Oggi non vi parliamo di killer o mostri ma vi raccontiamo di alcuni scienziati che sono diventati famosi per una pratica affascinate, suggestiva e naturalmente oscura: la pietrificazione!
Se l'idea di conservare i corpi dopo la morte ha sempre fatto parte della natura umana, questa tradizione di pietrificare i corpi dei cari estinti che si sviluppa nel 1800 ed è quasi del tutto italiana.
Vi presentiamo gli inquietanti protagonisti di questa storia, medici e alchimisti allo stesso tempo, e le loro opere da brivido.
Il primo fu il fiorentino Girolamo Segato.
Affascinato dagli egizi mise a punto un processo di mineralizzazione dei corpi in grado di mantenere i colori originali:
[…] I loro svariati vivacissimi colori, la levigatezza e splendore, la sorprendente durezza niun dubbio lasciano sul loro carattere lapideo…eppure queste non sono pietre dure, ma sono tutti pezzi di umane membra […]
Purtroppo, offeso a morte dal Granduca di toscana che rifiutò il gentil omaggio di un tavolo di carne pietrificata, distrugge tutti i suoi appunti e porta nella tomba i suoi segreti.
A Firenze, oltre al tavolo, potete ammirare molti dei suoi preparati presso il museo di anatomia teratologica e patologica dell’Ospedale Careggi.
Cagliaritano è invece Efisio Marini, medico che elaborò un metodo completamente personale di mummificazione che permise di pietrificare i cadaveri senza effettuare tagli o iniezioni sugli stessi.
Visse e lavorò molto a Napoli e godette di una gran fama, tanto da mummificare personaggi celebri come Luigi Settembrini e il marchese d'Afflitto, ed espose i risultati del proprio lavoro a Vienna, Londra, Parigi, Milano, Torino e Roma. Si dice che pietrificò il sangue di Giuseppe Garibaldi e lo rinchiuse in un medaglione che regalò all’eroe dei due mondi.
Le sue opere sono conservate in vari posti tra cui il Museo Anatomico di Napoli e il Muniss (Museo dell'Università di Sassari) dove è conservata anche la mano di una fanciulla pietrificata nel 1864 e donata dal Marini stesso alla città.
La sua fu una vita disagiata, circondato da un alone sinistro e visse tristemente i suoi giorni, spendendo tutti i suoi averi nelle ricerche e ossessionato dalla paura che il proprio segreto gli venisse rubato. Morì a Napoli l'11 settembre del 1900 senza rivelare le formule per attuare il suo metodo di imbalsamazione.
Concludiamo con il più noto Paolo Gorini.
Lo studioso era figlio di Giovanni Gorini che morì investito da una carrozza.
[…] Il dì 25 settembre avvenne quasi sotto i miei occhi la morte di mio padre rovesciato da una carrozza tratta in corsa precipitosa da un cavallo fuggente. Quel giorno è il punto nero della mia vita: segna la separazione della luce dalle tenebre, il dissiparsi d'ogni bene, il principiare d'una infinita processione di mali […]
Da quel momento gli studi del figlio volsero alla pietrificazione. Il cranio del genitore è ancora conservato presso il museo dell'Università di Pavia.
Godette di molta fama, tanto da essere chiamato a pietrificare Mazzini. Purtroppo Paolo raggiunse la salma troppo tardi e il lavoro non andò bene.
Leggenda vuole che il Gorini avesse pietrificato il cadavere del maggiordomo e avesse anche inventato un modo per fagli aprire la porta del suo laboratorio all'arrivo degli ospiti.
Nonostante molti successi, morì a Lodi, in povertà.
La Collezione anatomica Paolo Gorini raccoglie, presso l'ospedale vecchio di Lodi, 166 preparazioni anatomiche.
Avendo accesso ai cadaveri non reclamati dell’obitorio, fu in grado di sperimentare su un inconcepibile numero di corpi e molti dei volti che possiamo vedere sono quelli di contadini e gente povera.
Tutti i musei citati sono visitabili con prenotazione.
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