“La ragazza è riversa sul letto, esangue, con le mani legate alla spalliera. Sul comodino, sono allineate decine di provette piene di sangue. Tutto appare pulito e in ordine. L’assassino ha dissanguato la vittima con fredda precisione senza versare una goccia di fuori. Sulla parete, una scritta enigmatica: VUOTA, con la data del giorno corrente a fianco. Il commissario Salvo Michelis osserva la scena del delitto con sgomento: è la stessa scena descritta da suo figlio Alessio, undici anni, malato di emofilia, quella stessa notte, in preda a un incubo, durante una forte crisi emorragica. Il bambino ha visto l’omicidio come se i suoi occhi fossero quelli del killer. Così comincia l’incubo. In una frenetica corsa contro il tempo, Michelis dovrà affrontare i fantasmi del proprio passato per salvare il figlio e catturare l’assassino. In un hotel abbandonato sull’Appennino tosco-emiliano, il confronto decisivo. Dentro un antico labirinto rituale, il piccolo Alessio dovrà sconfiggere la propria fragilità per affrontare il Mostro che lo perseguita. Una cupa ossessione che si nasconde dentro la memoria del sangue.”
Da qui si muove Memoria del sangue, thriller paranormale di Gianfranco Nerozzi in cui si affronta la condizione dei malati di emofilia. Pubblicato per Carrocci nel 2007, il romanzo torna in versione aggiornata in ebook per Mezzotints. Con un’illustrazione di copertina di Vincent Chong, contiene una prefazione di Alan D. Altieri: “L’esistenza di un emofiliaco è un incubo senza sonno e senza scampo. È un infinito Golgota di non-morte, fatto di cautele quotidiane altrettanto infinite, eppure mai realmente sufficienti, sempre e comunque intollerabili. Ed è precisamente questo il Golgota con il quale il piccolo Alessio Michelis è costretto a coesistere dall’istante stesso in cui, undici anni prima, ha fatto ingresso nel cosiddetto mondo dei vivi. Ma poi, un giorno maledetto, il fragilissimo equilibrio si spezza, il Golgota comincia a sgretolarsi e i due mondi, quello dei non-morti e quello dei vivi, entrano brutali in collisione.”
Se inizialmente il testo appare quasi una storia sui ragazzi e per i ragazzi, alla maniera dei “Piccoli Brividi” già frequentati da Nerozzi (per esempio ricordiamo ancora con piacere i suoi ‘ossessogni’ in La creta oscura, Mondadori, 2007 oppure Una notte troppo nera, Disney, 2000), è bene sottolineare che ci riferiamo qui alla produzione orrorifica per adulti dell’autore. Il punto di vista si sposta ben presto nella testa del poliziotto Salvo e, per tematiche affrontate (eros e violenza in primis) e linguaggio che ne consegue, prendiamo subito le distanze da suo figlio, il piccolo Alessio. Una storia che, oltretutto, deve rivolgersi agli adulti, e portarli a riflettere sugli aspetti e le esigenze di questa malattia.
Nel punto si vista, purtroppo, risiede pure il neo del testo. Non solo riguardo allo spaesamento iniziale legato al target, ma anche in quello della fluidità della narrazione, che non vede stacchi grafici fra il pensiero di un personaggio e quello di un altro, tanto che talvolta il cambio repentino spiazza e confonde il lettore nel processo di immedesimazione. Se il punto di vista di Alessio e lo stile correlato che scivola nel weird è particolarmente curato (pensiamo attraverso la testa del ragazzino, vediamo di nuovo il mondo con gli occhi dei ragazzi, tornando indietro e guardando avanti) i continui cambi privi di delimitazioni fra lo stile adulto e quello young risultano dannosi alla scorrevolezza.
Altra pecca del romanzo risiede in una struttura troppo scontata. L’idea è tutt’altro che banale, anzi, appare intrigante e originale, e proprio per questo lo sviluppo risente di tutti quei passaggi che fanno presagire troppo in fretta la soluzione del mistero, togliendo al lettore il gusto di giocare con gli elementi gialli. Da un certo punto in poi risulta quasi inverosimile che il poliziotto non sia ancora venuto a capo dell’intrigo, mentre il lettore si stanca fra inutili depistaggi e ampie sezioni non funzionali allo svolgimento della vicenda, come il trasferimento finale all’hotel col labirinto di siepi (i continui riferimenti all’immaginario di King, pur se mascherati da omaggi, alla lunga risultano stucchevoli), quando tutto è ormai chiaro e si cerca di allungare i tempi quasi a mantenere una suspense che in realtà si sta allentando, ottenendo l’effetto contrario: allungare semplicemente il brodo. Tolte queste sezioni, la narrazione avrebbe acquistato in mordente, ferma restando l’eccessiva prevedibilità dell’intreccio.
In definitiva si tratta in potenza di una bella e lodevole idea, che purtroppo scivola su se stessa attraverso lo sviluppo, deludendo le aspettative del lettore.
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