Capita di rado di incontrare persone nel settore del cinema horror che abbiano idee chiare e adeguata preparazione in campo teorico nei confronti del nostro genere preferito. Troppo spesso il campo è saturo di mestieranti (magari anche bravi, non discutiamo) che girano un film horror come potrebbero girare una commedia romantica o un western, senza nessuna passione per i temi trattati e con un approccio freddo e di routine.
Così non accade per Mariano Equizzi, classe 1970, fresco reduce dall’esperienza con The Mark, una co-produzione italo spagnola che vede lo zampino della Filmax, la casa dietro film come Darkness o Romasanta. Sono entrato in contatto con Mariano in modo piuttosto casuale e telefonata dopo telefonata mi sono accorto della passione che anima questo regista che conosce a menadito i meccanismi di certe stagioni fortunate (e irripetibili?) del cinema italiano di genere.
Figuratevi quindi il mio imbarazzo quando, a seguito della visione di The Mark mi sono trovato con le spalle al muro. La politica di HorrorMagazine è improntata a una forte militanza e alla più spietata onestà intellettuale e il film a mio modo di vedere ha parecchie cose che non funzionano: cosa fare? Dire la verità al regista e rischiare di essere mandato a quel paese oppure scrivere una recensione nebulosa, incerta nel giudizio, accomodante, all’insegna del “volemose bene”?
In realtà il dubbio che vi ho descritto non esiste nemmeno in quanto a costo di farmi un esercito di nemici cercherò sempre di dire quello che penso senza badare a possibili alleanze, future collaborazioni o favori sui quali poi vantare un credito. Immaginatevi quindi la sorpresa quando confesso a Mariano il mio imbarazzo di fronte a certi aspetti del film e lui reagisce come ho visto fare a ben pochi artisti, confessandomi una condivisione del mio giudizio e raccontandomi per filo e per segno disavventure ed esperienze sul set.
Da queste conversazioni è nata in me la convinzione di avere a disposizione la rara occasione per illustrare tramite testimonianza diretta come nasce un film horror in Italia. The Mark, nel bene e nel male, rappresenta un tentativo pressoché unico nella storia cinematografica recente del nostro Paese: le odierne escursioni italiane nel campo dell'horror si riducono a esperimenti di contaminazione, vuoi con il serial killer movie a tinte sociopolitiche (Evilenko di David Grieco) oppure con il thriller d'indagine (Occhi di Cristallo di Eros Puglielli) quando non con la satira sociale tout court (l'ultimo Alex Infascelli). Ecco quindi che The Mark, con la sua vicenda di un fantasma vendicativo che marchia le future vittime come un cow boy il suo bestiame, contiene un dato soprannaturale molto forte e si pone su un piano diverso rispetto alle opere citate.
Secondo chi vi scrive il lungometraggio nasce male, sull'impalcatura sbilenca di una sceneggiatura priva di ogni attrattiva, un delirante pastiche che mischia temi e generi senza approdare a nulla, che oscilla fra il fumetto e il trattatello di filosofia orientale, uno script che mette in bocca ai suoi personaggi bidimensionali frasi che non sentirete mai pronunciare da nessun ragazzo e che dimostra scarsa conoscenza dei meccanismi e della sintassi della paura.
Lo scheletro della storia è quello di una ragazza che, vittima di violenza collettiva, muore uccisa da uno dei tre stupratori. Tornerà come vendicativa banshee a reclamare la vita di chiunque faccia l'amore con lei. Il protagonista, caduto vittima del desiderio, cercherà di uccidere i tre stupratori per dare allo spirito la sua vendetta e scampare così al destino.
Niente di nuovo sotto il sole ma il soggetto offre comunque sufficienti spunti per una trattazione interessante in sede di script, cosa che non è successa e il film arranca fra personaggi implausibili (le bande? In Italia? Ma andiamo...), scene di chiara derivazione fumettesca e una tragica assenza di mistero, orrore e azione. Aggiungete a questo alcuni attori non esattamente convinti dei loro ruoli, fondi limitati, tempi stretti e comincerete a comprendere alcuni dei motivi dietro l'insufficiente risultato finale.
