HorrorMagazine prosegue il suo viaggio nell’underground cinematografico italiano incontrando Ivan Zuccon, uno dei nomi di spicco tra i registi emergenti del nostro paese. Nonostante la giovane età, è poco più che trentenne, Ivan ha alle spalle oltre dieci anni d’esperienza nel campo, e una produzione di cortometraggi e lungometraggi notevole. Le opere prodotte dal suo Studio Interzona sono spesso distribuite in numerosi paesi stranieri e proiettate in festival e rassegne varie.
Ho avuto il piacere di conoscerlo di persona durante l’ultimo Tirrenia Film Festival, dove sono stati proiettati, tra gli apprezzamenti del pubblico, tre tra i suoi cortometraggi più controversi e politically uncorrect.
[HorrorMagazine]: Quando hai capito che "volevi essere regista"? È una decisione legata forse a qualche film in particolare?
[Ivan Zuccon]: Non c'è un momento preciso, ma è sicuramente legato a un film molto importante per me. Il film è 1997: Fuga da New York di Jonh Carpenter, lo vidi quando ero ancora un bambino, al cinema insieme ai miei genitori, e ricordo che fu un'esperienza particolare per me. Da piccolo ero molto pauroso e ricordo che le atomosfere di quel film m'impressionarono abbastanza. Nonostante ciò non riuscivo a fare a meno di guardare quel film meraviglioso e affascinante. Solo molto più avanti mi avvicinai al genere horror, prima attraverso la letteratura (Poe, Lovecraft, Bierce) e successivamente con il cinema. E i film di Carpenter ritornarono in gioco insieme a Sam Raimi e a Mario Bava.
[HM]: Raccontaci del tuo percorso formativo: come si diventa registi in Italia?
[IZ]: Io ho iniziato come montatore, mestiere che faccio tutt'ora poichè con i miei film ancora non riesco a vivere. Molto lentamente sono riuscito a entrare nel settore cine-televisivo e attualmente sono montatore per la Duea Film di Pupi Avati e per l'emittente televisiva Sat2000 di cui Avati è il Direttore Artistico. La passione per il cinema mi ha spinto a metà degli anni novanta a cimentarmi con i primi cortometraggi e come genere ho scelto l'horror, per il semplice fatto che a livello tecnico mi consentivano di sperimentare e osare un po' di più.
Per rispondere alla tua domanda ti dico che l'unico modo per diventare registi è quello di girare dei film, corti o lunghi che siano, e di studiare in modo approfondito la tecnica e il linguaggio cinematografico.
[HM]: Quali sono state le esperienze passate che ti sono più servite a livello "tecnico"?
[IZ]: Sicuramente l'incontro e la lunga collaborazione (che continua tutt'ora) con Cesare Bastelli, direttore della fotografia di Pupi Avati. Cesare mi ha insegnato moltissimo e lavorare con lui non solo mi ha fatto crescere come persona ma ha anche incrementato enormemente il mio bagaglio di esperienze.
[HM]: E a livello "di opportunità"?
[IZ]: L'opportunità più grande venne nel 2001 dagli Stati Uniti, quando la casa di produzione Prescription Films mi contattò per dirmi che dopo aver visionato la versione corta de L'Altrove (The Darkness Beyond), voleva commissionarmi la sua estensione a lungometraggio. E successivamente la favolosa avventura (sempre con la Prescription) al Market del Festival di Cannes nello stesso anno. Ricordo quel periodo come uno dei migliori della mia vita, i ragazzi della Prescription Films erano molto in gamba e riuscirono a piazzare molto bene il film, in particolare nei mercati asiatici.
[HM]: Negli States il modo più veloce di approdare a una produzione importante pare sia quello di dirigere i videoclip di qualche artista famoso. E in Italia? Ha senso "farsi le ossa" con i cortometraggi? C'è "mercato" e pubblico per questo genere di prodotti?
[IZ]: Certo, ha senso farsi le ossa con i cortometraggi, perchè l'unico modo per imparare questo mestiere è praticarlo. Ma non basta, occorre andare sui set "veri" e imparare dai veri professionisti. Si apprendono così tanti trucchetti, si acquisisce un bagaglio di esperienze che non ha prezzo.
