Con After si conclude la trilogia con cui Ihsahn, ex-leader dei mai troppo compianti Emperor, lancia la sua carriera solista. Pur essendovi una certa continuità con i due capitoli precedenti (angL e The adversary), After dimostra come Ihsahn sia un musicista in continua evoluzione. Mantenendo fede alle sue radici, che affiancano gli Iron Maiden a Friedrich Nietzche, il norvegese dà vita a un album che coniuga in maniera impeccabile presente, passato e futuro.
The barren lands ci introduce al lavoro con la sua aura sulfurea. I riff e i ritmi non eccedono né per velocità né per violenza, accogliendo l'ascoltatore senza procurare traumi eccessivi. Al contrario, la successiva A grave inversed ci travolge con delle sferzate di sassofono che si intrecciano con le linee di chitarra in un caustico balsamo di dissonanze. A detta di chi scrive, il pezzo di gran lunga più riuscito dell'intero album. Dopo la tempesta torna la calma. La title-track ci riporta all'evocativa atmosfera dell'inizio. Il palm mute delle otto corde (avete capito bene) di Ihsahn si integra col disegno acustico a ricreare l'ambientazione infernale che caratterizza tutto l'album.
Frozen lake on Mars esordisce con una intro lenta ed evocativa che rapidamente si tramuta in un tornado di riff dalle armonie bizzarre e dalla ritmica complessa. Qualche suono di sintesi completa il quadro di sottofondo, mentre il tranquillo ritornello concede qualche attimo di respiro tra una strofa e l'altra. Su questo paesaggio, Ihsahn alterna il suo caratteristico growl con un cantato pulito dalle linee semplici e dal timbro cristallino.
La lunga Undercurrent si presenta con un giro acustico intenso e malinconico. Il pezzo si evolve prima verso suoni più compatti, crescendo poi attraverso i virtuosismi del sax. Mentre la velocità aumenta, i riff di chitarra cominciano a prendere il sopravvento, senza però complicarsi troppo, preferendo un approccio più semplice e diretto. Raggiunto l'apice di intensità, il sassofono, le linee acustiche e quelle distorte fanno esplodere il dramma custodito dalla canzone, che raggiunge il suo epilogo con una serie di splendide improvvisazioni dal retrogusto jazz.
Austere è quasi una ballata. Anche in questo caso la chitarra si presenta con un giro acustico avvolgente, permeato dalla lugubre aura che fa da filo conduttore per tutta la durata dell'album. Nonostante la sua apparente semplicità, i suoi variegati passaggi smascherano tutta la competenza compositiva dell'artista scandinavo, che non si limita mai all'essenziale.
Il settimo passaggio, Heavens black sea, si annuncia con l'atmosfera di un viaggio verso gli inferi. Il suo attacco sembra catapultarci sul ciglio di una scogliera affacciata su un mare in tempesta. Nel suo turbolento decorso si alternano, come velieri fantasma, i superbi assoli di chitarra e sax e i due cantati dell'esperto compositore.
On the shores esordisce fin da subito con una tenebrosa linea di sassofono che interloquisce tristemente con gli accordi della chitarra acustica che, più che rispondergli, gli fanno da eco. Nella sua solitudine, l'ottone fa evolvere il pezzo in uno schizofrenico dialogo con gli spettri che lo tormentano. Allo zenith, i riff di chitarra si portano in primo piano, dando velocità e impatto senza interromperlo nella sua continuità. Al termine, il sax si ripresenta con i suoi discorsi ossessivi, accompagnandoci tristemente fino all'epilogo.
Ihsahn porta a casa il miglior risultato da quando ha deciso di firmare autonomamente i suoi lavori. L'esperienza c'è e si sente, e il lavoro risulta interessante e originale. La scelta consapevole della chitarra a otto corde e l'eccelsa prestazione al sax di Jorgen Munkeby (Shining) elevano il lavoro una spanna sopra le altre proposte di genere. Tuttavia, c'è la sensazione che l'artista avrebbe potuto spingersi un po' oltre dal punto di vista compositivo, in particolare per il notevole gap che fa spiccare A grave inversed sulla restante parte di materiale, per quanto di buona qualità. In ogni caso, After si riserva un posto tra i migliori album di questo inizio 2010.
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