Equizzi ha accettato il progetto a scatola chiusa, senza potere decisionale su nessun aspetto produttivo e autorità in fase di montaggio, condizioni che impedirebbero ad autori ben più affermati qualsiasi tipo di personalizzazione della materia trattata. E’ una cosa che avviene spesso nel mondo del cinema e della quale bisognerebbe sempre tenere conto prima di dare giudizi lapidari e definitivi su certi registi. E’ per lo stesso motivo che sono convinto che i vari autori italiani sopraccitati avranno modo, se lasciati più liberi dalla produzione e dalle sceneggiature, di creare nuovi capitoli horror di maggiore efficacia in quanto non manca certo loro una buona dose di inventiva, stile e mestiere. Di questo e di altro abbiamo parlato con il trentaquattrenne regista siciliano...
HM: Cominciamo con il classico profilo biografico per chi fra i nostri lettori non ti conosce. Esperienze passate, formazione e amenità varie.
ME: Sono nato nel 1970, dopo Legge ho frequentato la scuola nazionale di cinema a Roma (ex Centro Sperimentale) come produttore e contemporaneamente ero aiuto di Michele Soavi. Già ero immerso nelle lavorazioni digitali per Syrena, il mio primo Cyberpunk video che avrebbe visto la luce alla fine del 1998.
Poi sia il Fandom che il Festival della SF di Trieste mi hanno aiutato ad andare avanti fino a che ho lavorato a contenuti web e wireless. Si arriva al 2002, il salto con Vendetta-RACHE tratto dai libri di Valerio Evangelisti e immediatamente dopo The Mark.
HM: Come sei giunto a The Mark? Come nascono questi progetti? Una sceneggiatura vaga per le scrivanie dei vari producer fino a quando non ottiene credito o che cosa?
ME : The Mark (TM d’ora in poi) nasce da una serie di intrecci di conoscenze che partono da un bravo attore, Adelmo Togliani ed una direttrice della fotografia, Roberta Allegrini, che conosceva Maurizio Mattei, un producer che ha fatto più di 90 film di genere nella sua articolata carriera.
E’ stato organizzatore di Zombi 2, di Quella villa in fondo al parco e di una quantità abnorme di action 70’-80’ di Umberto Lenzi.
Adelmo presenta ad Andrea Materia Roberta Allegrini e questa lo presenta a Mattei e a Mancori, il produttore di maggioranza della pellicola con la Jinko Film.
Materia presenta svariate sceneggiature, viene scelta TM.
Io fino a questo punto stavo preparandomi a fare Vendetta a Trieste ed ero assolutamente al di fuori da questo giro di presentazioni.
Conoscevo solo Andrea Materia, che allora voleva fare il produttore, essendo uno dei maggiori analisti di media sulla piazza, non voleva fare lo sceneggiatore, né tanto meno il regista a quanto ne sapevo io.
Mattei aveva lavorato per parecchi film con Massimo Vigliar, della Surf Film e quindi portò il progetto a Massimo, che lo varò alla fine di maggio dopo che ebbe un sì da un suo lettore.
Io fui chiamato dallo sceneggiatore perché un regista precedente non fu accettato da Mattei.
HM: Quali erano le condizioni quando hai accettato di dirigere il film? Quanto tempo è passato dalla tua prima lettura dello script al primo ciak?
ME: Io accettai perché sapevo da Brian Yuzna che l’unico desk italiano della Filmax era la Surf.
Non avevo forza contrattuale sullo script, sul cast e sul montaggio, né purtroppo sulla musica, potei avere con me Paolo Bigazzi per gli effetti speciali sonori, ma il missaggio finale non lo controllavo comunque.
Mossi ad Andrea delle riserve sullo script, ma sia lui che Mancori mi fecero notare che le mie condizioni contrattuali esulavano dall’intervenire sullo script.
Alla fine riuscii a convincerli a mandare quantomeno la sceneggiatura al dipartimento sviluppo della Filmax, dove conoscevo Alberto Marini (sceneggiatore di Romasanta).
Lo stage del doppiaggio fu completamente controllato dalla Universal a Milano.
