Era attesissimo il ritorno degli Iron Maiden che, inevitabilmente, appena si muovono fanno rumore. Se è vero che possono contare su una nutrita schiera di fan adoranti, che li hanno da tempo consacrati come icona “storica” dell’heavy metal, è anche innegabile che se la debbano vedere con critici implacabili. Dance Of Death, come da copione, ha scatenato molte voci, alcune decisamente deluse, altre entusiaste o comunque soddisfatte.
Non si può dire che gli Iron appaiano stanchi: la voce di Bruce Dickinson affronta brillantemente l’esecuzione di brani difficili e articolati, quasi tutti piuttosto lunghi (tranne i primi due, gli altri superano abbondantemente i cinque minuti). Dance Of Death appare un’opera in crescendo, in cui i brani d’apertura certo non rendono giustizia al valore dell’album, anzi, nel contesto, appaiono piuttosto deludenti. Wildest Dream è un brano “da singolo” banale, decisamente troppo veloce e commerciale nel senso negativo del termine, mentre Rainmaker va già meglio, proponendosi come pezzo di impatto forte e immediato. I veri gioielli però, quelli che realmente rimangono impressi a fine ascolto, sono No More Lies, Montsegur e Paschendal, queste ultime entrambe di connotazione “storica”. No More Lies è intensa, complessa, soprattutto per l’alternanza ritmica, in cui è la voce del cantante a spiccare, passando da un inizio “basso” a un ritornello veloce, a tratti frenetico. Né l’accompagnamento orchestrato presente in questo pezzo, né il tono epico di Montsegur, lasciano l’impressione di esecuzioni eccessivamente barocche o perfezioniste. Gli Iron non sono mai stati ricercati, in un certo senso non ne hanno bisogno, anche se effettivamente questo album si presenta diverso dagli amatissimi precedenti. L’impostazione non è più soltanto aggressiva come in molti album del passato, ma presenta un’oscurità evocativa, un’atmosfera dark che avvolge pian piano, come nella suggestiva, omonima, Dance Of Death.
Non ci troviamo davanti a brani trascinanti come le “vecchie glorie” quali 2 Minutes To Midnight o Run To The Hill, e forse per entrare davvero in sintonia con quest’opera è necessario più di un ascolto, ma Dance Of Death non è certo deludente, almeno non per quella parte capace di apprezzare il metal anche nelle sue sfumature più mature e non solo “fast and furious”. Una chicca per i fedelissimi: nell’album troviamo New Frontier, la prima canzone nella storia maideniana in cui l’apprezzatissimo batterista McBrain è coautore.
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