Lo scrittore Jack Ketchum è quasi sconosciuto nel nostro paese, finalmente la casa editrice Gargoyle ci propone un suo romanzo che con il titolo La ragazza della porta accanto (The Girl Next Door, 1989) sarà in libreria prima della fine di questo mese di novembre.
Da questo romanzo è stato tratto, nel 2007, l’omonimo film girato dal regista Gregory Wilson sulla sceneggiatura di Daniel Farrands e Philip Nutman.
Facciamo presente ai nostri lettori che questa estate è stato pubblicato un altro suo romanzo dal titolo Red edito da Mondolibri.
L’orrore che Ketchum descrive nei suoi romanzi, che sono grandemente apprezzati anche da Stephen King, non ha alcuna origine sovrannaturale ma risiede unicamente in quei comportamenti umani improntati al disconoscimento dei propri simili, da persone sicuramente malate ma che nella routine quotidiana appaiono agli altri assolutamente normali.
Il fatto di cronaca avvenne nel 1965, quando su denuncia anonima fatta sicuramente da un ragazzo alla polizia di Indianapolis, venne trovato il cadavere di una ragazza, di nome Sylvia Marie Likens che era stata torturata a lungo, in parte scuoiata viva e cose ancora peggiori. A fare questo era stata una donna, Gertrude Baniszewski a cui Sylvia e sua sorella Meg era stata affidata in quanto i loro genitori erano scomparsi.
Cosa ancora peggiore era il fatto che la donna aveva reso suoi succubi tutti i ragazzi del vicinato che assistevano e forse partecipavano alle torture.
Nel romanzo l’autore ha spostato sia nel tempo che nello spazio il racconto e la voce narrante è il dodicenne David Moran che vive in una cittadina rurale del New Jersey, che è molto felice quando nella casa accanto alla sua vengono ospitate due ragazzine ospiti della famiglia in quanto i loro genitori sono morti in un incidente.
Sono affidate a Ruth Chandler che ha già tre figli, tutti amici di David, ma nessuno sa che la donna sotto una apparente normalità nasconde una vena di sadismo e lienazione che piano piano verrà fuori e colpirà le due ragazzine.
Nel volume una “Nota finale” di Stephen King.
L’autore:
Jack Ketchum è lo pseudonimo usato dallo scrittore americano Dallas Mayr. Nato nel 1946, Mayr è un autore controverso: se da un lato è esaltato e celebrato da autentiche icone del calibro di Stephen King, dall'altro è spesso attaccato dalla critica ufficiale per la crudezza delle sue ambientazioni e il sadismo dei suoi personaggi. Mayr trae infatti ispirazione per le sue opere dalla violenza offerta dalla realtà, che ritiene essere la fonte d'orrore principe, ancor più dell'immaginazione. Vincitore di numerosi Bram Stoker Awards (The box, Closing ti me, Peaceable kingdom), Mayr ha scritto anche libri che hanno ricevuto importanti adattamenti cinematografici (oltre a La ragazza della porta accanto, Red e The lost).
La quarta:
America rurale, anni Cinquanta.
David ha 12 anni e incarna il prototipo dell'adolescente medio. Frequenta gli altri ragazzi del vicinato e comincia a sviluppare un certo interesse per il sesso femminile. Quando le sorelle Meg e Susan Loughlin si trasferiscono a vivere nella casa accanto, David è felice dell'opportunità di ampliare il proprio giro di amicizie, anche se Meg, che incontra per prima, è un paio d'anni più grande.
I genitori delle due ragazze sono rimasti uccisi in un incidente d'auto, e le sorelle Loughlin sono state affidate alla vicina di David, Ruth.
Ma Ruth, in apparenza ottima madre di famiglia, nasconde una vena di sadismo e alienazione, che sfoga dapprima sottoponendo le ragazze a percosse sempre più violente e dolorose, poi dando vita a una serie di torture fisiche e psicologiche di cui David e gli altri ragazzi del vicinato divengono testimoni e, in qualche modo, complici inconsapevoli.
La polizia non prende sul serio le denunce di Meg: l'unica speranza per lei e la sorella è nell'aiuto dell'amico David. Riuscirà a salvare le sorelle prima che sia troppo tardi?
La ragazza della porta accanto di Jack Ketchum (The Girl Next Door, 1989)
Traduzione Linda De Luca, Gargoyle, collana Gargoyle Books 25, pagg. 267, euro 17,00
ISBN 978-88-89541-37-1
4 commenti
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Da più parti mi giungono notizie notevoli su questo romanzo. Per adesso lo lascio in stand-by perchè sto leggendo "The Dome" di King (sono a pagina 700!), China Mieville, Freud e altre cosette di lavoro, il che mi sembra sufficiente, prima della pausa natalizia. Appena ho un attimo di tempo lo agguanto.
Ne ha parlato così bene in passato e pure nel presente il buon Elvezio che da tempo ho una curiosità pazzesca di assaporare lo stile di Ketchum (confidando nella bontà della traduzione). Già da tempo è nella lista acquisti, lo leggerò sicuramente.
Un libro molto disturbante e molto violento, anche rispetto al film che ne è stato tratto. Favorevolmente colpita da Red, un altro (sempre doloroso, ma non così distruttivo) testo dello stesso autore, l'ho preso appena uscito e mi sono accinta a consumarlo nella prima sera davvero fredda dell'inverno, tutta contenta e con un bicchiere di vino figo. Alla fine avrei potuto sentirmi peggio solo se ci fossero stati i non morti a sporcarmi i vetri con le ditate di pus.
E' la cronaca di una passione lunghissima ai danni di una specie di giovane santa (o eroina, ma a un occhio italiano immagino faccia più martire). Nel corso di questa passione il personaggio viene smantellato fisicamente e moralmente, come sbranato. Il dolore inghiotte tutto il suo potere, la sua dignità, la sua identità.
Il sadismo ha una spiacevole impronta sessuale, resa in modo ambiguo dal punto di vista (quello del ragazzino ''buono'' che oscilla lungamente tra la seduzione del potere sadico e la compassione per la vittima, riferendo tutte le dimensioni della cosa); è mostrato in osceni dettagli (non una roba american psycho però, non ha un filtro freddo/dissoluto o sadiano, ma uno sguardo stupefatto) oppure suggerito in omissioni retoriche "tragiche".
Il lavoro sulla sofferenza nell'insieme è ottimo, perchè la inquadra come fenomeno del male. Mostra il male. In certi punti l'esperienza del dolore è resa così vividamente da risultare intollerabile, ma purtroppo (per fortuna?) la cosa non regge per tutto il libro. A tratti la perfezione della vittima assottiglia la sua individualità, indebolendo la concentrazione sulla sofferenza per aprire uno spazio metaforico in cui Meg è "ciò che è bello e pieno di senso e indifeso e offerto alla ferocia". Questo mi interessa e mi impressiona meno di una ragazza vera che sanguina. (un difetto non proprio uguale ma di natura simile c'era anche in Red: sospetto sia il tallone d'achille di Ketchum).
Nell'insieme è comunque una delle cose più disturbanti che abbia mai letto. L'ispirazione e la fedeltà al fatto di cronaca, molto alta, rendono il tutto ancora più spiacevole.
Alla fine c'è una riflessione dell'autore che racconta la sua ostilità per la faccia della donna resposabile delle torture alla ragazzina sotto la sua tutela che ha davvero subito tutto questo negli anni sessanta. La foto di cui parla credo sia questa:
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