Nessuno sa da dove venga Gunnar Huttunen. Un metro e novanta di statura, capelli ispidi e volto affilato, un giorno arriva in uno sperduto villaggio lappone e compra un vecchio mulino in disuso. Nonostante lo scherno di compaesani, l'impresa gli riesce. Così i contadini dovranno trovare un altro pretesto per dichiarare folle quel giovanotto pieno di vita, capace di intrattenere i ragazzi con le sue imitazioni e di mettere scompiglio nel sonnacchioso equilibrio della piccola comunità. E il pretesto che lo porterà in manicomio sarà la sua abitudine, nei momenti di tristezza, di affacciarsi alla finestra del mulino e ululare, anche nel cuore della notte.

Ci deve essere qualcosa, in Finlandia... Nell'aria, credo. Qualche tipo di sostanza rara che scompare se solo ci si sposta poco più a sud, un gas che rende alcuni dei suoi artisti capaci di stralunate escursioni in territori di confine, sospesi fra il comico e il dramma, l'allucinazione e il realismo più dettagliato.

Inevitabile, nel caso di Arto Paasilinna, evocare il nome del suo conterraneo Aki Kaurismäki capace di operazioni simili, sebbene nel campo della cinematografia. La tragica (perché sotto la spessa crosta dell'umorismo si nasconde una feroce critica sociale) vicenda del mugnaio urlante è divertita apologia della diversità e amara lezione sulla chiusura mentale delle piccole e grandi comunità.

Gunnar incontrerà sulla sua strada incomprensione e paura fino a venire ostracizzato e imprigionato in manicomio pur risultando membro pienamente funzionale e importante all'interno del microcosmo del villaggio finlandese e a nulla varranno i suoi tentativi di comprendere e rimediare alla situazione. Pochi amici e l'amore (dapprima incerto e timoroso) di una donna allevieranno le pene di questo gigante buono che, per noi di HorrorMagazine, finisce inevitabilmente per ispirarci una possibile origine alternativa della figura del licantropo.

Arto Paasilinna
Arto Paasilinna

Siparietti comici deliziosamente irresistibili si alternano a titanici scontri con la "civiltà" (in una scena emblematica anche Gunnar vive un suo donchisciottesco momento di lotta contro i mulini...) ma, fra le righe, fa capolino anche l'incubo, presente negli allucinati confronti del mugnaio con la natura. Gunnar in riva a una palude fredda e tetra che imita i movimenti delle gru, ipnotizzandole o, ancora, il mugnaio-lupo che dalla cima di una collina terrorizza con il suo verso l'intero villaggio, sono momenti di potente forza evocativa che rimangono a lungo scolpiti nella memoria.

Così come è indimenticabile l'(in?)atteso finale: Paasilinna compie una divertita piroetta e ci lascia incerti e dubbiosi su quella spiaggia che divide la terra del realismo dal mare della fantasia.

È la mia spiaggia preferita.

Bibliografia italiana minima:

Il bosco delle volpi (Iperborea 1996, Guanda 2003)

Il mugnaio urlante (Iperborea 1997, Guanda 2003)

I veleni della dolce Linnea (Iperborea 2003)

Lo smemorato di Tapiola (Iperborea2001)

Il figlio del dio del tuono (Iperborea 1998)

L'anno della lepre (Iperborea 1994)