Per quel che concerne il mercato italiano il discorso è più complicato. Diciamo che il pubblico ci sarebbe, ma il mercato no. Il problema maggiore che un giovane regista-produttore oggi incontra è quello della distribuzione del prodotto: la cosa più difficile in Italia è penetrare nel mercato e scavare al suo interno una piccola nicchia.
[HM]: Tutti i tuoi lungometraggi hanno a che fare con la narrativa di H.P. Lovecraft: ci parli del tuo amore per quest'autore? Cosa ti ha spinto a questa scelta "monotematica"?
[IZ]: Nutro un grande amore per Lovecraft, ma il fatto che nei miei film ci sia molto delle sue idee è, almeno all'inizio, un po' casuale.
Stavo scrivendo la sceneggiatura de L'Altrove (il cortometraggio), che inizialmente era un film di guerra con alcuni elementi soprannaturali, e ricordo che durante la stesura mi bloccai. Non riuscivo più ad andare avanti con la storia, ero al "classico" un punto morto. Poi lessi alcuni racconti di Lovecraft (che già conoscevo) e mi venne l'idea di introdurre il Necronomicon nella storia.
Da allora ho approfondito molto quest'autore e lo considero molto di più di uno scritore "di genere". È un creatore di universi, un sognatore. A volte mi identifico molto in lui quando nelle sue lettere afferma di sentirsi come un essere estraneo a questo mondo, aspetto che appare evidente anche in molti suoi racconti, come per esempio ne La maschera di Innsmouth.
[HM]: I tuoi film sono distribuiti in numerosi paesi esteri, ma non in Italia: perché? Il mercato italiano è così poco interessato a produzioni nostrane horror? Come si esce da una situazione paradossale come questa?
[IZ]: In parte ho già risposto a questa domanda. Il pubblico ci sarebbe per film di genere horror nostrani, quello che manca è qualche distributore coraggioso che aiuti questi nuovi autori a farli entrare nel mercato.
I miei films sono distribuiti praticamente ovunque tranne in Italia. Credo comunque che le cose dovrebbero cambiare in breve tempo, la PFA FILMS farà uscire in dvd La Casa Sfuggita in tutte le videoteche d'Italia entro il 2005.
[HM]: Ripensando ai primi tre tuoi lungometraggi: quali pensi siano i loro punti di forza? E quali le debolezze?
[IZ]: Difficile rispondere. Essere autore di film è un po' come essere genitori, si tende a idealizzare la propria creatura e cercare di vedere sempre i lati positivi e di far finta di non vederne i lati negativi. Occorre però essere obiettivi se si vuole crescere e maturare, e quindi una buona analisi critica del proprio lavoro è opportuna. Ti posso dire con tutta sincerità che l'unico film di cui sono veramente soddisfatto è La Casa Sfuggita (The Shunned House), non solo perchè è l'ultimo, ma anche perchè è il film dove finalmente mi ritrovo come autore. Nel suo interno c'è la mia dimensione, c'è il mondo che amo creare quando racconto un storia per immagini. Il suo punto di forza è la struttura "a incastro" e la sua non linearità, che però ne fanno anche il suo punto debole, poichè non tutti gli spettatori sono pronti a seguire una storia articolata e non lineare. È stato divertente e appassionante lavorare sui salti temporali, sugli attacchi di scena per fondere nelle stesse inquadarture, in un movimento di macchina da presa, le varie epoche del film.
Degli altri due posso dire che sono pieni di difetti perchè opere giovanili e quindi un po' acerbe, ma che questa caratteristica conferisce anche una genuinità e una forza che solo le opere giovanili hanno.
[HM]: In primavera inizieranno le riprese del tuo nuovo film (di cui abbiamo parlato sul nostro magazine qualche settimana fa). In quali parti della sua lavorazione sei coinvolto in primissima persona? Di fatto COSA significa essere regista?
[IZ]: Essere regista significa essere coinvolto in tutte le parti della lavorazione di un film. Non c'è elemento che il regista deve trascurare e che non deve affrontare in prima persona. Tutto deve esere filtrato attraverso la sua visione. È chiaro poi che occorre avvalersi di validi collaboratori e sfruttare al massimo il loro talento per portare il prodotto finale al livello più alto possibile.
[HM]: Come lavori insieme allo sceneggiatore di turno?
