Mindhunter: la terza stagione avrebbe portato l’FBI a Hollywood

Andrew Dominik ha parlato dello show e dell'episodio su Charles Manson della seconda stagione

Articolo di Francesco Zito

Giovedì 21 aprile 2022

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Se anche non è stata cancellata, ma sospesa, è molto probabile che non ci sarà una terza stagione di Mindhunter, la serie Netflix creata da David Fincher. Il problema principale è che per la terza stagione è stato richiesto un budget decisamente elevato, almeno secondo la piattaforma di streaming.

Ciò nonostante, ora sappiamo cosa avremmo potuto vedere nel terzo ciclo di episodi. A raccontarcelo è Andrew Dominik, regista della seconda stagione dello show.

Intervistato da Collider riguardo il documentario su Nick Cave e Warren Ellis, This Much I Know to Be True, Dominik ha anche accennato alla storia principale della terza stagione di Mindhunter.

Nella terza stagione i nostri agenti sarebbero andati a Hollywood. Qui uno si sarebbe messo in contatto con Jonathan Demme e l'altro con Michael Mann. La storia principale sarebbe stata incentrata sulla profilazione e sul processo necessario a trasformarla in una sorta di zeitgeist, a renderla di conoscenza pubblica. Questo è quello che sarebbe successo. La terza era la stagione che noi tutti aspettavamo di fare, per portare finalmente gli agenti fuori dal loro seminterrato.

E riguardo alla sua esperienza alla regia della seconda stagione, Dominik non ha avuto altro che parole entusiastiche. Si è detto felice soprattutto per essere riuscito a dirigere l'episodio fondamentale della seconda stagione, quello con Charles Manson interpretato da Damon Herriman (ruolo che ha poi ripreso nel film di Quentin Tarantino, C'era una volta a Hollywood).

Sembra poi sia bastata una semplice telefonata a Fincher per essere coinvolto nella serie.

Probabilmente sono stato coinvolto perché ho adorato la serie. Ho chiamato David [Fincher] per dirglielo e lui mi ha chiesto di dirigere l’episodio su Manson. Insomma, come potevo dire di no? È stata un’esperienza fantastica. È stata una collaborazione. Di solito quello del regista è un lavoro solitario. Tu sei quello che dice sempre di no, quello che è responsabile di tutto. Non puoi andartene in giro. Quindi è stato davvero bello lavorare con Fincher, perché è un amico. Lui girava pezzi del mio episodio e io giravo piccoli frammenti del suo. È sempre interessante essere all'interno del processo di qualcun altro.