Dalla prima lettura al primo ciak….: tre settimane.
Fatto sta che l’analisi degli spagnoli arrivò all’inizio della seconda settimana di riprese ; Andrea poté intervenire, anche se non come avrei voluto.
Tendo a essere estremo e lo script non lo era per i miei gusti, io, per esempio, volevo una scena di cannibalismo per fare sparire il corpo di Serena, mi guardarono inorriditi.
Troppo poco tempo di sviluppo a mio giudizio in ogni caso.
HM: Hai potuto imporre qualcosa durante lo shooting?
ME: Ho potuto cambiare il breakdown shooting (divisione in shot delle scene) delle scene di azione e di assassinio, e ho potuto aggiungere le scene acquee e gli shot girati a 12 fotogrammi/secondo con la luce stroboscopica, quelle che si chiamano shock cuts.
Ho proposto che il fantasma fosse complice dei delitti e poi ho potuto inserire il doppio, che non era previsto, il liquido nero e una parca che appare nel film in certi momenti.
Tutte faccende visive e in ogni caso non avevo il director’s cut, quindi l’inserimento di queste era a buon cuore del montatore e anche il missaggio con la musica e gli effetti era al di fuori del mio controllo.
Tutto molto USA, ma i tecnici lì fanno 30 horror l’anno! Non 30 in 50 anni.
HM: Trovo molto buona l'idea di uno spirito ora immateriale ora materiale, ci sono alcune scene nelle quali esso interviene materialmente per aiutare l'esecuzione dei vari omicidi. Quali sono stati i particolari che hanno creato maggiori difficoltà durante le riprese?
ME: Il tempo, avevo solo 3 settimane di 5 giorni l’una, più, al massimo, due giorni della quarta settimana.
Il piano di lavoro era massacrante anche perché spesso dovevamo spostarci dentro Roma e si passava il tempo in mezzo al traffico.
Un giorno dissi ad Andrea che su certe scene non avevo il tempo di fare dire le battute agli attori.
Nelle scene di azione poi avevo un operatore alla macchina poco propenso a fare quello che normalmente mi accollo quando alla macchina sto io, per cui tendeva a stare lontano dalle lame delle armi.
HM: Il film ha avuto il divieto ai minori di 18 anni, evento più unico che raro nella storia recente dell'horror. Ci puoi spiegare secondo te perché ciò è avvenuto?
ME: Mi è stato riferito che la commissione dei genitori era arrabbiata sul serio, lo ha ritenuto immorale e antieducativo.
Dovete capire che agli Italiani non si permettono le stesse cose che si permettono agli stranieri.
Io sono restato sorpreso in un primo momento, poi mi sono ricordato di alcune cosette che erano presenti nel film :
1 un prete con un passato burrascoso (troppo burrascoso).
2 si parla di minori che ammazzano barboni e organizzano omicidi in serie.
3 la prima scena vede un relazione lesbo e lo scenografo non si è accorto che sullo sfondo in quell’aula c’era un crocefisso.
4 si parla di gravidanze fra minori.
Quanto meno sono riuscito a capire i perché...
Obbiettivamente la scena dello stupro è fortina.
HM: Senza peli sulla lingua: quanto viene a costare un film come The Mark? E quante settimane di lavoro dalla pre alla post produzione?
ME: 250.000 euro oneri sociali inclusi, le tasse sulle paghe nel cinema sono il 20% e passa del budget, il fatto che non ci sia un sistema di rimborso attraverso le tasse societarie rende il cinema normale (quello non assistito dalla TV) veramente difficile in questo paese.
In UK hanno istituito un tax shelter per il cinema connesso con le lotterie (28 giorni dopo ha goduto di questo scenario).
Nel caso di TM le settimane di preparazione erano davvero poche, soprattutto dal punto di vista del lavoro sullo script.
Mattei è un grande, poteva anche avere meno tempo per l’organizzazione, ce l’avrebbe fatta.
In termini precisi, sono arrivato a Roma il 15 giugno a cast chiuso, ho scelto solo 2 o tre ruoli di contorno (il prete, l’insegnate, Serena e Serena doppio, la Gatelli) e giravo già i primi di Agosto.