[IZ]: Solitamente molto bene. Io fornisco quasi sempre lo spunto inziale, l'idea, l'embrione del soggetto, poi faccio sviluppare la trama dallo sceneggiatore e successivamente si passa alla stesura dello script vero e proprio.
Io trovo molto faticoso scrivere, mi trovo molto più a mio agio dietro la macchina da presa, o davanti alla moviola durante il montaggio, piuttosto che davanti alla macchina da scrivere, quindi delego la stesura dello script allo sceneggiatore. Questo però non vuol dire assolutamente che mi disinteresso della cosa, tutt'altro. Solitamente lo sceneggiatore scrive un po' di pagine e poi me le sottopone. Io leggo e faccio le dovute osservazioni dando consigli e indirizzando lo sceneggiatore verso il mio tipo di visione.
Ultimamente sono al lavoro con Ivo Gazzarrini, Enrico Saletti e Francesco Cortonesi. Saletti è il mio sceneggiatore "storico", ha scritto il seguito de L'Altrove (Unknown Beyond) e co-sceneggiato La Casa Sfuggita. Ha molto talento ed è una persona che stimo moltissimo. Attualmente è al lavoro su varie idee tra le quali spicca l'adattamento de Lo strano caso del Dottot Charles Dexter Ward di Lovecraft.
Con Francesco Cortonesi è partita da poco una collaborazione e stiamo scrivendo assieme una sceneggiatura dal titolo Le scarpe dei morti. Ho letto i suoi racconti e li ho trovati molto belli, sono contento di questa nostra collaborazione e speriamo dia buoni frutti.
Infine Ivo Gazzarrini è l'autore insieme a me dello script del mio prossimo film, Il Colore del male (Colour From the Dark). Ivo è una persona speciale con la quale mi trovo molto a mio agio durante il lavoro di stesura di uno script. La nostra collaborazione è stata quasi casuale ed è cominciata per gioco quando io chiesi a lui se mi spediva una copia del suo libro in cambio di una copia dvd de La Casa Sfuggita. Fatto lo scambio lessi i suoi racconti e mi accorsi che la sua scrittura era molto cinematograftca e poco letteraria, dote ideale per uno sceneggiatore. Gli chiesi se voleva scrivere con me l'adattamento de Il Colore venuto dallo spazio di Lovecraft e lui ne fu entusiasta.
Credo e spero che collaboreremo ancora in futuro.
[HM]: Chi ha l'ultima parola sul tuo lavoro?
[IZ]: Fino a ora io. Anche perchè ero anche produttore quindi godevo di enorme libertà creativa, controbilanciata però da una scarsità di soldi che alla lunga diviene pesante.
In futuro non si sa. Il mio prossimo film sarà prodotto dalla PFA FILMS, per cui in qualche modo le nostre idee e opinioni dovranno inevitabilmente scontrarsi per poter dare luce alla visione di entrambi. La cosa però non mi preoccupa, ritengo di essere una persona dalla mentalità aperta a cui piace ascoltare anche le opinioni altrui. Il confronto non mi spaventa, anzi, potrebbe essere anche costruttivo. Credo comunque che nella veste sia di regista che di co-sceneggiatore, e quindi autore, del film, la mia opinione e la mia visione di come il film debba essere siano molto importanti.
[HM]: Cosa ti aspetti da questa nuova fatica?
[IZ]: Le aspettative sono tante, diciamo però che è meglio tenere un basso profilo quindi ti dico solo che spero solamente di fare un buon film dell'orrore.
Il fatto stesso di poter realizzare questo film è per me motivo di grande soddisfazione. Le riprese di questo film dovevano infatti iniziare l'anno scorso, in primavera del 2004. La produzione era Canadese e tutto sembrava procedere per il verso giusto, quando improvvisamente i produttori si sono tirati inidetro lasciandoci a piedi a pochi giorni dall'inizio delle riprese. È stato un duro colpo che ci ha costretti a ricominciare tutto daccapo. Adesso finalmente il tutto sembra essersi sbloccato, i Canadesi li abbiamo liquidati e la produzione è passata alla PFA FILMS di Roma. Tutto sembra filare liscio e le riprese dovrebbero partire verso metà Maggio.
[HM]: Nel ringraziare Ivan per il tempo concesso ricordiamo ai nostri lettori che possono consultare qui le pagine ufficiali dedicate all'imminente Il Colore del Male.
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