– E poi cadde dal cielo Jessy. Era il 2001. Marco e Jessica s’innamorarono e ora muoiono felici e contenti. Altro momento di gioia, eh, Marco?
Jessica si limitò a scuotere la testa. Cresta questa volta non disse niente, segno che il Vecchio non era nuovo a uscite teatrali. Altra cosa che non mi colse impreparato.
– E ora ci sei tu. Oppure l’altro.
– L’altro, chi?
– Finisco di spiegarti, ragazet, non farti distrarre dalla coscia di Jessy o dalla bava rabbiosa di Marco e guardami e ascoltami bene.
– Va’ avanti – dissi.
– T’ho detto che non sappiamo quale dio ha voluto infilarci in questo inferno di piante e terra e per cielo un sacco nero di immondizia, ma c’è una cosa che ci accomuna. Tutti siamo stati vittime o artefici di un incidente stradale la notte tra giovedì 16 e venerdì 17. Io stavo cagando nel campo quando un cretino decise di non prendere la curva e venirmi addosso con la sua 127. E se mi chiedi perché stavo con le chiappe all’aria in un campo di barbabietole poco prima di mezzanotte, significa che non hai una moglie e non sei mai tornato sbronzo dal bar dopo la festa di compleanno del tuo migliore amico. Comunque, è in questo caso che comincia tutto. È giovedì 16 che porta sfiga, se non è certezza questa…
Mi indicò, sporgendo il mento.
– Tu da che anno vieni?
– 2009.
– Però, come vola il tempo qui dentro – fece il vecchio, poi mi indicò ancora.
– Sorpresa. Tu non sei ancora morto.
– No? Come no? Avevi detto…
– Scommetto che sei stato tu la causa dell’incidente.
– Non lo so.
– Lo sai.
– Ho tagliato la curva.
– Lo dicevo che eri un coglione. – Marco sorrise nella penombra.
– Vocabolario ampio?
– Lascia perdere Marco, t’ho detto.
– L’altro aveva un fanale spento, credevo fosse una moto.
– Non conta. Sei stato giudicato come colpevole dell’incidente. Ecco perché sei qui. Ma sei ancora a metà strada. La vedi questa luce?
La reggia di terra era sempre più illuminata. Il cielo era ormai solo un grosso disco piatto e nero separato da una fascia luminosa. I dettagli dei miei compagni diventavano ogni minuto più orribili. Mi sforzai di non farci caso.
– Sei l’Inseguito, perché è stata colpa tua. L’altro sta morendo e quando tirerà le cuoia diventerà l’Inseguitore. La luce sarà ovunque per permettergli di venirti a cercare e quando ti troverà avrà la possibilità di scambiare la sua permanenza nel Barbainferno con la tua.
Deglutii. Il pomo d’adamo mi si bloccò in mezzo alla gola.
– Ve la giocherete. Come me la sono giocata io. Ero l’Inseguitore. Cavolo! La stavo facendo in tutta tranquillità e quello mi viene addosso! Mi misi a cercare il bastardo della 127 e quello mi fece il culo a quadri e mi staccò un braccio con una vanga. Era un contadino brutto, peloso, forte e meno ubriaco di me. Anche Marco era un Inseguitore.
– Non gli raccontare niente – lo interruppe Cresta.
Il vecchio lo ignorò.
– Incidente comune. Un frontale. Solo che l’altro era un pugile o qualcosa di simile. Tirava pugni come Jessica fa… Va bene, scusa Jessica.
– Niente – sussurrò lei. Si rannicchiò accanto a me. Cercai di allontanarla senza riuscirci.
– Insomma, finisce che questo riesce a piantare nel petto di Marco metà cofano della sua Nissan. Vedessi che lavoro. Cioè, lo puoi vedere.
– Ce la potevo fare – sibilò Marco.
– Lo so. Ma eri pur sempre un ragioniere e quello una specie di lottatore professionista. Ne parli ancora? Fattene una ragione, Dio bono!
– Jessica, invece, ha allungato una coscia e ha fatto uscire di strada un poveretto che non ne vedeva una da quando gli erano spuntati i primi batuffoli di pelo sulle guance. Però quando l’ha inseguita ha recuperato l’energie sprecate negli anni. Sembrava più pazzo del Pazzo. Una furia. L’ha fatta nera, la nostra piccola Jessica, e si è portato a casa una gamba.
Jessy rimase in silenzio. Le mani intorno al mio braccio, il capo chino.
Guardai Marco di traverso. Aveva le narici dilatate. Mi aspettavo tornasse il Transformer di qualche minuto prima, ma rimase nel suo angolo, ora illuminato per intero dalla luce bianca. Il metallo nel petto scintillava a ogni suo respiro.
– Quanto manca?
Il vecchio guardò il cielo. Le rughe si contorsero in una smorfia.
– Stavolta è durata di più. Sta soffrendo di brutto il poveretto che sta per venire a trovarti. Secondo me sarà incazzato come mai nessuno qui dentro.
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