HM: Come è stato recepito il film? Che tipo di vita media fra noleggio e vendita ha un dvd del genere? Che incassi vi aspettate?
ME: Devo dire che il pubblico inteso come pubblico generico lo ha recepito bene.
Fra il noleggio e la vendita prima c’era uno spazio temporale adesso è sostanzialmente contemporaneo, ma prima che arrivino le copie passa tempo.
La cosa che mi ha più sconcertato è che in ogni città Blockbuster ha un solo magazzino, ma i film non sono divisi equamente.
Comunque essere distribuiti dalla Universal è stato un grosso successo a primo film, in Italia soprattutto.
Sugli incassi: chi può dirlo o meglio, chi mai lo saprà?
I produttori tengono i registi lontani da queste cose, anche perché in tal modo evitano litigi inutili, a me consta che quando chiedo ai noleggi come va dicono che non si aspettavano questa curiosità su un film horror italiano.
HM: Come ti sei trovato a lavorare con gli spagnoli?
ME: Li avrei voluti più vicini. Noi siamo come loro 10 anni fa, quando hanno cominciato, grazie al coraggio di Julio Fernandez e al cervello di Brian Yuzna a fare horror. Hanno avuto e hanno i loro alti e bassi, ma il cinema è questo.
Mi hanno dato il privilegio di lavorare con Raquel Merono, che da loro è una stella rispettatissima e vi dico che è davvero eccezionale.
Resta il fatto che molte cose sarebbero andate diversamente con un consulente loro più presente.
HM: A prescindere dai soliti discorsi sullo strapotere della commedia all'italiana o dei film sui trentenni in crisi, quali credi che siano i reali problemi del far cinema in Italia? Come si è arrivati alla scena attuale dopo Bava, Fulci, Argento e company?
ME: Strapotere? Su 10 commedie ne incassano bene solo 2, è una balla netta, il pubblico vede di tutto e va al cinema non certo per vedere pagando comici che vede gratis in tv.
La tv ha azzerato il mercato horror Italiano.
Vi ricordate quando passarono nelle nostre città i cavi blu? Quei mazzi di cavi che spuntavano vicino ad ogni portineria e che sono ancora là, sepolti?
Bene, quelli dovevano salvare il cinema horror e di genere.
Anche in USA il cinema Horror non va nella televisione free to air, va nel cavo.
Ti abboni e paghi per vedere e questo dagli anni 80’.
Avremmo avuto un sistema televisivo via cavo che avrebbe permesso all’industria del cinema di genere di risorgere in un breve tempo e soprattutto di risorgere dopo poco tempo.
La morte del cinema di genere è della fine degli anni 80’, il passaggio dei cavi blu per la tv via cavo è della seconda metà dei 90’.
Ma questa cosa non la voleva nessuno, la promessa di un cinema per la tv senza grattacapi pericolosi e senza un ammodernamento tecnologico pesante era una prospettiva che allettava tutti, anche i produttori di cinema di genere che ormai si sarebbero dovuti complicare la vita alla grande appresso alle innovazioni digitali che in america partorivano mostri come T2.
Inoltre il "made for Blockbuster" ha permesso anche a Romero di continuare a fare cinema nei momenti più bui e ne ha avuti.
Ma da noi Blockbuster non ha il potere del blockbuster americano, non è indipendente, né tanto meno può sottrarre spazio alle majors nei suoi scaffali.
Quando è entrato Berlusconi nei media si è fatta qualcosa, i film TV che fecero Bava e Margheriti negli anni 80’-90’ ve li ricordate?
Ma erano troppo poveri rispetto ad una offerta artisticamente e tecnologicamente abissale rispetto a quella americana e in seguito nipponica.
Oggi le stesse società di distribuzione e produzione, Medusa su tutte, prendono il cinema di genere dall’america e dall’oriente, il resto dall’Italia.
In Francia prima di Besson, Beneix e Carax ci fu una guerra mossa da le Cahiers du Cinema contro la tv che finiva per influenzare male il contenuto del cinema, una guerra che fu vinta malgrado tutto e che ha dato lo spazio per far crescere autori come Jeunet.
