La scena horror-weird italiana continua a sfornare cose di assoluto valore, e si sta facendo largo sempre più una nuova generazione di giovani autori che si stanno facendo notare per la grande freschezza e per un’interpretazione assai personale della narrativa del perturbante.
Uno degli indiscussi portacolori di questa new wave tutta italica è senza dubbio Luigi Musolino.
37 anni, piemontese della “bassa”, ha esordito ormai diversi anni fa dapprima pubblicando su siti internet tematici e partecipando a concorsi che, spesso e volentieri, ha anche vinto; da segnalare tra gli altri la conquista del Premio Hypnos e la straordinaria doppietta al Trofeo RiLL.
A seguire una serie di fortunate antologie; la prima in assoluto, Bialere, è un’auto produzione che risale al 2013 è che ci mostra un Musolino ancora un po’ acerbo, ma già capace di straordinari affreschi destinati a rovinare i sonni di molti, valga per tutti il terrificante La madonna cadavere.
Dopodiché arriva l’ottimo Oscure regioni 1 e 2 (Wildboar 2015), volume doppio che raccoglie 20 racconti (uno per ogni regione) legati ad altrettanti miti o leggende popolari che squarciano senza pietà gli stereotipi di “Italia paese del sole” e ci mostrano le radici più tenebrose del nostro folklore. Tutto questo in un periodo in cui questo tipo di operazioni non erano ancora così “di moda” come pare essere ora.
Per finire, lo scorso anno viene dato alle stampe per la Kipple Officina Libraria la raccolta Uironda, un allucinato viaggio che tocca diverse stazioni, in un itinerario a dir poco inquietante e che rivela un autore che possiede ormai una totale padronanza della situazione e una creatività davvero invidiabile. Ne sono testimoni ad esempio l’eccezionale Il terzo piano e mezzo della scala D e il crepuscolare Nelle crepe. A impreziosire il tutto la bellissima ed evocativa cover ad opera di un grande maestro come Franco Brambilla.
Ed eccoci così ai giorni nostri.
Già perché intanto il buon Gigi ha continuato a produrre, a scrivere e a lavorare a diversi progetti assai interessanti e variegati, spesso in buona compagnia (Sangue selvaggio, il recentissimo La prima frontiera) ma tutti caratterizzati dal fatto di essere sempre legati al racconto, più o meno lungo che sia.
Stavolta perciò la notizia è quanto mai ghiotta: Eredità di carne, edito da Acheron Books, rappresenta il suo esordio sulla lunga distanza. E che esordio!
Qualche breve cenno alla trama.
Michele Ciot è un quarantenne alla deriva. Un’infanzia segnata profondamente dal suicidio del padre; ha da poco perso il lavoro, ha seri problemi economici e di salute (una brutta bronchite cronica, “regalo” della vecchia occupazione alle cave) ed è stato anche lasciato dalla fidanzata Elisa, che non ne poteva più della sua apatia, delle continue crisi depressive e dell’alcolismo.
Vive così tra le montagne della Val Chisone, tirando a campare in uno stato di perenne disagio, sperando che si presenti prima o poi qualcosa che gli dia ancora un motivo per andare avanti.
E, come accade alle volte alle persone disperate, l’occasione buona si presenta veramente. L’opportunità arriva col ritorno sulla scena di un vecchio amico di Michele, Oliviero, suo ex socio in un’impresa di “svuotacantine” presto naufragata a causa proprio di quest’ultimo, soggetto piuttosto inaffidabile e col brutto vizio della cocaina.
Così, forse per farsi perdonare, forse – più probabilmente – perché in realtà per portare a termine il suo piano ha bisogno del furgone di Michele, Oliviero decide di coinvolgere il vecchio compare in un progetto che sembra avere tutte le caratteristiche del “colpo perfetto”.
Si tratta, in breve, di recarsi al vecchio e ormai abbandonato ex sanatorio Pracatinat, una struttura isolata a quasi 2000 metri, per ripulire la collezione di mobili d’antiquariato di un ricco collezionista, rimasta lì dopo una mostra estiva. Sembrerebbe tutto facile, il Pracatinat è incustodito durante l’inverno e quel lavoro si può fare in una sola notte, dopodiché la vita di Michele potrebbe davvero cambiare grazie a quel mobilio che, grazie ai contatti di… con un collezionista francese si può già considerare venduto, e a un ottimo prezzo per giunta.
Solo che bisogna fare presto; siamo ormai a novembre e con le prime nevicate la zona rischia di essere tagliata fuori da tutto. E poi c’è qualcos’altro che a Michele non va proprio giù. Le storie di paese che girano intorno a quel posto, l’ex sanatorio. Un luogo che si dice infestato da una presenza terribile, lo spirito di una donna vittima di un destino agghiacciante. Tilda Clapiè, così si chiamava, era la classica persona “strana” e bersaglio delle chiacchiere dei paesani, venne accusata ingiustamente, strappata ai figli (che andranno incontro a una fine raccapricciante) e condotta al Pracatinat dove venne orribilmente stuprata e torturata da una guarnigione di soldati tedeschi che in tempo di guerra erano dislocati in quella lugubre struttura tra le Alpi. E c’e chi giura che il fantasma della donna, crudele e vendicativo, si aggiri ancora nei sotterranei e nei boschi vicino all’edificio, vittima di un appetito insaziabile che le è valso il soprannome di Famenera.
Stupidaggini, roba da raccontarsi tra amici in locanda, magari dopo un bel po’ di bicchieri… se non fosse che Michele in quel sanatorio c’è già stato molti anni prima, e aveva visto qualcosa di davvero terribile. O forse era stata solo la suggestione?
Fatto sta che i due partono e, mentre la neve inizia già a cadere nella notte, lassù vivranno una serie di eventi a dir poco sfortunati e che li farà precipitare in un vero e proprio incubo in piena regola.
Tesissimo e angosciante, Eredità di carne si fa notare fin da subito per alcuni classici temi tipici dell’horror (edifici abbandonati, presenze inquietanti, leggende popolari) ma li sa rimescolare e attualizzare in maniera fresca e, se possibile, ancora più terrorizzante.
Viene subito facile (ma non propriamente esatto) il paragone con quel capolavoro che risponde al nome di Shining, tuttavia la scrittura di Musolino – pur non tralasciando il fattore psicologico – risulta molto più “sanguigna” e carnale. A noi sembra più corretto l’accostamento – a patto di voler trovare per forza delle analogie – con il mitico racconto Il Wendigo di Blackwood, o piuttosto ancora con Blackout!, ottimo thriller partorito qualche anno fa da un Gianluca Morozzi in stato di grazia.
Fatto sta che, da qualunque parte la si voglia vedere, Eredità di carne ci dice, anzi ci grida due cose: la prima è che la narrativa di genere italiana sta benone e che, grazie anche al grande lavoro di case editrici di qualità come Acheron, promette di farci divertire ancora per un bel pezzo. La seconda, e da rimarcare in modo deciso, è che Musolino è un in primis un autore dal talento cristallino che meriterebbe ben altri riscontri.
Non c’è più alcun dubbio che Luigi Musolino sia un superbo forgiatore di incubi, e che essi siano lunghi o brevi crediamo davvero abbia poca importanza.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID