Film del 1962 diretto da Robert Aldrich basato sull’omonimo romanzo di Henry Farrell adattato per il cinema da Lukas Heller.
Trama: Jane è un’ex bambina prodigio, superata per fama dalla sorella Blanche che ha intrapreso con successo la via dello spettacolo. Quest’ultima, costretta immobile a casa per un incidente, diventa gradualmente prigioniera di Jane che, dopo aver ucciso una cameriera, decide di lasciar morire la sorella lentamente.
Perché vederlo: Con Che fine ha fatto Baby Jane? nasce un nuovo sottogenere del cinema horror nello stile del Grand Guignol, un esempio di gotico con protagoniste due attrici rivali nella finzione così come nella realtà: Joan Crawford e Bette Davis. Aldrich riuscì infatti nell’ardua impresa di riunire le due nemiche, la cui carriera era ormai considerata conclusa e che quindi non poterono rifiutare il definitivo duello interpretativo. Diventano così due sorelle entrambe in decadenza, legate dal bisogno, dai sensi di colpa e da un antico rancore, tema che rimanda a un altro classico del cinema americano: Viale del tramonto di Billy Wilder. Il successo di Baby Jane diede un nuovo impulso alle carriere delle due attrici differentemente da quanto accadde a Gloria Swanson. Il film è il prototipo della lunga serie di pellicole che ne scaturiranno durante gli anni ’60, tutte accomunate dalla presenza di una donna folle vittima di istinti omicidi e di una martire costretta a sopportare impotente torture grottesche. Tutto il racconto si svolge in un ambiente ugualmente grottesco, in una decadente villa resa ancora più tetra dalla sapiente fotografia, in cui l’isolamento delle due sorelle è pressoché totale. I dialoghi sono ben costruiti ma perdono in efficacia a causa della recitazione esageratamente teatrale che rischia più volte di far cadere la storia in un involontario tragicomico. Ciò nonostante Bette Davis mette in scena una delle sue interpretazioni più impressionanti, la voce roca per il whisky, il trucco sbavato e l’oscura follia del suo sguardo non possono non colpire lo spettatore, intimorendolo. Jane - la carnefice - è il simbolo del successo facile e immediato, sfruttato ancora acerbo e impietosamente messo da parte non appena il pubblico se ne stanca, è il lato oscuro del sogno americano. Anche Joan Crawford - la vittima- è più che convincente nel suo ruolo, capace di rendere reale la sofferenza fisica così come la paura che prova. Aldrich si ispira a Hitchcock per lo studio psicologico dei personaggi, concentrandosi su poche figure approfonditamente caratterizzate, rendendo così noto ogni aspetto del loro carattere. Nonostante l’attenzione prestata alle due protagoniste la trama non è esente da incongruenze e il personaggio maschile risulta un po’ troppo secondario, quasi inutile ai fini della narrazione. Baby Jane è comunque un buon film, un gioco al massacro capace di punte si sadismo notevoli, in cui i piani ravvicinati fanno sentire più vicina la tragedia che incombe. Il finale stesso deriva dal cinema di Hitchcock, rimescola le carte e ci mostra che nulla mai è come appare.
Curiosità: Il vecchio volto di Clara Calamai pesantemente truccato in Profondo Rosso di Dario Argento è ispirato al personaggio di Jane.
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