Da noi tranne DUEL, diretta da Gianni Canova, non c’è stato nessuno che ha mosso un dito contro la fictionalizzazione del cinema, si sono adeguati anche i migliori (Argento e Soavi).
HM: E la situazione in Spagna? La Filmax ha incassato parecchio con Darkness negli USA...
ME: Lo hanno agganciato al coming soon di Fragile con Callista Flockart ( tv star di prima grandezza in USA ), operazione perfetta.
Non tutti i progetti FILMAX sono andati bene, hanno raccolto una grande quantità di problemi in questi anni (El Cid, Pinocchio 3000, Second Name), hanno cominciato a chiedere tantissimo per i diritti cinema nei mercati, lo spazio di concorrenzialità lo hanno perso.
Ormai però l’ingranaggio funziona, il marchio è assicurato.
Ma quanti miliardi sono stati venture capital? Quanto rischio è stato corso?
Julio Fernandez è davvero un numero uno.
In USA distribuiscono attraverso la Dimension Film, che è una garanzia per il pubblico americano.
HM: Inevitabilmente mi trovo a chiederti qualcosa sui tuoi progetti futuri. C'è qualcosa all'orizzonte? Produzioni italiane o estere? Avrai maggiore controllo su parte del film?
ME: Per ora sono concentrato su diversi progetti horror. Soprattutto devo completare Vendetta il cui script è di Valerio Evangelisti, sto lottando per avere una distribuzione degna del suo nome, Massimo Vigliar mi aiuta come coproduttore, ma cerco una distribuzione che garantisca al film spazio e lancio adeguati.
Il film ha un look molto indie, ritmo serrato e sporchissimo, il genere in cui mi trovo meglio.
Su Vendetta ho avuto un controllo completo, intendendo per controllo completo: lavorare con persone che ti aiutano a fare meglio e riconoscergli questo in modo appropriato.
Nel mio caso in specie: Luca Liggio, Paolo Bigazzi, e il direttivo di Cappella di Trieste.
HM: Sinceramente... Sei ottimista per il futuro dell'horror in Italia? Pensi che si esaurirà certa vena thriller per tornare al gotico, al weird, al soprannaturale? Hai qualcosa da consigliare a tutti quei registi di cortometraggi e mediometraggi che cercano di creare qualcosa? Che impatto si devono aspettare, se mai ci sarà, con il mondo professionale?
ME: Vado con ordine.
Non sono ottimista, da noi il cinema è troppo controllato da diritti televisivi free to air, la televisione generalista non può metabolizzare horror. Ponete mente agli ultimi horror di maggior successo, Non aprite quella porta remake, La Casa dei mille corpi, Dawn of the dead e altri.
Provate a immaginarveli in TV alle 20 e 45. Non siete d’accordo con me?
La speranza è che Sky e Studio Universal possano avere spazi di manovra definiti dagli abbonamenti ai loro servizi, e possano concretamente intervenire nel cinema.
Thriller…., dice Lippi che quando non si sa che è si dice thriller ;)
Personalmente non sono un fanatico del thriller, che ha bisogno di star di calibro maximo per funzionare e questo Hitchcock lo sapeva benissimo, noi italiani no.
Il thriller in tv funziona, ma deve essere all’acqua di rose e poi in tv è tutto gratis quindi l’assimilazione è più facile.
Ergo la vena weird dovrebbe riemergere se quanto meno crediamo di sapere scopiazzare a basso costo le cose degli americani ; adagio a cui non credo, ritengo il pubblico sempre molto più intelligente di chi ha queste pensate.
Ai registi di corti e simili vorrei raccomandare di fare aderire il contenuto al contenitore digitale con cui tutti ormai lavoriamo; il minidv è non solo un mezzo ma anche un contenuto.
E’ inutile far finta di fare cinema, bisogna trovare altre strade più coerenti con le peculiarità del mezzo.
L’impatto professionale sarà terribile, bisogna fare una scuola, per forza, se m’immagino senza il bagaglio di conoscenze e comportamenti che mi ha dato il Centro Sperimentale, credo che non avrei la forza di alzare il telefono.
