Gli squilibri ambientali aprono la strada a un'apocalisse climatica. Roland Emmerich, autore di film non proprio riuscitissimi come Godzilla e Indipendence Day si cimenta questa volta con un incubo collettivo a sfondo ecologista.
Si comincia quando il professor Hall (Dennis Quaid) e un suo collega scozzese (Ian Holm) osservano alcuni singolari fenomeni climatici. Hall è reduce da una conferenza a Nuova Delhi, dove ha tentato per l'ennesima volta di mettere in guardia il mondo politico ed economico: se non si prenderanno provvedimenti drastici, il pianeta terra andrà incontro a una serie spaventosa di mutamenti ambientali. Ovviamente nessuno gli dà ascolto, meno di tutti il vicepresidente degli USA, il cui sguardo ottuso la dice lunga sulla psicologia del personaggio. Di lì a poco inizierà una tregenda disastrosa: grandine gigantesca su Tokyo, Los Angeles distrutta da tornado di proprorzioni colossali, la Scozia letteralmente congelata. E' il prologo di una nuova glaciazione e l'unica cosa che i governi possono fare, ormai, è salvare quante più vite possibile.
Al di là delle solite regole e regolette che il cinema catastrofico deve rispettare per contratto (sentimenti & scene strappalacrime), questo The day after tomorrow - L'alba del giorno dopo si dimostra un bel film, certamente il migliore mai girato da Emmerich. Siamo lontani dall'ingenuità completa, a tinte trash, di Indipendence Days, dal fracasso insensato di Godzilla. Emmerich sembra essere tornato quello di Stargate, con il valore aggiunto di una certa maturità stilistica, e la capacità di controllare con un po' più di polso il tono della pellicola. L'alba del giorno dopo è infatti un film cupo, in cui alle grandiose scene di distruzione fanno da contralto parti recitate sottotono, in cui i personaggi dimostrano umiltà davanti allo scatenarsi delle potenze della natura e in cui l'intreccio non sembra costruito come semplice contenitore di cliché ed effetti speciali, ma per mostrare allo spettatore lo scenario di un'apocalisse possibile.
Un film millenaristico, verrebbe da dire; e un incubo a occhi aperti.
Un film da vedere, insomma, sia per godersi tutto il sense of wonder che la spettacolarità delle tempeste e delle inondazioni porta con sé, sia per riflettere, ancora una volta, sul clima del nostro piccolo pianeta, che ogni anno sembra offrire fenomeni sempre più estremi.
2 commenti
Aggiungi un commentoSono perfettamente d'accordo sull'intero articolo, ma ti prego, come fai a dire che "Indipendence Day" non sia un film riuscito??? Ma stai scherzando??? Ha uno dei più alti rapporti Spesa/Guadagno dell'intera storia del Cinema!
Marcello, sei andato a ripescare una recensione di ben 7 anni fa, chi faceva parte della redazione di Horror Magazine all'epoca non può certo risponderti qui
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