Il colore venuto dallo spazio
Nel fantascientifico Il colore venuto dallo spazio (The Colour Out of Space), il caos irrompe all'improvviso a causa dell’imprevista caduta di un meteorite presso una tranquilla fattoria di Arkham, con la conseguente devastazione ambientale che stravolge completamente l'equilibrio e la stabilità. È proprio quella natura caotica e devastante, provocata dalla radiazione del meteorite, a sgretolare il potere della razionalità umana di fronte all’incoerenza di una realtà oscena non più ordinata e tranquilla come credevamo che fosse. Ed ecco che contaminazioni chimiche di animali e pianti ed eventi inspiegabili compaiono, inaspettatamente, dal nulla con incredibili e macabri massacri che richiamano, quasi con apparente sadismo, un rituale perverso provocato da una Natura impazzita e posseduta dal nutrimento selvaggio di una iridescente forza aliena.
Gli uomini rimasero indecisi davanti alla finestra, mentre la luce del pozzo si faceva più forte e i cavalli impazziti scalciavano e nitrivano per la disperazione. Fu un momento veramente terribile: il terrore che regnava nella casa maledetta, i quattro mostruosi resti umani alloggiati in un capanno lì vicino (i due che erano già in casa più i due ripescati da pozzo), e il fascio di ignota e sacrilega iridescenza che dal pozzo si levava sul cortile.
Il racconto esprime simbolicamente molti aspetti congiunti al terrore cosmico che sono stati analizzati. Il meteorite rappresenta la vitalità cosmica che piomba contro di noi dall’oceanico e inesplorabile universo. La tranquilla fattoria che viene turbata di sorpresa richiama l’ingerenza imprevedibile del caos. L’annientamento fisico del padrone della fattoria, Nahum Gardner, ridotto in un ammasso di carne informe in via di putrefazione, simboleggia la totale impassibilità degli agenti cosmici. Il pozzo incarna l’ignoto e l’inspiegabile e innaturale bagliore colorato che vi emerge sembra essere dotato di una “coscienza e volontà” propria, tanto da apparire ai contadini quasi come una “creatura misteriosa” agli occhi della loro teofania blasfema.
Sono sicuro che è ancora in fondo al pozzo:ho visto con i miei occhi la luce del sole alterarsi, e proprio in corrispondenza della bocca. I contadini dicono che la malattia della terra si estende di un paio di centimetri all’anno, per cui forse anche adesso trova di che nutrirsi e crescere; ma quale sia il demone che si nasconde laggiù, dev’essere trattenuto da qualcosa o si sarebbe diffuso molto più in fretta. E’ avvinto alle radici degli alberi che sembrano artigliare l’aria? Uno dei racconti più frequenti, ad Arkham, riguarda grosse querce che di notte rilucono e cui i rami si agitano come non dovrebbero.
La luce colorata, che alla fine del racconto torna verso il buio sconfinato dell’universo da dove è arrivata, rievoca l’eterno ritorno.
L’opera lovecraftiana manifesta, in genere, una situazione labirintica e aliena che si muove all’interno di una scacchiera cosmica e immanentista, destinata, da un cieco gioco universale, a lasciare dietro solo sporadicamente morti e devastazioni a oltranza ma, assiduamente, stati di alienazione mentale che inabissano l’uomo verso una voragine interiore come in un vuoto abissale, dovuto a un ambiente non più pacifico ma a noi eternamente sconosciuto e, quindi, eternamente nemico proprio a causa della nostra limitata comprensibilità.
Cthulhu e Yog-Sothoth
Il delirante spirito animalesco che insorge ferocemente contro quello apollineo e prometeico del mondo razionale richiama in mente il risveglio dell'istintivo e potente Cthulhu, terribile messaggero di una legge spietata dominata da caos e violenza, che genera un mondo folle e depravato in preda a piacevoli riti orgiastici e crimini sacrificali.
Il culto non sarebbe scomparso finché gli astri non avessero occupato la giusta posizione, dopodiché i criptosacerdoti avrebbero sottratto il grande Cthulhu alla tomba ed Egli avrebbe risvegliato i Suoi sudditi e ripreso il dominio della terra. Sarebbe stato facile riconoscere quel tempo poiché per allora l'umanità si sarebbe comportata come i Grandi Antichi: libera e senza freni, al di là del bene o del male, con leggi e morali gettate da parte, avrebbe passato il suo tempo a bestemmiare, uccidere e ad abbandonarsi al piacere.
In un certo senso è come se Lovecraft ci volesse totalmente disilludere dalla pretesa di vivere in un cosmo benevolo, solo apparentemente sano e razionale, servendosi proprio dell’ “ignoto” come una porta verso il mondo reale in cui «tutto imputridisce e muore, dove nelle cantine buie e nelle soffitte sbarrate di quasi tutte le case strisciano, gemono, saltano e latrano mostri». Una porta che, però, viene custodita da Yog-Sothoth, il temibile guardiano dell’inintelligibile, inteso a rappresentare l’impossibilità psicologica di contemplare il volto della realtà, senza rischiare di morire o di cadere in preda alla pazzia.
Possiamo finalmente concludere l’analisi sostenendo che, per poter esserci terrore cosmico, si deve riuscire a esprimere un certo clima d’arcano e inesplorabile flagello distruttivo in particolari ambienti dominati dall’esistenza, eternamente ripetitiva, di anonime e intangibili forze o presenze diaboliche ultraterrene o anomale, in grado di sorprendere e ingannare con rapidità o intelligenza le nostre difese naturali o conoscenze scientifiche, fino al punto di trascinare la nostra mente nel baratro di un caos senza vie d’uscita. Come ricordano le ultime parole di Nahum: «Non te ne puoi andare… ti attira… sai che qualcosa sta per prenderti e non ci puoi fare niente…»
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