Film del 1946, tratto dal romanzo Dragonwych di Anya Seton, diretto da Joseph L. Mankiewicz che ne firma anche la sceneggiatura.
Trama: Un dispotico aristocratico olandese desidera che la sua stirpe abbia seguito. Non riuscendo però ad avere figli dalla prima moglie, la uccide. Sposa quindi Miranda, ma il figlio che nasce dalla loro unione muore subito dopo. Nicholas, vedendo svanire il sogno di avere un erede, è ormai sull’orlo della pazzia e progetta di avvelenare Miranda.
Perché vederlo: Il castello di Dragonwych, straordinaria opera prima di Mankiewicz, è un film eterogeneo che inizia come una tenera storia d’amore per poi calarsi in un’atmosfera gotica con qualche sfumatura di sovrannaturale, ma è anche noir, thriller e melodramma. Mankiewicz è molto bravo nel rielaborare il romanzo di Anya Seton, eliminando tutto il melodrammatico che appesantisce e rende poco fluido, a tratti addirittura noioso, lo scritto.
Nonostante si tratti di un debutto, la splendida fotografia di Arthur Miller (con la netta diffusione della luce negli interni del castello e il gioco di contrasti che accresce l’ambiguità di Nicholas), la regia impeccabile, la storia equivoca e la cornice inusuale fanno di questo film un’opera tecnicamente perfetta. L’atmosfera asfissiante e grave, avvolge lo spettatore e lo trascina dentro la pellicola perché prenda atto che gli spettri più spaventosi sono quelli che popolano la mente umana.
Il film racconta infatti la lenta e inesorabile discesa agli inferi di Nicholas Van Ryn, decadente aristocratico che assiste al disfacimento del superomismo cui crede di appartenere. Il suo stile di vita e la sua supposta superiorità sono anacronistiche e in quanto tali non possono che logorarsi lentamente, questo innesca un’escalation psicotica che affonda le sue radici in un male ereditario. Vincent Price, qui giovanissimo, è al suo meglio: elegante e spietato come in poche altre interpretazioni. Narcisista, incontentabile, si scontra con un mondo diverso da quello che lui ha pazientemente costruito e a quel punto la pazzia esplode, alimentata da superate convinzioni aristocratiche che si scatenano con più forza proprio nel momento in cui stanno per soccombere.
Gene Tierney è altrettanto sublime nel suo ruolo di donna timorata di Dio e ingenua, e riesce senza difficoltà a tener testa alla mastodontica interpretazione di Price.
I due attori, che si ritrovano a recitare insieme a due anni di distanza da Vertigine di Otto Preminger, danzano una danza distruttiva, in continuo equilibrio tra l’amore e l’odio.
Anche i personaggi marginali sono preziosi per definire la personalità di Nicholas e per alimentare la curiosità nei suo confronti: la domestica Magda cala un velo di mistero sul castello raccontando di antiche leggende, la cameriera claudicante serve ad acuire la repulsione di Nicholas verso tutto ciò che non combacia con la sua idea di perfezione.
Il castello di Dragonwych è un ottimo esempio di dramma gotico, purtroppo non conosciuto quanto meriterebbe.
Curiosità: In origine, il finale prevedeva che Nicholas morisse nell’incendio. La produzione ordinò invece che la sequenza fosse cambiata per non suggerire l’idea che l’uomo avesse voluto suicidarsi per sfuggire alla giustizia.
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