I racconti di Antonio Piras sono visioni, frammenti di altrove, poemi in prosa di raro esotismo. Questo Signore dei pioppi che si spezzano al vento è pervaso da tenebre che sembrano uscite dalle pagine di H.P. Lovecraft o C.A. Smith, e da una vena di crudeltà quasi sadiana che rende ancor più suggestivo il suo andamento rapsodico. Non è un prodotto "alla moda", e questa è certamente la sua peculiarità più lampante: si tratta di un racconto che meriterebbe di essere stampato su carta vecchia e ruvida, profumata di muffa, una rarità weird che andrebbe letta con l'attenzione riservata a un testo esoterico (cosa che in fondo è, con tutto ciò a cui sa alludere) e che varrebbe la pena di gustare attentamente, al pari di un vino pregiato. Si tratta, insomma, di horror di altissima qualità che potrebbe essere definito - a volerlo fare - gotico, romantico o decadente, e quindi un'opera che fonda la sua straordinaria architettura sui tre pilastri della narrativa horror: quella carne, quella morte e quel diavolo di cui parlava Mario Praz.

E', anche e soprattutto per queste radici nobili ma onestamente fantastiche, un racconto che siamo fieri di pubblicare.

(IT)