E’ un mondo dove conta moltissimo la conoscenza di regole non scritte e che nessuno ti insegna e se non le sai una volta lavori, la seconda no e la terza manco.
HM: Qualche particolare divertente o tragico accaduto durante la lavorazione? Hai qualche storiella da raccontare?
ME: C’è una parola all’interno di una battuta che è intraducibile anche in Inglese: Doppelganger.
E’ un concetto tedesco ripreso da Goethe, è il doppio oscuro che c’è in ognuno di noi.
Credo che Materia lo avesse tirato fuori da un fumetto, il termine non era OT, purtroppo nessuno degli attori aveva intenzione di dirla questa battuta, gli Inglesi sono estremamente suscettibili al suono delle battute.
Sfido inoltre chiunque a chiedere in giro che cosa sia il Doppelganger e avere una risposta coerente ed educata (tranne Mongini che ricorderebbe il celebre film di Fantascienza ).
Alla fine mi costrinsero a girare due take, una con e una senza Doppelganger.
E’ ovvio che tutti gli attori anglofoni da quel momento in poi chiamarono Materia "Mister Doppelganger".
HM: Vuoi aggiungere qualcosa sia su The Mark che sulla scena in genere, su internet e/o sulle riviste specializzate in Italia? Sfogati pure, non siamo soliti censurare alcunché...
ME: Quando si fa un film distribuito in modo professionale tutti dicono tutto e il contrario di tutto.
Questo è il gioco e il miglior modo per non perdere è non giocare.
Le sfide sono il pane della mia vita, non mi sarei messo in testa di fare genere in un paese devastato dalla fiction-gratis se non avessi desiderio di avventura.
Spero anche che chi scrive abbia sempre idea di cosa ci stia dietro e di come, per esempio, si leggano i titoli di testa e di coda di un film, quelli più di ogni aneddoto e segreto produttivo ci spiegano i rapporti di forza all’interno di un progetto, chi ha comandato e chi per ragioni legali non lo poteva fare.
Se non si è imparato almeno questo, forse è il caso di trattenere la penna e chiedere consiglio prima di gettarsi in sfoghi esagitati che non fanno bene a nessuno e che non portano a nulla.
Credo fermamente che la critica abbia un ruolo costruttivo di primaria importanza, specialmente per un genere che ri-muove i passi in un paese come il nostro, in cui sono sparite anche le maestranze tecniche che sono essenziali nel lavoro di un regista.
Sulla scena horror italiana, vorrei maggiore attenzione all’arte, che ha sempre segnato originalità e nuovi percorsi mentre tutti gli altri continuavano a scopiazzare.
Più attenzione alle arti tradizionali : il testo e quelle figurative, è lì che sono le nuove idee, il cinema e il pubblico hanno bisogno di quelle.
Ringrazio Mariano per la cortesia e l'analisi accurata che si spera sia utile sia ai lettori "normali" sia ai critici (e chiaramente, quando è il caso, mi considero parte in causa) pronti a sparare a zero senza la preparazione necessaria. Colgo l'occasione per invitare qualunque regista di corto o mediometraggi (ma anche, naturalmente, i nomi più famosi se mai volessero) a contattarmi per fare di questo tipo di interviste/confronti un appuntamento fisso delle pagine di HorrorMagazine.
Abbiamo parlato di:
FILMAX/FANTASTIC FACTORY:
La Fantastic Factory è una label sussidiaria della Filmax, creata dal produttore Julio Fernández e dal regista Brian Yuzna, questa società ha al suo attivo titoli quali Darkness di Jaume Balaguerò, Dagon di Stuart Gordon, Faust di Brian Yuzna e Beyond Re-Animator sempre di Yuzna. Risultati altalenanti sia per quanto riguarda la qualità che il successo di pubblico, è però innegabile un forte impegno e interesse nei confronti del fantastico, con particolare riguardo per l’horror e il weird.
