Amare Lovecraft ed essere italiani ha sempre significato che almeno un brandello della propria immaginazione dovesse correre verso lidi stranieri per trovare il suo nutrimento. Alzi la mano chi non ha mai provato a scrivere, o almeno pensato di farlo, un racconto "alla Lovecraft" ambientato nel New England.
Ebbene, non serve - non è mai servito - andare tanto lontano. I miti di Cthulhu sono qui, a pochi chilometri da noi; Dagon e gli Uomini-Pesce di Innsmouth abitano accanto a noi. A sostenerlo sono due giornalisti, Federico Greco e Roberto Leggio nel documentario All has read, La vera storia di Lovecraft in Italia, una produzione della Digitaldesk presentata in questi giorni alla Mostra del Cinema di Venezia. Un documentario che farà discutere a lungo, basato su una lettera che potrebbe avere, tra esperti ed estimatori di H.P. Lovecraft, l'effetto di un terremoto, perché scritta da H.P. Lovecraft durante un viaggio in Italia (!) compiuto alla ricerca di materiale per le proprie creazioni letterarie.
1926. Qualcuno che si firma Grandpa Theo scrive dall'Italia, ad Alfred Galpin, una lettera (magari mai spedita) con inequivolcabili disegni di creature anfibie, per metà pesce e per metà umane. La lettera, ritrovata per caso in un mercatino di Montecatini Terme, sarebbe quasi certamente un autografo di Lovecraft (Grandpa Theo era infatti uno degli pseudonimi con cui spesso HPL si firmava). In tanti, esperti e studiosi, sono pronti a metterci la mano sul fuoco: il documento è vero e le creature disegnate altro non sarebbero che studi sulle leggende del Polesine.
Insomma, dobbiamo pensare al celebre Homo Saurus, sorta di ibrido tra un essere umano e un alligatore, alto due metri e mezzo, versione padana dello Yeti (i cui avvistamenti sono tutti recenti e le "radici storiche" ben lontane dall'essere documentate), come a un progenitore delle creature d'incubo inventate da Lovecraft? Dobbiamo davvero immaginare HPL a spasso tra Chioggia e Venezia, ad annottare sul suo taccuino le leggende del posto, leggende che diventeranno la colonna vertebrale dei racconti successivi, primo tra tutti quel La maschera di Innsmouth che scriverà nel 1931?
Diciamo la verità: per credere in un viaggio in Italia di Lovecraft bisognerebbe, innanzitutto, ignorare del tutto la sua biografia. Nel 1926 il gentiluomo di Providence era appena tornato nella città natale dalla "cattività newyorkese", stava separandosi dalla moglie e le ristrettezze economiche in cui viveva erano quasi insopportabili. Dove avrebbe trovato il denaro per un viaggio in Italia? E, soprattutto, perché non farne parola con nessuno, mai. Proprio nell'estate del '26 scriveva, nell'introduzione al saggio Supernatural Horror in Literature: "Sono nato a Providence, Rhode Island - dove, se si escludono due interruzioni di nessuna importanza, ho sempre vissuto..." Possibile che una delle due interruzioni fosse quella italiana?
No, certo che no, ma ciò non sminuisce affatto l'importanza della lettera ritrovava a Montecatini. E' infatti molto più probabile che fosse Alfred Galpin a trovarsi in Italia e che dal nostro paese scrivesse a Lovecraft. Quella firmata Grandpa Theo sarebbe sì una lettera di Lovecraft, ma spedita da Providence, ovviamente in risposta alle missive dell'amico. Come detto, il discorso rimane in buona sostanza lo stesso: le leggende nostrane sarebbero davvero una delle fonti a cui Lovecraft ha attinto per alcune sue creazioni letterarie, anche se non in virtù di un'improbabilissima indagine sul campo bensì per interposto viaggiatore (Galpin, appunto).
Speriamo di scoprire qualche dettaglio in più, e darvene notizia anche prima della notte di Halloween, quando il documentario sarà trasmesso in prima visione da Studio Universal.
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