Milano, Piazza XXIV maggio, qualche giorno fa. Si tiene vernissage sotto una quercia secolare, al quale partecipa un folto numero di allievi dell'Accademia di Brera, il sindaco Albertini, rappresentanti della Fondazione Trussardi (promotrice dell'iniziativa), curiosi e giornalisti; fulcro della "celebrazione" sono tre bambini dall'aria rassegnata e serena, impiccati ai rami della quercia.

Maurizio Cattelan, padovano classe 1960 che vive e lavora nel New Jersey, è l'autore dell'installazione che rallenta il traffico e fa stare tutti col naso all'insù. I tre manichini sono solo l'ultima di una lunga serie di provocazioni di questo emigrante illustre, la cui opera si basa su una ricercatissima insolenza e sul "corto circuito" dei valori sia sociali che specificatamente artistici: cavalli imbalsamati appesi al soffitto dei musei, Papa Wojtyla colpito da un meteorite (capita nella celeberrima Nona Ora venduta per più di un miliardo di vecchie lire), il proprio spazio espositivo alla Biennale di Venezia ceduto a un'agenzia pubblicitaria, Adolf Hitler in ginocchio irradiato da quella che parrebbe una "divina ispirazione". Tutta la carriera di Cattelan si basa su una sfida perenne, ironica, al cosidetto buon gusto. La provocazione, nel caso degli infanti impiccati, è palese, anche se bifida: contro la violenza, certo, contro quella barbarie onnipresente che si vorrebbe ignorare, ma anche a favore di se stesso, del Cattelan artista, come dell'arte contemporanea in generale, alla quale iniziavano a mancare messe in scena plateali come quella di Piazza XXIV maggio.

L'installazione, che avrebbe dovuto far mostra di sé sino al 6 maggio, non ha resistito all'indignazione generale, all'atmosfera neo-vittoriana che ha tramutato un'opera sull'offesa in un opera offensiva. Prima ci sono state le prese di posizione di alcuni esponenti del centrodestra cittadino ("così si dà sfogo alla fantasia malata della gente" ha detto qualcuno e, in merito, sarebbe interessante scoprire se i carcerieri folli di Abu Ghraib siano o no fan di Cattelan); poi, alla fine, a "censurarla" ci ha pensato un uomo di 43 anni, in stato di ebbrezza, che è salito sulla quercia secolare e ha liberato i fantocci impiccati. L'exploit, non meno spettacolare di quello di Cattelan, s'è concluso con la caduta dell'uomo da 5 metri di altezza su una delle sbarre di ferro che delimitano l'aiuola. Pozza di sangue, spavento, ma nessuna seria conseguenza. La Fondazione Trussardi s'è dichiarata "dispiaciuta" per l'accaduto e s'è subito mobilitata per trasferire e preservare l'opera.

Vista la bagarre generale, si direbbe che anche questa volta Cattelan abbia colpito nel segno. Un paio di dubbi legittimi, però, si fanno largo. Primo: saranno poi così originali questi bambini impiccati? No, verrebbe da rispondere pensando alle vittime di guerra squartate, mutilate e appese dai Chapmas Bros. in giro per il mondo, o a un'opera incredibilmente simile a quella di Cattelan, realizzata dalla polacca Katarzyna Kozyra per una video-installazione del 2002 (intitolata Punishment and Crime, che potete vedere qui); lo scopo di Cattelan, quindi, è soltanto quello di sensibilizzare il pubblico sul tema della violenza o anche quello di rimarcare il divario esistente tra arte contemporanea e pubblico (ovverosia tra cio' che gli artisti di tutto il mondo sentono di dover comunicare e cio' che il pubblico sente di non voler sentire)? Ne consegue il secondo dubbio: cosa sarebbe accaduto se in Piazza XXIV maggio fosse stata esposta un'amalgama di corpi dei già citati fratelli Chapman, o alcune fotografie di Joel-Peter Witkin, o un cadavere plastificato di Gunther von Hagens o se, ancora, su uno schermo panoramico di quelli usati per le partite di calcio fosse stato mostrato un intervento chirurgico di Orlan o un'endoscopia di Stelarc?

Se credete che i fantocci di Maurizio Cattelan siano scioccanti (oppure se pensate che arte, contemporanea e non, e horror abbiano poco in comune), provate a digitare su un motore di ricerca qualcuno dei nomi citati tre righe sopra.