Doom è stato il primo sparatutto in prima persona (fps, first person shooter) a imporsi all’attenzione del pubblico al di fuori degli appassionati di videogiochi e definendo il genere agli inizi degli anni '90 ha dato il via, per imitazione o per concorrenza, a tutti gli fps successivi.
Il gioco venne sviluppato nel 1993 dalla id Software, una piccola di casa di produzione fondata da John Romero, John Carmack e Tom Hall. Negli anni successivi la id ha prodotto, oltre ai seguiti di Doom (Doom 2: Hell on Earth e Final Doom), altri sparatutto di successo quali i vari Quake e Rage.
Nel 2004 sono usciti con Doom 3, reboot della serie, che allontanandosi dalle ormai classiche dinamiche degli sparatutto prendeva un tono da survival horror, con bui corridoi dove stavano in agguato i mostri.
Nel maggio 2016 è stato pubblicato Doom, che ripropone la serie su nuove basi più fedeli allo spirito originale del gioco. La id è stata acquisita dalla Zenimax (proprietaria di The Elder Scrolls, Fallout, Dishonored) nel 2009 e ormai quasi nessuno dei membri originali è presente: tutto il mondo videoludico è quindi stato col fiato sospeso aspettando di vedere che orientamento i nuovi sviluppatori avrebbero dato a questo sacro franchise. In effetti quello che era trapelato in fase di produzione non era incoraggiante: il nuovo Doom sembrava essere un clone di Call of Duty, ma con un multiplayer molto più noioso.
Il risultato è stato invece sorprendente, tanto che il gioco ha ricevuto 18 nomination e ha vinto i premi Best Music/Sound Design e Best Action Game ai Game Awards 2016 e il premio Best Surprise della rivista online Giant Bomb.
L'elemento più interessante del gioco è la sua dinamicità. Si è in continuo movimento, e lo sono anche i nemici, che saltano, corrono, si arrampicano in modo da raggiungere il giocatore. Stare fermi anche un solo istante in questo gioco implica la morte. Non si deve però pensare che sia un correre in cerchio a casaccio. Ogni nemico ha precise caratteristiche: c'è quello che vola, quello lento ma più difficile da uccidere e che fa da ostacolo, quello che richiama altri nemici e così via. La loro combinazione richiede al giocatore di scegliere una precisa strategia nei propri spostamenti, e nelle battaglie da ingaggiare. Non ci sono protezioni dietro le quali proteggersi e sparare, non c'è un sistema di recupero della salute: ci si deve buttare nella mischia e cercare di sopravvivere.
L'istinto è lo strumento migliore per mettere insieme strategia e dinamicità, e la lunga campagna single player aiuta il giocatore a conoscere i vari nemici e le potenzialità delle proprie armi, tanto da rendere spontaneo e fluido il comportamento sul campo di battaglia.
Nel gioco si interpreta il Doom Slayer, un guerriero leggendario appartenente alle Sentinelle della Notte il cui unico scopo nell'esistenza è uccidere i demoni. Quando su Marte viene aperto l'ennesimo portale per le dimensioni infernali, il Doom Slayer viene risvegliato e inizia a combattere i mostri nelle basi della UAC sul pianeta rosso e direttamente all'inferno.
Come ha detto John Carmack, uno dei creatori del primo Doom, "La trama in un videogioco è come la trama in un film porno, ti aspetti che ci sia ma non è così importante". Quest'ultimo Doom segue questa filosofia: si possono recuperare documenti con retroscena su quello che è successo e si assistono a delle proiezioni olografiche di avvenimenti precedenti al proprio arrivo sulla scena, ma sono tutte cose che si possono ignorare per concentrarsi sull'ammazzare i demoni.
