Giunto nelle fumetterie poche settimane prima dell’arrivo nelle nostre sale del film ispirato all’omonimo personaggio questo Raccontare Storie si propone quale mezzo ideale per far conoscere Hellblazer al grande pubblico.
Il volume raccoglie i numeri 140-145 della serie regolare americana.
La bibliografia italiana di questa testata è quanto di più vicino si possa immaginare alla schizofrenia editoriale con il povero John continuamente sballottato fra riviste antologiche, albi mensili dedicati esclusivamente a lui, salti di interi cicli narrativi poi recuperati in volume e cambi di editori nel bel mezzo della sua vita di carta.
Per nostra fortuna la testata pur possedendo una sua (vaga) continuità interna si presenta sotto forma di cicli autoconclusivi più o meno lunghi perfettamente godibili e comprensibili anche per il lettore neofita che si accosti al personaggio sull’onda del battage pubblicitario di questi giorni.
Le sei storie contenute nel volume basteranno da sole a far capire quanto il film non c’entri assolutamente nulla con il fumetto: la pellicola è creatura “altra” che avrebbe meritato maggior dignità a partire da un patronimico diverso. La questione dell’efficacia della trasposizione in questo caso non si pone nemmeno in quanto nessuna trasposizione è stata fatta: Hollywood ha semplicemente girato un film qualsiasi chiamandolo poi con lo stesso nome di questo fumetto, le somiglianze terminano lì.
E non stiamo parlando di dettagli quali il colore dei capelli o il cambiamento di ambientazione dall’Inghilterra agli Stati Uniti, magari fossero questi i punti in discussione… Qui si parla di psicologie dei personaggi, di trama e struttura delle storie, di tematiche affrontate o meno. Dello scanzonato, cinico, ironico e tenero punk divenuto mago suo malgrado nulla è rimasto impresso su celluloide e quindi ben venga questo volume che permetterà al pubblico di conoscere un Constantine assai meno (f)rigido e freddo di quello proposto da Keanu Reeves.
Le storie proposte in questa raccolta segnano la fine della gestione di Warren Ellis, sceneggiatore inglese solido ed esperto, in grado di dare progressivo spessore umano al suo Constantine, investigatore dell’occulto sempre diviso fra l’usare la magia per sfruttare e truffare chi se lo merita ma anche capace di slanci generosi e altruistici. Né bastardo né figlio di buona donna: semplicemente umano, con una grande attitudine alla ribellione e al motto sarcastico e una forte insofferenza verso ogni tipo di potere, specie quando questo sfrutta e perseguita i più deboli e sfortunati. E che questo potere sia politico, economico, demoniaco o angelico al nostro anti-eroe non può importare davvero nulla.
La prima storia del volume, Rinchiuso è un cupo e angoscioso kammerspiel che scaglia il nostro Constantine contro un serial killer atipico che, a furia di torturare, uccidere e occultare cadaveri nella sua camera ha creato un vero e proprio vortice di energia psichica. La stanza “sfregiata” è diventata un ricettacolo di male soprannaturale capace di dominare chiunque vi entri ma il nostro affronta la situazione con scanzonata disillusione , riuscendo a guardare aldilà delle apparenze e dominando la magia nera che impregna l’appartamento. Il tratto sporco e graffiato di Frank Teran non lascia vie di fuga al lettore che sprofonda in un mare di china scura e densa appena rischiarata dai toni viola-bluastri di James Sinclair.
Analoga operazione di “disincanto magico” viene attuata con maggiore lucidità e profondità critica ne La Greppia. Pochi mesi prima della nascita di Gesù una setta occulta assiste all’aborto dell’Anticristo. Il feto viene raccolto in una strana scatola chiamata La Greppia. Attraverso un foro nel contenitore il feto non-morto può estendere il suo cordone ombelicale e parassitare le vittime urinandogli nel sangue (Ellis non è una persona sana di mente…) e donando loro enormi poteri magici. Arrivata fino ai giorni nostri, la scatola è ora nelle mani di uno scrittore che abusa di quei poteri. Constantine interverrà da par suo in uno dei finali più memorabili dell’intera serie.
