Sul cancello stregato di Freddy Delirio tutte le notti tondeggia la luna piena.
Ma proprio tutte!
Se non ci credete, chiedeteglielo.
Il problema è raggiungerlo, dato che le viuzze dei paesini nei dintorni di Lucca sono come le scale del Castello di Hogwarts: appena imbucate, cambiano direzione.
Simone di Gatti Promotion è comunque riuscito a convogliare verso l’FP Recording Studio quasi trenta giornalisti da tutta Italia per l’anteprima della resurrezione dei Death SS, e c’era il sole. Tanto, sole.
Nel timore che qualcuno potesse incenerirsi, o forse solo perché la console è al chiuso, ci siamo sistemati all’interno per l’ascolto del nuovo album, giustappunto Resurrection, che uscirà il prossimo 6 giugno (6/6/2+0+1+3) per Lucifer Rising/Self.
Dalla chiusura del settimo sigillo (vedi il mio speciale sulla storia del gruppo: I 7 sigilli dei Death SS), la formazione ha subito alcuni rimescolamenti, ma i progetti cinematografici, televisivi, live, video e antologici degli anni passati già ci avevano fatto conoscere i nuovi compagni di Steve Sylvester: il tastierista e padrone di casa Freddy Delirio, il bassista Glenn Strange, il chitarrista Al DeNoble e il batterista Bozo Wolff, presentato all’uscita dell’Ep dell’apocalisse Maya The Darkest Night.
Se di resurrezione si tratta, non è un caso che il primo ascolto sia stato Revived, brano composto nel 2009 per l’episodio 666 di L’Ispettore Coliandro, con co-protagonista Sylvester nel ruolo di se stesso: “Nelle intenzioni del regista, subito sposate anche da me, il brano avrebbe dovuto parlare del mio ritorno dopo la morte, una sorta di rinascita spirituale intesa come evoluzione dell’essere che abbandona il suo vecchio stato per trasformarsi in qualcosa di nuovo e di più evoluto. Pensandoci, è un po’ anche il concept stesso legato al nome della band. Anche per questo ‘Revived’ è stata scelta come apertura del nuovo album e del nuovo ciclo dei Death SS” (Sylvester).
L’ascolto dei brani è stato alternato dagli interventi di Sylvester volti a illustrarne la genesi e le tematiche, così come alternata era le serie di pezzi proposti, dato che, mentre quelli dispari sono legati ai progetti cinematografici e televisivi, quelli pari riprendono invece il filone esoterico, in particolare il pensiero di Aleister Crowley, già oggetto del concept Do what thou wilt (1997), a partire dal secondo The Crimson Shrine, sorta di rielaborazione dell’Inno di Pan. Di concept vero e proprio stavolta non si tratta, ma il trait d’union fra i tre temi cardini della band è completato (per la prima volta in maniera esplicita) dall’artwork che fa riferimento al mondo dei fumetti sexy-horror italiani degli anni ’70: la copertina e le tavole a corredo sono difatti opera di Emanuele Taglietti, autore di fama internazionale che ha firmato copertine di serie di culto come Belzeba, Zora e Sukia.
