Leggendo la tua biografia, si scopre che sei passato attraverso innumerevoli esperienze artistiche, dal disegno alla fotografia, dalla scrittura fino ad approdare alla regia di film. Chi è Stefano Bessoni e quanto contano queste esperienze nella tua formazione?
La mia formazione è legata al disegno, alla pittura e all’illustrazione. Prima di approdare alla realizzazione di opere cinematografiche ho trascorso anni a inventare un universo su carta popolato da centinaia di personaggi che non aspettavano altro che incarnarsi nel corpo di un attore per poter esprimere i propri sentimenti, le proprie emozioni, le proprie ossessioni.
Penso che questo sia estremamente importante perché mi pone nei confronti del mezzo cinematografico come creatore d’immagini, sperimentatore visivo e mi impone di utilizzare la macchina da presa come uno strumento ideale per dare vita al mio mondo immaginario, come sorta di pennello magico che permette ai miei personaggi di staccarsi dal foglio di carta. Credo nelle enormi potenzialità della tecnologia digitale e vorrei lavorare e sperimentare proprio con questi mezzi, al fine di poter intervenire sul colore, sulle luci, poter inserire elementi inesistenti, cancellare elementi reali, lavorare insomma sul supporto filmico come fa un pittore sulla carta.
Parliamo del film che a cui stai lavorando da tempo e intorno al quale sta crescendo una certa aspettativa: Imago Mortis. Ci puoi parlare di questo progetto, come è nato? L’idea su cui si basa è molto originale.
Non è facile descrivere con delle parole quello che dovrebbe essere immagine. E sicuramente l’immagine, la visione e in particolare la necessità di creare e possedere immagini è il punto centrale della storia; una necessità così prepotente da trasformarsi in un’ossessione. Un’ossessione che sopravvive assieme a un’anima malvagia nei secoli, fino a insediarsi subdolamente in una scuola di cinema sperduta da qualche parte della vecchia Europa.
Imago mortis nasce dal desiderio di costruire una favola nera, una fiaba gotica popolata di spettri terribili, di fanciulli indifesi che cercano di sfuggire da orchi sanguinari, di anime candide che, dopo un’esistenza tormentata, non esitano a sacrificarsi nel nome del bene. Voglio che questo sia un film di fantasmi, una ghost story in piena regola, con tutti gli elementi tipici di questo genere e che si appoggi a modelli ben precisi e ormai collaudati. Desidero che il tutto si amalgami e venga cullato all’interno di una struttura fiabesca, un’atmosfera da favola oscura, perturbante, inquietante e avvincente.
Un elemento fondamentale è il mondo misterioso della scienza, o meglio della proto-scienza, dell’anatomia e degli studi all’interno della macchina uomo. Un mondo antico nel quale si muovono strambi scienziati e scrupolosi indagatori in dottrine a cavallo tra le discipline ufficiali e le scienze occulte.
Come in ogni favola che si rispetti, anche in questa esiste una presenza sinistra che minaccia la normale esistenza dei nostri due ignari protagonisti, una sorta di oscura ombra destinata a divenire un agghiacciante minaccia, ovvero lo spettro di un ipotetico gesuita allievo di Athanasius Kirker. L’orco di questa favola si chiama Girolamo Fumagalli, immaginariamente vissuto nel seicento e inventore, grazie al fenomeno della persistenza retinica, di un sinistro sistema precursore della fotografia. Il film ruota attorno a questa immaginifica tecnica fotografica denominata Thanatografia. Naturalmente tutto questo è frutto di fantasia, ma poggia le sue basi su reali sperimentazioni scientifiche, sugli effettivi studi del Kircher, figura strabiliante e realmente esistita, sulle esperienze ottiche di Newton, sugli studi anatomici e scientifici dell’epoca barocca.
Il film ha un cast importante. Alberto Amarilla, Oona Chaplin, Geraldine Chaplin (The Orphanage), Leticia Dolera, Alex Angulo (Il labirinto del Fauno) e Jun Ichikawa (La Terza Madre). Come ti stai trovando a lavorare con un cast internazionale e con attori con grandissima esperienza come Geraldine Chapline?
Benissimo. Un cast fantastico. Che altro aggiungere?