Tanto il tratto di Teran era cinetico e nevrotico quanto quello di Tim Bradstreet è raggelato e narcolettico. In vignette che colpiscono per la studiata assenza di movimento il fumetto trasmuta in illustrazione e Gran Goleash mostra enorme autorialità nel suo ruolo di colorista: avvertendo il rischio implicito nello stupendo stile di Bradstreet, Gran opta per una gamma di impasti caldi sfuggendo così al possibile effetto freezer/acquario che una tavolozza di tonalità fredde avrebbe potuto originare.
Si passa quindi a Sole Calante, episodio minore che veste John dei panni (abituali) di confessore di fantasmi e demoni di vario genere. Questa volta tocca allo zombi di un vecchio dottore giapponese che, incapace di morire, torna ad infestare la camera nella quale risiedeva. Lo strano orientale narra a Constantine l’atroce resoconto dei mengeliani esperimenti che conduceva nella Manciuria occupata durante gli anni quaranta e chiude il racconto con una richiesta sorprendente. E, sia chiaro, John non nega a nessun non-morto il suo personale ego te absolvo… Il tratto di Javier Pulido echeggia quello del miglior Keith Giffen e viene nobilitato e irrobustito dai colori molto decisi di James Sinclair che gioca abilmente con una netta alternanza di rosso, grigio e azzurro.
Un’ultima canzone d’amore è un riempitivo trascurabile sia dal punto di vista dello script che per quanto concerne la resa grafica: il mago, reduce da una consueta nottata spesa fra birra e gin and tonic barcolla ubriaco per le vie della città ricordando alcune delle ragazze che ha amato, in una banale sequenza di cliché che non lasciano il segno.
Raccontare storie si ricollega ancora una volta a quello che sembra essere il tema portante di questa raccolta: i limiti fra magia e mistificazione, fra quello che la gente “crede” e quello che poi accade in realtà, con inevitabili richiami agli sberleffi polanskiani nei confronti di occultisti e maghi c’accatto di tutti i generi.
John riceve in un pub (Constantine appartiene fin dalla nascita alla speciale razza dell’ Homo Alcoolicus…) un giornalista interessato all’esoterismo e gli confessa alcuni dei segreti più terribili di Londra: regine serpente che lottano per il possesso della preda, collegamenti sotterranei con le tane dei chupacabra sudamericani, alieni grigi e processioni di spettri, in un crescendo d’orrore che trova una conclusione simile, per cinismo e sarcasmo, a quella già vista ne La Greppia. I disegni di Marcelo Frusin sono quanto di più adatto alla storia, capaci di passare da una caratterizzazione di un Hellblazer più perfido e cattivo del solito per poi sorprenderci con vignette di grande impatto orrorifico (si pensi in particolare alla sequenza delle donne serpenti). Colori di nuovo protagonisti con James Sinclair: l’intero albo è comunque un ottimo esempio dell’importanza che riveste il ruolo del colorista e di come il suo apporto all’interno di una storia rivesta ormai dignità autoriale pari a quella dello sceneggiatore e del disegnatore.
Chiude questa raccolta Ceneri e miele dello scrittore ospite Darko Macan che non riesce a padroneggiare completamente il delicato mix di temi e trame: storia e magia dell’area slava strappate dai loro territori abituali e trapiantate in Inghilterra, uomini che comandano insetti, echi di Pet Sematary e approssimativa riflessione sugli orrori della guerra sono tutte tematiche gestite in modo altalenante da Macan che alterna situazioni e dialoghi di grande interesse a qualche passaggio a vuoto, specie nella gestione dei piani temporali.
In sostanza, pur non trovandoci di fronte a episodi epocali, il volume (ennesimo ma dovuto plauso alla Magic Press per l’ottimo livello qualitativo delle sue produzioni) rappresenta un piacevole e divertente tassello da aggiungere al puzzle-Hellblazer e, allo stesso tempo, è perfettamente godibile anche per chi non ha mai comprato un fumetto Vertigo prima d’ora.
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