Nel giugno scorso, in occasione dell’uscita del singolo Sign of Times (leggi qui la nostra recensione), vi avevamo anticipato l’arrivo in agosto del nuovo progetto del chitarrista degli ormai scioltisi Cathedral, Garry (Gaz) Jennings, via Rise Above Records, label dell’ex compagno di band Lee Dorrian: Death Penalty (il nome del progetto deriva dal titolo di un classico del debut album dell’82 dei Witchfinder General).
Già a partire dal singolo sopra menzionato (i cui due brani non sono contenuti in questo lavoro definitivo), il disco si era preannunciato come ben radicato nel metal delle origini, così come nel filone vintage promosso da Rise, ma anche aperto a tendenze hard di matrice più ottantiana, grezzo e immediato nel suo incedere.
Di nuovo, il lavoro è impreziosito dalla voce della vocalist belga Michelle Nocon, che dà un tocco di finezza psichedelica al sound complessivo, fondato su riff massicci d’efficacia immediata.
L’ascolto del singolo mi aveva fatto pensare che il full lenght, per quanto ben confezionato, potesse risultare alla lunga stancante, per l’ossessività delle formule usate; tuttavia l’ascolto integrale risulta gradevole e interessante nel suo apparire ‘datato’ e paradossalmente moderno al tempo stesso, soprattutto per la capacità di Jennings di reinventarsi nella costruzione di riff sempre nuovi e stimolanti.
“Quando i Cathedral si sono sciolti, non avevo intenzione di formare un’altra band” ha ammesso Gaz. “Volevo fare un disco, perché Lee (n.d.r.: Dorrian) mi ha ripetuto per anni che mi avrebbe messo sotto contratto! Ma tutto il mio tempo era preso dallo scrivere materiale per i Cathedral. Avevo già qualche pezzo e boccone disseminato qua e là, così qualche anno fa ho cominciato a scrivere materiale ed è lì che è cominciato tutto. E ora l’album è pronto per uscire.”
La line up è completata dal batterista Fredrik ‘Cozy’ Cosemans, proveniente come Michelle dai belgi Serpentcult, e dal bassista sempre belga Raf Meukens. Doom e metal di vecchia scuola, dunque, ma rivisitati in parte in chiave moderna.
Dopo la brevissima intro strumentale di Grotesque Horizon, capiamo subito che è dall’ondata NWOBHM che scaturiscono brani quali Howling at the Throne of Decadence o Golden Tides – in mezzo, la sinuosa Eyes of the Heretic – mentre i successivi Into the Ivory Frost e Children of the Night si rivolgono perlopiù all’ossessività e la seconda in particolare al doom, così come la breve The One That Dwells, a tratti più pacata e sognante. Le definizioni per descrivere i brani si ripetono più o meno anche per l’accattivante She is a Witch e l’aggressiva Immortal by Your Hand, fino all’ampia e monumentale (e al contempo catchy) Written by the Insane, ma la varietà, come specificato in precedenza, non manca. Bisogna scoprire i riff e i passaggi di Gaz per apprezzare il valore delle soluzioni trovate. Rinfrancante, di questi tempi, ascoltare con piacere un intero disco da cima a fondo.
Un album dunque solido, e pure onesto. Consigliato ai seguaci della vecchia scuola, sì… ma anche e soprattutto ai giovani attenti e curiosi.
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