Il protagonista è silenzioso e non lo si vede mai in volto. È un avatar completamente privo di caratteristiche, proprio come il protagonista del primo Doom. Ma mentre nel 1993 ci potevano essere limiti tecnici per lasciare la storia fuori dal videogioco, nell'ultimo Doom questa è stata una scelta voluta. Nonostante questo, il gioco ha comunque una sua personalità vivace e irriverente.
I livelli dove è ambientato Doom si dividono tra basi hi-tech della UAC (eterna responsabile di ogni invasione demoniaca) e l’Inferno stesso, visitato a più riprese. I livelli sono densi, variegati e con numerose aree segrete da scoprire. Il level design dà il suo meglio nei livelli infernali, dove la mappa di gioco è situata in un panorama desolato e inquietante ispirato ai dipinti del polacco Zdzisław Beksiński: lande desolate popolate dai cadaveri di gigantesche creature in decomposizione, o rocce volanti e costruzioni abbandonate.
I livelli sono molto ampi con sezioni ben connesse tra di loro ma non riescono a fuggire all'impressione di essere troppo lineari, con il giocatore condotto di corridoio in corridoio.
Molte aree però sono delle piccole arene dalle quali non si può uscire finché non si sono uccisi tutti i nemici presenti. Potrebbe sembrare una dinamica di gioco un po’ pesante e ripetitiva, ma il design delle arene, i nemici usati e la mobilità richiesta tengono sempre il giocatore sull’attenti, e in attesa della battaglia successiva: gameplay e level design si accordano molto bene, anche grazie al forte sviluppo verticale dei livelli che permettono sempre delle vie di fuga dai mostri.
Il motore grafico è l'id Tech 6, evoluzione del numero 5 (utilizzato per la prima volta per Rage) e del quale corregge alcune mancanze, come i problemi con il caricamento delle megatexture e l'uso dell'illuminazione dinamica. È il primo motore grafico realizzato dalla id senza l'aiuto di John Carmack, il genio dietro tutti i loro motori grafici dai tempi del primo Hovertank 3D del 1991 e non delude le aspettative.
Il Doom del 1993 ha dato vita a una comunità molto attiva di modders, ancora oggi capace di sfornare mod interessanti per un gioco vecchio di 24 anni. Uno dei mod che ha avuto più successo e risonanza al di fuori della comunità è stato Brutal Doom, dove tra le varie cose, veniva introdotta anche la possibilità di effettuare Glory Kill sui nemici. L'idea è piaciuta alla id tanto che l'hanno inserita anche nel loro gioco. È infatti possibile uccidere i mostri a mani nude con diverse mosse spettacolari, spaccando il loro cranio o staccandogli parti del corpo con cui picchiarli a morte. Potrebbe sembrare un'aggiunta violenta gratuita, ma risulta divertente e sopratutto non interrompe il flusso di gioco. Ha anche una sua utilità in quanto i nemici uccisi in questa maniera lasciano cadere kit medici e munizioni.
Un'altra concessione ai fan e ai modders è la piattaforma SnapMap che permette di creare nuove mappe e condividerle con altri giocatori, con tanto di punteggi e valutazioni. È un tentativo di ricreare una comunità attorno a questo gioco, proprio come si era creata col primo Doom. Creare mappe per un gioco con un motore grafico dell'ultima generazione è infinitamente più difficile che non crearne una per il Doom del 1993, e infatti SnapMap è basato su strutture prefabbricate che si possono connettere e modificare aggiungendo nemici e logiche di gioco. È ancora presto per dire quanto possa avere successo un simile editor di livelli, e se la id ha intenzione di investirci sopra (magari aggiungendo nel tempo nuovi moduli prefabbricati) o se si tratta solo di un tentativo di imitare il successo del passato. Alla fine questo saranno i creatori di livelli a deciderlo.
Il punto debole del gioco è la sua modalità multiplayer che non gode della brillantezza della campagna single player e che non presenta alcuna novità rispetto ad altri giochi disponibili.
Per concludere, questo Doom soddisfa pienamente le aspettative ed è un degno erede del gioco del 1993.
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