Trama: A causa della inaspettata morte della madre, il giovane Tim Jensen torna nella sua casa d’infanzia, una imponente e decadente abitazione di campagna dove, da bambino, vide il padre risucchiato violentemente nell’armadio da una misteriosa forza. Quindi, non solo rivede lo zio Mike e Kate, sua migliore amica d’infanzia, ma riemerge in lui l’antico timore nei confronti di quell’essere maligno che viveva nascosto nelle tenebre della propria stanza.
Perché vederlo: Dopo che il cosiddetto Babau – ignoto e leggendario essere che, semplicemente conosciuto anche come Uomo nero, terrorizza i bambini celato sotto il letto, dietro la porta o chiuso nell’armadio – è stato incastrato in figure più o meno mitiche della celluloide horror quali il Jason Voorhees di Venerdì 13, il Michael Myers di Halloween e, soprattutto, il Freddy Krueger di Nightmare, Stephen T. Kay, regista de L’ultima volta che mi sono suicidato e La vendetta di Carter, forte della rassicurante produzione della Ghost House Pictures di Sam Raimi e Robert Tapert (artefici della trilogia Evil dead/La casa), ci riporta alla figura primordiale di quello che gli americani chiamano Boogeyman.
Quindi, ci riconduce all’universo delle fobie infantili tramite premesse che sono praticamente le stesse dei poco riusciti Al calare delle tenebre e They – Incubi dal mondo delle ombre, ma, a differenza dei due registi Jonathan Liebesman e Robert Harmon, sembra citare in più di un’occasione (forse in maniera involontaria) il capostipite craveniano della succitata serie incentrata sul Signore degli incubi dalla mano artigliata.
E, fortunatamente, supportato dalla cupa fotografia di Bob Bukowski, riesce nell’impresa di suscitare interesse nei confronti della vicenda che racconta, pur ricorrendo ai classici ed abusati stratagemmi del cinema della paura; dalla fredda ambientazione autunnale all’uso del sonoro per far balzare lo spettatore dalla sedia, fino al rendere spiati i protagonisti, attraverso inquadrature che potrebbero rivelarsi soggettive del concreto pericolo incombente.
E, anche se nell’ultima parte l’intervento degli effetti digitali rischia di snaturare la coinvolgente e genuina atmosfera sapientemente costruita fino a poco prima, il suo film rimane una godibile fiaba nera d’inizio millennio (l’anno di produzione è 2005), molto più profonda e complicata di quanto superficiale possa sembrare, oltre che superiore a tante bufale provenienti dall’Oriente... alle quali, tra l’altro, in parte s’ispira.
Curiosità: La defunta madre del protagonista ha il volto di Lucy Lawless, nota soprattutto per essere stata la principessa guerriera Xena del piccolo schermo.
Ai tempi dell’uscita del film, Robert Tapert affermò: “Avevamo voglia di fare un film che fosse un genere di horror particolare e distinto, che combinasse elementi dei film sui mostri tipicamente americani e film sui fantasmi tipicamente asiatici”.
La pellicola ha avuto tra il 2007 e il 2008 i due sequel Boogeyman 2 – Il ritorno dell’uomo nero di Jeff Betancourt e Boogeyman 3 di Gary Jones, il primo uscito nei nostri cinema, il secondo arrivato in Italia direttamente nel mercato dell’home video.
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