bene a essere raccontata per immagini, tanto che ho insistito per occuparmi personalmente della sceneggiatura. E ci sono riuscito.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Mentre curavo lo script de “La Bobbycosa” ho realizzato altri due racconti brevi, che sono stati pubblicati su iTunes come audiolibri: “Il Mangiauomini” e “Nascosto”. Un terzo, “La Donna di Picche”, è ora in fase di revisione. Più che un racconto si potrebbe definire romanzo breve: un thriller che ruota attorno al diabolico mondo delle chat e al mercato nero degli organi. Sto anche lavorando a una commedia nera per il cinema, della quale, per ora, preferisco non rivelare il titolo.
Grazie mille per al tua disponibilità, Yuri. Un saluto per i lettori di Horror Magazine?
Grazie a voi per avermi ospitato nel vostro fantastico portale e, a tutti gli appassionati di sangue, chiedo scusa per l’incursione nella Black Commedy, sopra dichiarata. Ma ogni tanto bisogna pure uscire dal buio!
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