I Barrett sono all'apparenza la classica famigliola americana del New England, tra litigate sporadiche tra adulti e il pensiero di far crescere al meglio le due figlie, le preoccupazioni diventano tormenti quando all'improvviso John, il capofamiglia perde l'occupazione e la figlia quattordicenne Marjorie si ammala. Per gli psichiatri si tratta di schizofrenia, per John – consigliato da padre Wanderly – è possessione. Ma le cure psichiatriche non danno frutti e i soldi sono sempre meno per fronteggiare le ingenti spese. Dunque la famiglia Barrett, stremata dai costi delle terapie, su suggerimento del prete, decide di contattare un regista interessato al caso. Questi riprenderà le varie fasi dell'esorcismo e la quotidiana odissea della famiglia, i filmati saranno usati per un reality show chiamato La Possessione.
Era alta l'aspettativa per questo primo romanzo di Paul Tremblay, pubblicato in Italia grazie a Editrice Nord, che lo scorso anno aveva vinto il Bram Stoker Award e ottenuto una candidatura al World Fantasy Award. Aspettativa che non è stata del tutto soddisfatta. La storia ha uno spunto fin troppo noto, un chiaro omaggio a quel capolavoro che è L'esorcista, diretto dal recentemente scomparso William Peter Blatty, con temperature in picchiata, vomito a fiotti, masturbazione e linguaggio osceno. A differenza del romanzo in questione, in cui l'horror rappresentava una parte predominante, Tremblay propone una sorta di thriller psicologico con una struttura narrativa in gran parte documentaristica e con riferimenti al cinema found footage. L'autore tra le righe sottolinea anche come i mass media enfatizzino il dolore del dramma famigliare, alterandone a lungo andare i ricordi, ai fini di dare in pasto agli utenti un prodotto più disturbante possibile.
L'autore nonostante la curiosità che infonde al lettore nella prima parte del romanzo, si perde troppo nella parte centrale con la futile descrizione della routine quotidiana della piccola e vivace Merry e della visione infantile del suo mondo, per poi risollevarsi nella terza e ultima parte con le rivelazioni finali. I dialoghi spesso risultano sciatti, così come risulta a volte fastidioso e imbarazzante il gergo da blogger adolescente utilizzato dalla protagonista, divenuta giornalista. Le scene clou mancano di mordente, come quella dell'esorcismo che sembra quasi parodiare la scena madre dell'indimenticabile romanzo di Blatty, qui ridotta frettolosamente a poche pagine.
Non tutto è così negativo fortunatamente, l'espediente del racconto sotto forma di blog è comunque apprezzabile e rende credibile la storia narrata mantenendo un buon pathos. Il finale risolleva parzialmente il giudizio sul romanzo, chiarendo alcune situazioni e lasciandone altre aperte a varie interpretazioni da parte del lettore. Paul Tremblay firma un'opera oscura e ambigua, sospesa tra diversi generi letterari, dove l'autore sembra più averla concepita come sceneggiatura per un plot cinematografico, che come romanzo di narrativa.
Tutto sommato un romanzo consigliato per via della struttura snella e scorrevole, ricco di rimandi a opere cinematografiche e letterarie , ma che non si impone come opera imprescindibile da avere nel proprio scaffale.
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