In attività dal 2003, qualche breve lavoro in studio e un EP grazie al quale hanno acquisito notorietà soprattutto tra coloro che giocano al computer (nel 2005 la loro Last man standing, usata come main track nel videogioco Doom 3, ha vinto il premio come miglior canzone all’Indipendent Games Festival), i Neurosphere escono finalmente per la Revalve Rcords con il loro primo full-lenght in studio.
Megantereon conferma lo stile già sentito della band: chitarre thrash corpose e pulite, tastiere dal sapore prog con qualche puntata nel gotico che si inseriscono sempre molto bene nei singoli brani, e non risultano mai invadenti o eccesive. Il cantante Fabrizio Oliva usa sia la voce pulita che il growl, soluzione quest’ultima che trovo un po’ forzata nel contesto musicale dei Neurosphere. Le parti col cantato pulito sono davvero molte e non si trovano solo nei numerosi punti acustici e minimalisti delle canzoni, ma anche in alcuni pezzi veloci.
Il disco, date le atmosfere cupe e introverse, si presta molto bene all’ascolto notturno, in luce soffusa o a lume di candela, e con la lettura di un buon libro horror o giallo. In questo modo si apprezzeranno di più le atmosfere sospese e di sapore gotico delle tante parti acustiche, complementari alla drammaticità delle parti tese e veloci, nelle quali c’è rabbia, brutalità (seppur non molto accentuata, ma qui il growl sicuramente aiuta) e molta tensione.
Musicalmente, il gruppo esprime al meglio il proprio potenziale tecnico e compositivo sui pezzi veloci e meno lunghi, che sono anche i più facili da assimilare: Ira, che dura meno di due minuti, è un pezzo strumentale tagliente, uno dei miei preferiti insieme alla successiva Dispossession, alla title track Megantereon e Dysphoria.
Le canzoni più lunghe, Floaters In The Void e Gashes In The Veil (quasi nove minuti nei quali troviamo la migliore interazione tra passaggi veloci e momenti acustici) sono quelle invece che presentano tutta la gamma musicale in cui il quintetto spazia e, per apprezzarle meglio, avranno bisogno di più di un ascolto.
Bella anche la cadenzata Under One Thousand Moons, nella quale alla fine fa capolino anche un hammond proprio prima del fade out, che però arriva troppo presto.
Chiude a sorpresa un’interessante cover: Ballo in Fa# Minore. Anche qui è presente seppur in modo limitato il cantato growl che, visto il mood che il gruppo ha dato a questa versione della canzone di Angelo Branduardi, non stona affatto e l’impressione è che sarà gradita dalla maggior parte degli ascoltatori.
Megantereon non è un disco che passerà agli annali del metal per innovatività, ma fa capire quanto i Neurosphere credano nella loro musica: un lavoro sopra la media delle band nostrane, suonato molto bene, con metodicità e affiatamento (dieci anni insieme si sentono) e merita assolutamente un ascolto.
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