La natura umana è sempre sorprendente e in molti casi lo è in maniera particolarmente inquietante. Nella storia che stiamo per raccontare c'è tanta follia e nera disperazione.
Horror Magazine vi accompagna a Venezia per conoscere l'incredibile storia di Mattio Lovat e… della sua autocrocifissione!
Siamo nel 1805. La mattina del 19 luglio il calzolaio veneziano Mattio Lovat, dopo aver indossato una corona di spine, si sistema su un patibolo di sua invenzione fuori dalla finestra della sua casa in contrada Sant’Alvise. Attraverso delle funi, delle fasce e delle reti per sostenersi ed esporsi, si conficca tre chiodi sulle mani e sui piedi. Venne trovato da alcuni passanti che videro il sangue cadere copioso e, alzando gli occhi, la macabra scena.
L'episodio viene raccontato con dettagliata precisione dal medico Cesare Ruggeri, che cerca di ricostruire la storia di Mattio e tracciarne un profilo psicologico, nel tentativo di spiegare il suo gesto.
Nato in un famiglia povera, Lovat dovette rinunciare al sogno di farsi prete e cominciò a fare il calzolaio molto presto. L'ambiente solitario della bottega non gli fece bene e anzi esasperò i sui tratti di estremista religioso. Parlava poco e quasi sempre di Dio e di santi.
Il primo fatto pazzesco avvenne nel 1802 quando si evirò e buttò il tutto dalla finestra.
L'anno successivo tentò di crocifiggersi per la prima volta ma si ferì solo a un piede.
Nemmeno l'eclatante gesto finale lo uccise dato che i concittadini chiamarono subito i soccorsi e fu ricoverato prima in ospedale e successivamente nel manicomio di San Servolo dove morì immerso in una tetra e silenziosa solitudine.
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