Il film è girato in presa diretta e in lingua originale. E’ una coproduzione Pixtar (Italia), Telecinco (Spagna) e Industrial Illusion Distribution (Irlanda) e si avvale inoltre del sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Direi che le premesse, oltre al cast, per fare un film che sia diffuso oltre i confini italiani ci sono tutti. C’è già una data ipotetica di termine dei lavori e della possibile distribuzione?
Non saprei indicare una data precisa. Il lancio e la distribuzione del film dipendono da dinamiche che non conosco. Posso dire che il film dovrebbe essere ultimato per maggio o giugno.
Come nasce in generale il progetto per un tuo film? Ho letto che per te è molto importante avere ben definito l’aspetto visuale, anche tramite i tuoi bozzetti, prima di partire a girare.
Disegni. Tanti disegni… Libri. Tanti libri… Musei anatomici e di storia naturale, luoghi particolari, biblioteche, edifici abbandonati, boschi, giardini zoologici, cimiteri, sotterranei… Fotografie. Tante fotografie… Birra e cibo…
A questo proposto hai in ballo molti progetti. Ce ne vuoi parlare? Vedremo altri film horror firmati Stefano Bessoni?
Spero proprio di si!
Comunque non ho solamente progetti di natura horror, anche se l’aspetto gotico e sinistro c’è sempre, credo che faccia parte del mio carattere.
Ho un progetto per un film intitolato Falene. E’ una storia di spettri ed insetti, ambientata in un oscuro istituto di zoologia in un paesino disperso tra le scogliere della Cornovaglia. La terribile storia della scoperta di una misteriosa sostanza contenuta nei bruchi di una falena, fatta da una pazza del periodo vittoriano: Tryphaena Williams, l’impagliatrice. Il protagonista è Tim, un timido illustratore scientifico con la passione dell’animazione in stop-motion.
Poi c’è Alice sottoterra. E' un film horror in stile Non aprite quella porta, La casa del diavolo, Le colline hanno gli occhi, rivisitato chiaramente alla mia maniera. E’ sicuramente la storia più orrorifica e spaventosa che abbia mai scritto. L’idea mi è venuta dopo aver visto Hostel di Eli Roth e dopo esserne rimasto profondamente deluso. Mi piaceva l’idea di ragazzi ignari persi in una terra sconosciuta ed ostile, imprigionati loro malgrado in un incubo agghiacciante. E’ un film sul mondo dell'infanzia e delle fiabe, sugli studi deviati di psichiatria condotti da un agghiacciante dottore che ama farsi chiamare dai suoi piccoli pazienti il Reverendo, come Lewis Carroll.
E c’è anche Il viaggio di Peter Morgerstern. E’ forse il progetto più intimo e personale. Si tratta di un film di viaggio che segue le mosse del fantomatico Peter Morgenstern: un illustratore, fotografo, filmaker, zoologo, in poche parole il mio alter ego cinematografico. Peter decide di partire per realizzare un bestiario fantastico su tutte le creature che non esistono: sirene, basilischi, mostri marini, calamari giganti. Si mette sulle sue traccie una ragazza che studia lumache e innamorata di lui fin dall'infanzia: Helix Pomatia.
Helix ha la stramba peculiarità di vedere le persone morte, in particolare i bambini. A completare il terzetto c'è infine un turpe individuo che segue ogni mossa di Peter ed Helix, annotando tutto sul suo misterioso taccuino nero: Nick Hoffman. C'è poi uno strambo balocco: mister Topòr, l'omino dei ricordi. Un’invenzione del bisnonno di Peter, che consente di organizzare e tenere viva la memoria delle persone. Il viaggio si snoda nella vecchia Europa. Italia, Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Repubblica Ceca, Scandinavia... fino a una misteriosa isola dove sorge un inquietante orfanotrofio che accomuna i nostri tre personaggi e dove sono custodite agghiaccianti verità.
Non posso fare a meno di citare il fatto che hai lavorato con Pupi Avati, cosa ti ha lasciato questa esperienza? Ci sono dei maestri dell’horror italiano e internazionale (o del cinema in generale) a cui ti ispiri per i tuoi film?
Quella con Pupi Avati è stata un’esperienza molto importante. Mi ha dato molti insegnamenti, soprattutto per il lavoro con gli attori.
