Parlando di poeti maledetti, i primi nomi che affiorano alla mente sono sempre quelli di Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud. Oltre alla Francia, sembrano sempre i Paesi del Nord Europa, come la Germania o l’Inghilterra, quelli che detengono il primato di componimenti ‘notturni’, ‘gotici’ o comunque collegati all’immaginario orrorifico. Non è certo questa la sede per dilungarsi sull’argomento, ma spesso si tralasciano i nostrani Dino Campana od Olindo Guerrini. Per non parlare dell’opera di Arrigo Boito che, oltre a componimenti di indubbio fascino, quali la celebre Lezioni di anatomia, ci ha lasciato alcuni fra i più famosi libretti melodrammatici.
Il nostro Paese non dovrebbe dimenticare le sue radici volgari, a partire da quell’Inferno di Dante che potrebbe configurarsi quale la madre di tutto l’orrore italico, e scavare anche più a fondo, nella latinità e nella mitologia mediterranea.
E alla latinità allude il titolo della raccolta del meglio del Premio Letterario di Poesia Carmen Nocturna, bandito dall’Associazione di cultura horror Ars Nocturna, che, come recita l’introduzione del direttore artistico dell’associazione Domenico Nigro: “ha gettato luce sulle tenebre dello stato dell’arte gotica nel primo decennio del 2000”.
Il volumetto è diviso in due parti: Carmen Nocturna, che contiene il meglio del Premio, e Murmuro Mortiferum, dedicato ai versi dei giurati.
La prima parte si apre con le tre poesie prime classificate, nell’ordine: Abisso di Alberto Baccarini, Sintesi Vitae di Marco Braccini e Notte di Giovanni Cicero.
Si tratta indubbiamente dei componimenti più ricchi di suggestioni oscure, o comunque legate a quella parte del giorno in cui la luce scompare, a partire dai primi due versi della poesia vincitrice (“Strano mondo di luci sommerse/dove l’occhio si dilata e resta a guardare”), fino ad arrivare al titolo stesso della poesia terza classificata; oppure il tema si piega alla solitudine dell’uomo e alla sua incapacità di comunicare e di afferrare il senso dell’esistenza (“Impossibilità di perdersi nella conoscenza/perdersi nell’impossibilità di conoscenza/conoscenza dell’impossibilità di perdersi”, dalla poesia seconda classificata).
Le immagini più affascinanti ci arrivano però da altre poesie selezionate per l’antologia, sempre di Braccini, come quella de Il Vampiro (“Vitrea eleganza di morte/Al soffitto di lacrime crude”) o di Incapacità (“Il Genio sacrifica/Al Tempio dell’Arte/Ciò che toglie all’intelligenza/Opere sublimi, splendide/Entro le porose pareti/Della scatola cranica”). Procedendo, incontriamo pure un altro componimento del vincitore, Incubo, intriso anch’esso di tentazioni notturne sin dai primi quattro versi: “Affonda nell’abisso del tuo letto/e preparati a far volare l’inconscio tra le buie foreste/nelle notti profonde di voci surreali/che trasportano nell’oblio la tua anima sola”; e ancora nella terza strofa: “Persa nel labirinto ossuto e macabro delle infernali viscere/continua il viaggio della tua anima illuminata di buio”. Infine, il componimento della fiorentina Anna Cottini, Cara Maestra, che vede la macabra vendetta compiuta su una maestra da parte della piccola alunna.
Si tratta in sintesi di componimenti discreti, anche se non memorabili.
Quando, però, ci addentriamo nella parte dedicata agli scrittori e giurati, ci accorgiamo che la qualità delle opere si innalza notevolmente, e l’equilibrio del volume viene a mancare.
Ci colpiscono immediatamente i primi quattro versi di Le muse e i sudari di Ian Delacroix. Il ritmo è inesorabile, come quello della camminata delle protagoniste: “Avanzavano le Muse/riflettevano su sudari imbiancati:/statica processione/inascoltata”, e i suoni sussurrati dalle sibilanti paiono voler comunicare il silenzio del firmamento che osserva “attonito”.
O La Signora imbiancata di polvere d’ossa di Ruggero D. Sanguenero, la “Vigliacca Signora/dal manto accecante con occhi/d’inferni lontani m’incrini/m’ispiri scritture blasfeme/che vogliono sangue” che, con i suoi numerosi enjambements, pare voler abbracciare colui che parla.
L’orrore si rivolge poi anche ai drammi della storia umana, con Gli angeli delle memorie di Zefiro Mesvell: “Spellata la cenere delle memorie,/i giardini dell’olocausto ardono/attraverso le chimere”.
Giovanni Buzi riversa nella poesia il tipico incedere dei suoi racconti, preparando, in un ambiente insospettabile, la sorpresa finale: “Ma, ti prego/questa volta lascia/intatto, se non il mio cuore,/almeno il mio/collo”. Per finire con le visioni rapide e ‘silenziose’ di Edera, cantante della metal gothic band Domina Noctis e autrice della suggestiva copertina del volume.
Un libro discreto, nel suo complesso, che però ci lascia sul palato il gusto amaro di qualcosa che non si è ancora compiuto. Un buon inizio, comunque, per la riscoperta e la rivalutazione del genere che, ci auguriamo, potrà crescere in un prossimo futuro. I nuovi autori dovranno guardare al passato, ma anche al presente, per non restare invischiati nelle maglie di costruzioni e tematiche lontane dall’uomo moderno. Guardare alla poesia, ma anche a ciò che, in epoca contemporanea ha contribuito alla crescita del genere, non ultimo la cultura rock e metal: dagli albori, incarnati nelle liriche di gruppi quali Black Sabbath e - per certi versi - Led Zeppelin, fino alle tematiche del black e del death metal. Guardare all’estero, ma anche - di nuovo - alle nostre fascinazioni. E quale migliore augurio, il volume avrebbe potuto donarci se non una presentazione firmata dal leader dell’horror metal band più famosa d’Italia e non solo?
“Il vero artista riesce a interpretare l’arte gotica secondo il proprio pensiero - scrive Steve Sylvester - usando le più diverse chiavi di lettura, cogliendo con piena consapevolezza la bellezza dell’orrido, fino a creare una vera e propria estetica fondata su di esso”.
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