Mi ha morso. Il cane lebbroso mi ha morso, e adesso verrà la lebbra anche a me.
Tutta colpa di quel bastardo di Franzi, ovviamente. Del primo giorno nella scuola nuova ho memorizzato solo due nomi: il suo, e quello dello strambo, Empedocle De Mori – un ragazzino con un nome così non te lo puoi scordare. (E il Professore di Storia, pure, non te lo puoi scordare. Quello non è un uomo: è un corvo).
Mamma, che male. Ho due buchetti sotto al polso, sono rossi e irregolari e smangiucchiati. Almeno, però, il sangue si è fermato.
Mamma me l’aveva detto di non cambiare strada mai. “Questa è la città, tesoro. Qui c’è gente cattiva che ti porta via”. "E allora perché non mi accompagni tu" le ho detto. “La mamma non può, almeno per un po’ di tempo. È il nuovo lavoro. E poi sei grande. Tu segui la strada che ti faccio vedere, bella larga e assolata, e non ti capiterà niente”.
Non l’ho fatto, è vero. Ma non potevo mica farmi fregare lo zaino così. Maledetto Franzi.
Lo zaino, e due quintali di libri nuovi nuovi dentro. “Costano, questi” ha detto la mamma. E allora l’ho seguito, e per seguirlo… Ho svoltato talmente tante volte che non riuscirei a ritrovare la strada nemmeno col navigatore. E ho scoperto che i vicoli di questo quartiere sono molto, molto peggio delle stradine del mio paese.
Lo zaino puzza di cacca e di rifiuti, ma almeno è salvo. Io un po’ meno. Ahia. Rigiro tra le dita il multiuso dello zio Adolfo, quello che “te lo regalo ma non devi usarlo mai. A meno che non sei inseguito da un mostro”. E quello lo era proprio, un mostro.
Gli occhi, rossi. Bitorzoli ovunque, e sotto i bitorzoli, cosine in movimento. La mascella piena di schiuma, e dietro la schiuma certe zanne che nemmeno il T-Rex. Ancora me lo rivedo, mentre si avvicina. Povero quel gattino grigio che si è trovato sulla sua strada. ZAN, e gli ha spezzato l’osso del collo. Ho sentito il rumore…
Mi raddrizzo quel tanto che basta per arrivare allo spiraglio tra il cassonetto e il coperchio: niente a destra, niente a sinistra. Solo il muro di mattoni rossi senza finestre, e i cassonetti chiusi vicino al mio. Tante cartacce per terra, e poi…
Niente. Solo il vento. Ho freddo. Forse perché il sole in questo vicolo non arriva, o forse perché il morso fa questo effetto. Come dicono nei telefilm? “Non perdere conoscenza, Joe, resta sveglio, resta con noi!” Io resterei volentieri, ma con chi? Sono solo, qui dentro. E lui, il mostro, è lì fuori da qualche parte.
Coraggio. Magari è andato via. Magari l’hanno preso a calci. Magari tutti i suoi bitorzoli sono esplosi ed è stato divorato da quello che c’era dentro…
Sollevo il coperchio del cassonetto e metto fuori la testa: non c’è nessuno per davvero. Forza, fuori di qui.
Arrampicarsi fuori dal nascondiglio è più difficile del previsto, ma qualche calzino vecchio e buccia di banana dopo ne esco. Il braccio fa sempre più male, e ogni volta che lo guardo non posso fare a meno di immaginare cosine che si muovono dietro quei buchi rossastri.
Fuori, è tutto così calmo che non può essere vero. Persino il vento è calato, e le cartacce rimangono ferme dove sono. Non so da che parte andare, quindi ne scelgo una a caso e vado avanti. Oltre l’angolo c’è un altro vicolo uguale a questo, forse ancora più sporco e puzzolente, e per quanto mi sforzi non riesco a ricordare se ci sono passato o meno. Vorrei tanto trovare qualcuno a cui chiedere, anche se in un posto come questo…
- Ma guarda - dice una voce, - se non sei quello nuovo della seconda D.
È apparso dal nulla, o forse da dietro l’angolo. È alto, vestito di nero, bianco come un cadavere. E mi mette un freddo addosso che mi fa rimpiangere l’umidità del cassonetto. È il Professor Corvo.
- Professore - dico, e non mi viene in mente altro. Nascondo l’avambraccio ferito, come se fosse qualcosa di cui vergognarmi.
- Non è strada da fare a cuor leggero, questa - continua fissandomi. Il Professore ha questi capelli neri a ciuffi che ricadono in tutte le direzioni, e un naso che tira su di continuo in una specie di risucchio. E poi deve avere un collo muscoloso, anche se non riesco a vederlo bene perché ha il bavero rialzato.
- Ti sei perduto?
Sento qualcosa dentro di me che si scioglie. Dopotutto, ho bisogno di aiuto. E lui è un adulto. E io…
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