– Che facciamo? – disse il dentista.

Giorgio pensava alle centinaia d’ore passate in palestra, la dieta ferrea, alle pasticche e i beveroni ingurgitati. Ecchecazzo!... gli sfuggì di bocca mentre lo sguardo gli cadeva sulla specchiera di legno intagliato e dorato che rifletteva la sua figura atletica. Si vide nudo, scultoreo: stivaloni, cinghie, cappello a visiera, bracciali a borchie aguzze e frusta in mano. Ecchecazzo!... ripeté. Certo, da ogni angolo del pianeta, sarebbero sbarcati bestioni da spavento; le speranze d’essere eletto Mister Master Leather World erano scarsine...

– A che pensi? – gli chiese il compagno, marito, moglie... non sapevano bene come definirsi.

Coabitante, faceva studenti universitari, compagno puzzava un po’ di muffa comunista, marito neanche a pensarci, amico faceva libro Cuore, risultato: evitavano il più possibile ogni appellativo. Se proprio costretti dicevano: la persona con cui vivo, il che evitava di specificare, almeno all’inizio, il sesso del partener.

– Allora, a che pensi? – ripeté Marco.

– Indovina?... – rispose Giorgio andandogli a sedere accanto.

– Dai, per me sei già il Mister Master Leather World – sorrise il dentista poggiando la mano sulla patta dei pantaloni dell’amico.

Chi l’avrebbe detto che l’attivo tra i due, il Master, il Dominante nei giochi sado–maso era proprio Marco, quel ragazzo d’appena 20 anni. Viso d’angelo che, a momenti, si coglieva ancora in flagrante delitto d’adolescenza. Nel negozio d’abbigliamento d’alta moda per uomo in cui lavorava come commesso, era tutto sorrisi gentili, modi cortesi, affabili, mai lo si sarebbe immaginato con cappello a visiera, vestimentari in cuoio e borchie di metallo, frusta alla mano, lo sguardo rovente d’un Angelo della Morte. Eppure, con un sol batter di ciglia, era capace di farsi obbedire da quel gran pezzo di Marcantonio di Marco, che sfiorava il metro e novanta e i novanta chili. Obbedire in tutto.

– Toglila! – disse Giorgio dando un colpo alla mano del partner che continuava a tastare.

– Che ti prende?

Il ragazzo accennò alla donna che stava ancora piangendo.

– Non sarà certo una zoccola a fermarmi, se ho volgia di tastare l’uccello del mio amore... – disse sottovoce Marco.

– Parla piano!

– Più piano di così...

– Perché l’hai chiamata zoccola?

– Non l’hai vista?

– Be’?

– È una zoccola ti dico. Non hai visto come ti guardava? Ha una fame arretrata quella...

– Zitto che ci sente!

– Credi a me, è una donna di facili costumi – disse Marco con un’espressione che la diceva lunga. – Non l’hai trovata in mezzo alla strada?

– Che c’entra? Non credi a quello che ha raccontato?

– Nemmeno a una virgola. Te lo dico io come sono andate le cose: dopo due, tre spompinate, ha trovato qualcuno più furbo di lei che gl’ha rubato perfino le mutande, se le aveva, e l’ha lasciata come una cagna affamata ai bordi del bosco.

– Fa’ silenzio!

– Me ne vado – disse la donna alzandosi.

Marco tolse di scatto la mano dai pantaloni di Giorgio.

– Ho dato abbastanza disturbo – continuò la donna tamponandosi gli occhi con un lembo dell’accappatoio.

– Signora, non dica così – le andò incontro Giorgio. – Venga, le darò qualcosa da mettersi come pigiama e da brava se ne andrà a dormire. Domani vedremo.

* * *

– Meraviglioso: eccoci incastrati! – sbottò Marco come lo vide tornare. – Ok, hai fatto la tua buona azione quotidiana, e adesso?

– Adesso andiamo a Roma – rispose Giorgio.

– La lasci qui?

– Perché no? Le ho dato varie cose da scegliere come pigiama. Fatto, le diamo il bacio della buonanotte e noi ce ne andiamo per cazzi nostri, o no?

– Se fa i capricci?

– Peggio per lei! Sono mesi che aspetto questa sera, non sarà certo una violentata o meno a impedirmi d’andarci! C’è un limite a tutto, anche alla carità.

– Come mi sta?

I due si girarono. Era la donna; i capelli raccolti a chignon, indosso il sopra d’un pigiama giallo canarino di Marco che le arrivava poco sopra alle ginocchia.

– Una meravilgia! – esclamò Giorgio. – Le auguriamo la buona notte. Noi usciamo.

– Uscite?!

– Sì, perché? – le gettò uno sguardo al limite della scortesia il dentista.

– Oh, niente. È che... restare da sola, questa notte...

– Abbiamo la porta blindata.

– Vi prego, portatemi con voi, ovunque voi andiate – disse la donna in un tono di preghiera.

I due si guardano e per poco non scoppiarono a ridere.

– Cara signora, mi creda, non è possibile – disse serio Marco.