Taipei. Una serie di morti misteriose fa brancolare nel buio la polizia locale, costretta a rivolgersi all'FBI per avere l'aiuto della scienza. L'FBI invia sull'isola l'agente speciale, esperto in materia di serial-killer, Kevin Richter. Richter viene affiancato al silenzioso e nervoso Huang Huo-tu, un agente dell'ufficio esteri, con il quale inizia una lunga e difficile indagine destinata a sconvolgere l'idea che i due poliziotti hanno di "realtà". Tra "forme ibride di vita", parassiti cerebrali, feti deformi, evisceramenti, talismani, ibridi uomo-demone, i due andranno incontro al loro destino.
Kuo-Fu Chen, talentuoso regista già autore di The Personals, si cimenta con un horror travestito da thriller (e, ci si permetta subito una piccola divagazione: dopo tanti thriller travestiti da horror, le cui spiegazioni "razionali" sono incollate con lo sputo... alleluja!) capace di creare tensione, un certo disagio fisico grazie ai buoni effetti speciali, e di evocare i misteri millenari dell'oriente con una raffinatezza (e una convinzione) tale da far scorrere un brivido anche al più testardo "illuminista" occidentale. Che poi è quello che succede all'agente Richter, arrivato a Taipei con il suo bagaglio di certezze scientifiche, e il cui empirismo alla Sherlock Holmes servirà soltanto a ingarbugliare ancor più il mistero (esattamente come hanno fatto, fino a quel punto, le conclusioni di un'anatomo-patologa che pare la versione frustrata di Key Scarpetta). La scienza diagnostica il Male che va scatendandosi, ma etichettarlo, metterlo sotto formalina, non serve poi a molto. L'eziologia non è la cura.
L'interessante tentativo di giustapporre piuttosto che mescolare le due culture, quella della Cina taoista e quella del positivismo scientifico tutto occidentale, ambientando la storia nella Taipei in cui le culture si stratificano senza realmente conpenetrarsi, funziona. A volte bene, altre volte meno bene, ma funziona. I due protagonisti, l'americano David Morse, già visto ne Il miglio verde e Dancer in the dark, e l'honkgonghese Tony Leung Ka Fai (come non ricordarlo nel bellissimo L'Amante di Jean-Jacques Annaud?) fanno del loro meglio per incarnare le due culture di provenienza, tratteggiando due personaggi credibili nonostante la sceneggiatura stilizzata rischiasse di farne macchiette. Ciarliero e impiccione, rozzo ma simpatico, fedele al credo della realtà empirica il personaggi di Morse, silenzioso, meditativo, cauto e rispettoso del misticismo dei padri il suo collega orientale, entrambi sottolineano a più riprese quella "doppia visione" con la quale si può assistere al dispiegarsi del male: quella della scienza che diventa null'altro che fede, e quella di una fede nel soprannaturale che rinasce davanti all'evidenza dei fatti.
Anche lo spettatore di Double vision è obbligato al confronto: alcune sequenze ci sembrano decisamente ben riuscite (il parto iniziale, il rinvenimento dei cadaveri, il massacro al tempio), e verrebbe da paragonarle ad altre apparentemente più zoppicanti (il lunghissimo duello finale, il ritorno insistente di sottotrame apparentemente non attinenti alla storia): è inevitabile che il film ci obblighi a domandarci se anche noi, come l'agente dell'FBI, non stiamo usando un filtro critico troppo occidentale, se anche noi - dopo tanti silenzi degli innocenti e noir strapaesani e thriller e serial killer - non cominciano a ribellarci nell'esatto istante il cui il film si trasformara da un poliziesco che sembra la versione "far east" di Seven in una storia di immortalità e demoni.
Rimane il fatto che questo film, il più costoso della storia di Taiwan, appaia, alla fine, come un prodotto confezionato per l'occidente. Come una sorta di Cavallo di Troia con sorpresa, Double Vision contiene un messaggio nemmeno troppo velato, una "morale" di fondo molto meno innocua di quanto non possa sembrare a prima vista. Una morale di fondo alla quale anche Huang Huo-tu, alla fine, deve arrendersi, e che che viene espressa da Morse: prima si guarda in tv, mentre dice alla stampa: "sarebbe più facile per noi se ci fossero demoni e spiriti maligni, ma purtroppo l'uomo è peggiore di qualsiasi parto della nostra fantasia"... e subito dopo confessa al suo collega: "faccio questi discorsi decine di volte l'anno e adesso mi sono proprio stufato, sono stanco di fingere che ogni cosa sia sotto controllo".
Amen.
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