Quando si parla di una storia basata sul confronto fra poliziotto e serial killer sono ormai automatici e inevitabili i confronti con pietre miliari del genere quali Il silenzio degli innocenti e Seven. Gli intensi duetti fra i due attori principali del primo e la greve atmosfera del secondo hanno dettato legge per molti anni, indicando toni e ritmi per tutte le pellicole venute in seguito.
Sembra che il trend stia finalmente cambiando, e un segno in questo senso è dato proprio dal recentissimo Antibodies di Christian Alvart, che ha ricevuto ottimi consensi di pubblico e critica al Tribeca Film Festival di New York
La sinossi è lineare e per buona parte del film segue più o meno l’andamento tipico di questo sub-genere: in seguito a una violenta sparatoria la polizia di Berlino cattura un pericoloso killer (Gabriel), omosessuale, colpevole di aver ucciso (e poi aver avuto rapporti necrofili) almeno dodici bambini. Contemporaneamente, in un paesino di provincia, un poliziotto (Michael) è convinto che il maniaco sia responsabile anche dell’omicidio di una ragazzina e chiede un confronto con il mostro per cercare di ottenere qualche indizio.
Gabriel gioca con la mente del poliziotto fin dal primo incontro e, con lentezza ipnotica, lo porta a sospettare di chiunque, fino a mettere in dubbio la sua stessa sanità mentale. Il maniaco afferma di essere stato presente sulla scena dell’omicidio ma di non essere colpevole, e la vicenda spiraleggia inesorabile fino a un finale sorprendente e inaspettato.
Christian Alvart evade dalle pastoie di questo tipo di film e compie precise scelte stilistiche quali il tenere sempre a distanza la visione dei corpicini, evitando di soffermarsi in maniera pornografica su temi come tortura, necrofilia e pedofilia che affollano la pellicola in modo pericoloso. Controbilancia i contenuti grevi e morbosi con una fotografia nitida e luminosa, divagando spesso verso gli spazi aperti e la natura, laddove le pellicole precedenti preferivano chiudersi in interni sempre più claustrofobici. Non mancano alcune scene sorprendenti (il recupero di alcuni souvenir dalla tana del mostro, alcune scene di “caccia”…) e il finale, come e più di quello di Haute Tension, verrà a lungo discusso per la sua implausibilità che farà storcere il naso ai puristi dello script logico.
Produzione tedesca per questo avvincente psychothriller nel quale nessuno (tranne i bambini) è del tutto innocente.
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