Vorrei citare alcuni degli autori che stimo e che inevitabilmente influenzano il mio lavoro di regista. Sono tutti autori fortemente caratterizzati, riconoscibili dopo poche inquadrature e che possiedono uno stile inconfondibile e una poetica molto vicina alla mia. Ammiro Jean Pierre Jeunet, per il suo mondo grottesco, fumettistico, colorato, poetico. Tim Burton, per il suo universo oscuro incentrato sulla diversità. Peter Greenaway, per il suo rigore scientifico e pittorico e per il suo essere barocco, artificioso e anacronistico. Guillermo Del Toro, per i suoi personaggi usciti direttamente da un vecchio libro di fiabe. Terry Gilliam, per la sua lucida follia e per l’estetica dei grandangolari. E poi sicuramente Jan Svankenmajer ed i fratelli Quay, pionieri e scienziati pazzi di quella stramba disciplina che è l’animazione in stop-motion.
Per guardare invece ad aspetti più commerciali sono fortemente influenzato dall’horror di nuova generazione. Anche se si tratta di un’influenza di natura tecnica, legata alla fotografia, agli effetti e all’atmosfera visiva di tali film e sicuramente non agli aspetti espressivi o contenutistici. Comunque credo che ci sia molto da prendere in prestito in film come: Non aprite quella porta (remake e prequel), Saw, Hostel, La casa dei 1000 corpi… adoro Rob Zombie!
Non dimentico chiaramente tutti gli insegnamenti e gli stimoli che arrivano dalla storia del genere horror, a partire dall’espressionismo tedesco, passando per i film della Hammer, sfiorando i mostri della Universal, e poi la factory di Roger Corman, Carpenter, Craven, Hooper…
E’ possibile oggi fare horror in Italia? Registi come Dario Argento, Pupi Avati, Lamberto Bava e Michele Soavi portano avanti un cinema dell’orrore italiano con un certo successo. C’è spazio per gli autori emergenti?
Credo di si. La richiesta c’è. La difficoltà è poi sviluppare i progetti e realizzarli allontanandosi dagli stereotipi e da quel genere di film che ha decretato l’agonia dell’horror e del fantastico italiano. Credo che sia importante pen sare in scala geografica più ampia. E’ giusto parlare di nuovo cinema horror europeo e non limitarsi all’Italia.
Tra i tuoi tanti progetti c’è anche un libro per la casa editrice Ferrara Edizioni, di cosa si tratta?
E’ una vecchia sceneggiatura poi trasformata in romanzo. Si intitola Il paese delle scienze inesatte. E’ la storia che mi ha convinto a fare cinema. Contiene tutti gli elementi che mi caratterizzano. Doveva essere il mio film d’esordio, ma è una storia difficile ed un mondo talmente complesso che non so se riuscirò mai a realizzarlo.
Stefano Bessoni è nato a Roma nel 1965.
Ha portato a termine studi in campo artistico-visuale diplomandosi presso l'Accademia di Belle Arti di Roma.
Dal 1990 al 1998 ha lavorato come operatore, direttore della fotografia e montatore.
Dal 1998 al 2001 ha collaborato con il regista Pupi Avati.
Il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari ha pubblicato un suo saggio sul lavoro intorno alla creazione di un personaggio, dal titolo "Attraverso lo specchio". Nella pubblicazione sono inseriti la sceneggiatura e i bozzetti del film "Grimm e il teatro della crudeltà".
Ha ricevuto, nel 1995, il premio FEDIC "Claudio Pastori" con la seguente motivazione: "Per la coerenza dell'impegno, l'originalità della ricerca, la cultura e la passione espresse nel complesso delle opere realizzate e nello studio dei rapporti tra cinema, pittura, storia, tradizioni e credenze popolari."
Nel 1998 gli è stata dedicata una Personale nell'ambito del VideoFestival di Messina "L'Occhio del Ciclope".
Dal 2000 è docente di regia cinematografica presso la NUCT (Nuova Università del Cinema e della Televisione) a Cinecittà.
Sta per pubblicare il romanzo "Il paese delle scienze inesatte" con la casa editrice Ferrara Edizioni di Torino.
2 commenti
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Sono contento dello spazio riservato al cinema italiano di genere,ormai da anni alla deriva.....a proposito di soavi,so che a parte dellamorte dellamore che e' abbastanza vecchiotto,e un nuovo progetto,non ha realizzato altro,nel nostro ambito,quindi inserirlo vicino ai piu' prolifici argento,bava e avati mi sembra azzardato,comunque bell'articolo complimenti.
P.S. a proposito di soavi ho grandi aspettative sul suo nuovo progetto,forza
michele!
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