THE MARK:
regia: Mariano Equizzi
cast: Robert Purvis, Milena Mancini, Alla Bulankina, Raquel Merono, Yoon C. Joyce, Rudolph Gentile, Patrik Pistolesi, Gianfranco Phino
sceneggiatura: Andrea Materia
fotografia: Davide Mancori
scenografia: Stefano Giovani
costumi: Stefano Giovani
musica: Cesare Ranucci Rascel
produttore: Massimo Vigliar, Davide Mancori
produzione: Surf Film, Jinko-Communications, Filmax (Barcellona), Duque Film (Barcellona)
vendite estere: SURF FILM
paese: Italia/Spagna
anno: 2003
durata: 90'
Nord Italia. 2003. Mark Draveni, 19, leader carismatico dei “Demoni” (una spietata banda di adolescenti figli di papà), ha rotto con la fidanzata Giulia, coetanea e compagna di scuola. I due ragazzi si amano. Ma lei è incinta di lui ed è risoluta a tenere il bambino. Dal canto suo, Mark non è pronto a sostenere la responsabilità. Dopo una furiosa lite con Giulia, Mark viene sedotto da una nuova studentessa, la bionda e sensuale Serena Cursi. Mark e Serena hanno un selvaggio rapporto sessuale. Il giorno dopo, Serena scompare nel nulla. Passano alcune settimane. Josè, vecchio amico del padre di Mark, viene rilasciato dopo 15 anni di carcere per omicidio. Mark, che lo considera una specie di zio, si prodiga per festeggiarlo. Josè, però, è ossessionato dalla macchia nera che avvolge la sua mano destra. Convinto di avere i giorni contati, Josè mette in guardia Mark contro la misteriosa Serena, sua amante di una notte nel 1988. Mark è turbato dalla somiglianza di descrizioni e comportamenti tra la Serena conosciuta da Josè e la “sua” Serena. La logica imporrebbe di considerare assurde simili paure. Eppure quella stessa notte, Mark ritrova Josè morto di fronte a casa sua. La macchia, sparita dalla mano di Josè, è ora sul palmo della mano di Mark. Sconvolto dall'episodio Mark si mette sulle tracce della misteriosa ragazza...
Mariano Equizzi:
Nato 1970, ex praticante di legge, ex studente di produzione al centro sperimentale,ex videoartista, ex gestore di webportal.
1996/99 Studia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Corso di Produzione,.
Aiuto regia di Michele Soavi negli anni 98’-99’ (Spot, Clip e sviluppo progetti).
Nel 2002 gli viene assegnato il Premio Italia per Ginevra Report, assegnato dalla Associazione Mondiale Professionisti della Fantascienza (WSFA).
Nel 2002 si piazza primo assoluto nel contest NOKIA - WIND per nuovi contenuti per cellulari multimediali, realizzando un film interattivo di genere thriller tecnologico: New Order.
Nel 2003 dopo aver girato R.A.C.H.E. viene incaricato della regia di The Mark, lungometraggio prodotto da SURF Film, Filmax e Jinko.
Il 2004 lo ha dedicato interamente alla postproduzione di R.A.C.H.E.
Corti e video:
- Syrena (1998)medio
- Music video per Nightmare Lodge ( minus habens rec. )
- Giubilaeum, corto 5min
- AgentZ, corto 20min
- Thole, un excursus sulle opere + importanti del maestro dell'illustrazione fantastica, corto10 min
- Elements, una video installazione sulla tetralogia degli elementi di James G. Ballard , medio 40min
- Scan / Hum Bucking Coil / Crash ( Long Form video for Tone Without Flow ) corto 10min
- Ginevra Report (Premio Italia 2002) corto 15min
- Sign ( un corto horror sui cellulari) corto 15min
- New Order (primo classificato al Nokia-Wind contest) web content 5min
- D.N.E. (Descrambling Nova Express, inspired by W.S. Burroughs works ) corto 20min.
- NOVA ( Music Clip per il progetto NOVA prod. Bigazzi -Callea -Rispoli ) corto 10 min
- The Mark ( produzione FILMAX-Surf Film-Jinko) lungo 90 min
- RACHE ( Revenge ) in lavorazione, approx 100 min.
2 commenti
Aggiungi un commentoil film nn l'ho visto,vado a vedere il traile xD lol
L'articolo è vecchio, ma il film lo ricordo piuttosto bene: brutto come pochi.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID