L’entrata allo Space Trans fu trionfale! Master X (il nome di battaglia di Giorgio) scostò la tenda a bande di latex nero e apparve in tutta la sua inquietante bellezza. Cinture in pelle e borchie sul torace da statua greca. Sospensorio del nuovissimo modello “IC: Istrice Castità”, slip in cuoio con tre punte metalliche in verticale. Stivali con 8 cinghie laterali. Un canadian cap (cappello con visiera) con catenella. Nella mano sinistra, teneva a guinzaglio l’abituale schiavo Bob (il dentista) e l’inedito slave S (Selvaggia). Nella destra, Tricobrica, una frusta ultimo grido che termina in tre punte mobili e affamate come le teste dell’Hydra, il mitico dio–serpente degli Inferi. Giorgio, completamente depilato e corparso d’olio bronzeo, in un guizzo luminoso dei muscoli, fece schioccare la frusta. Come tigri, i due slave avanzarono a quattro zampe. Più d’uno si voltò ad ammirare lo sfoggio di tanta bellezza e potenza. Il viso di Master X era un solo blocco di marmo, gli occhi, una fascia specchiante. Da tutta la sua persona si sprigionava una forza luminosa che si spandeva sui due schiavi ai suoi piedi; larve in tuta aderente color grigio, scarponi e gilè verde militare. La trinità si dirisse al bar. Master X fece un cenno al barista – pearcing al sopracciglio, torso nudo e teschio bianco tatuato in mezzo al petto – che preparò un gin tonic. Master X prese il bicchiere e sorseggiò, mentre i due schiavi, sentendo sulla schiena le deboli oscillazioni delle tre punte della frusta, s’accucciarono ai suoi piedi. Intestini d’un mostro meccanico, tubi metallici fuoriuscivano da soffitto, pareti e affondavano nel pavimento di cemento nero. Fumo leggero, penombre bluastre. Musica tra lo spaziale e l’infernale. Un unico laser rosso si raggomitolava su se stesso seguendo l’agonia d’un gemito umanoide. Percussioni potenti. Vibrazioni basse. Flash improvvisi. Master e schiavi, nessuna via di mezzo esiste nello Space Trans. O si comanda o s’ubbidisce, a suon di frusta e calci in culo. Tutt’intorno, nelle penombre, si snodano catacombe. Un palco nero attende la sfilata e l’elezione del Mister Master più bello del mondo. E bello vuol dire: potente. La bellezza d’un Master è l’espressione esterna della sua forza interna. Eccitazione nell’aria. Gente sbarca; e che gente! Sventole di Master che piovono da mezzo mondo, corredati d’altrettanti schiavi. Biondi scandinavi, neri ebano, classici tori mediterranei accompagnati da vitelloni sottomessi, condottieri tedeschi, toreadores spagnoli, Ulissi dallo sguardo che squarcia le tenebre, slave come remissive e speranzose Penelopi, perfino una coppia di giapponesi, tanto imperatore il Master, quanto gheisha lo schiavo. Ma il vero terrore, erano, come spesso, gli americani, gli statunitensi per la precisione. Terrificanti Rambo dallo sguardo mitragliatrice e i muscoli esplosivi. Master X lanciò uno sguardo–laser a uno scultoreo Tom of Filland con al guinzaglio un biondo–serf–california completamente nudo a rischio infarto (per chi lo guardava).
* * *
– Figli di puttana! – urlò Giorgio, tuta da ginnastica, torso nudo, lanciando un barattolo di vernice contro una parete del garage.
Marco stava in silenzio in un angolo.
– Come hanno potuto fare quel rotto in culo di giapponese Mister Master Leather World? – continuava a urlare Giorgio, il viso rigato dalle lacrime.
– Scusate l’interruzione.
I due si girarono.
– Lei chi è? – chiese Marco.
– Ispettrice Lucilla Simonetti.
– Piacere – fece il dentista. – In cosa le possiamo essere utili?
– Come sapete, c’è stato un atroce omicidio allo Space Trans l’altra sera. Un ragazzo è stato fatto a pezzi e a metà divorato.
– Allora? – continuò il dentista.
– Ho interrogato tutti i presenti, tranne voi tre.
– Noi tre? – chiese Giorgio, improvvisamente calmo.
– Esattamente. So che c’era un’altra persona con voi. Mi sapreste dire chi è?
– Be’...
– E il cane? – proseguì l’ispettrice.
– Quale? – chiese il dentista.
– Il grosso cane che è stato visto allontanarsi dalla vostra auto.
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