L’alternanza prosegue con la terza traccia, The Darkest Night, stavolta legata alla colonna sonora dell’omonimo film horror indipendente italiano, per poi procedere con Dyonisus, brano dark-goth anni ’80 ispirato a un poema che Crowley ha dedicato al dio greco della forza vitale, dell'ebbrezza e dell'estasi. Si passa così a Eaters, brano composto per uno splatter-zombie movie prodotto da Uwe Boll e a Star in sight, libera interpretazione di One Star in Sight di Crowley, magica ed emotiva nell’invito a cercare dentro di sé la forza per superare i momenti bui. Ogre’s Lullaby è stata invece scritta per Paura 3D dei Manetti Bros: "Volevamo un brano malato, angosciante e claustrofobico che sottolineasse la morbosa pazzia del protagonista” (Sylvester); mentre Santa Muerte, che è stata scelta come sigla per il serial poliziesco Squadra Investigativa Speciale, fa convergere i due filoni attraverso l’omonimo culto della santa dalle fattezze scheletriche venerata dai narcotrafficanti ispanici. Un altro ibrido è la successiva The Devil’s Graal, colonna sonora di un progetto cinematografico non ancora andato in porto con velati riferimenti al caso del mostro di Firenze. “Nella mitologia Thelemica, il Devil’s Graal, rappresenta la Coppa che contiene l’elisir della vita. E’ parte del Magnum Opus, il potenziale che abbiamo in noi” (Sylvester). The song of adoration è “una lunga suite, progressiva e orchestrale, infarcita da elementi etnici e ritualistici mutuati dall’antica tradizione egizia, la cui idea mi venne dalla lettura di un particolare capitolo di ‘Book of the Law’ di Crowley. Un percorso iniziatico musicale di quasi dieci minuti che si sviluppa in diversi movimenti” (Sylvester). Si torna poi alle colonne sonore con l’heavy Precognition, horror fantasy dalla produzione travagliata che non ha ancora visto la luce, incentrato sugli stati alterati di percezione. La chiusura è affidata al divertissement Bad Luck, che Sylvester traduce con un sentito e liberatorio “Sfiga!”, dedicato ai calunniatori scaramantici: “E’ il nostro modo, ironico e rock’n roll, per mandare definitivamente al diavolo tutti i superstiziosi detrattori della band!” (Sylvester).
A seguito di una pausa in cui ci siamo rifocillati all’esterno con cibarie rigorosamente vegetariane (i Death SS sono convinti animalisti, se a qualcuno sovvenissero ricordi contrastanti, che si legga Il negromante del rock), abbiamo assistito alla proiezione di alcune clip, nell’ordine: The Darkest Night, Ogre’s Lullaby, il nuovo e suggestivo Dyonisus e il trailer di presentazione dell’album.
La conferenza si è svolta all’aperto, mentre Apollo ancora nascondeva il tondeggiante mistero che incombe sul giardino. Si è di nuovo parlato dell’alternanza della tracklist, approfondendo la ‘questione concept’ e il fatto che i brani evidentemente non sono così slegati l’uno dall’altro come potrebbe apparire a un ascoltatore abituato ai precedenti lavori della band. Oltretutto, fatta eccezione per la produzione esecutiva di Vittorio Lombardoni per Lucifer Rising Records, per la prima volta dai tempi di Black Mass (1989), la band non si è avvalsa di una produzione esterna, avendo così l’opportunità di muoversi più liberamente, nel tempo e nella composizione. In questo senso i brani composti in precedenza sono stati nel frattempo riarrangiati, in modo da rendere il tutto omogeneo e idealmente consecutivo. Pur passando dunque dall’heavy classico alla suite sinfonica, dall’ampio uso di voci femminili ai richiami etnici, si è cercato di mantenere l’intero lavoro sul binario ben equilibrato della coerenza, anche sul piano tematico. Tra richiami al passato e sperimentazioni presenti, tutti i membri della band si sono dichiarati soddisfatti del lavoro di registrazione compiuto in studio, anche grazie all’esperienza maturata negli anni che li ha portati a poter valutare da soli cosa togliere e cosa aggiungere, supportati in questo anche dalle competenze in studio dello stesso Delirio che ha lavorato molto sulle tracce di registrazione (solo la suite ne ha contate oltre cento).
Se il master è arrivato a soli tre giorni dall’anteprima dai finlandesi Chartmakers Studio (Rammstein, Volbeat, Apocalyptica, e conseguenti timbriche volte alla contemporaneità), si è continuato a lavorare sui brani fino alla mattina stessa, tanto che il promo per i media è una versione precedente a quella dell’ascolto e del CD definitivo, che verrà da subito distribuito anche all’estero. Cosa succederà più avanti ancora non si sa, anche perché, a parte una data estiva in Sicilia ancora da confermare, un eventuale tour non è previsto prima dell’autunno/inverno. Com’è noto, gli spettacoli dei Death SS sono articolati e complessi da mettere in scena e ci vorrà del tempo prima di poterne parlare ufficialmente. E’ comunque assicurato che ne farà ancora parte la performer Dalila, ma un ritorno delle maschere di Heavy Demons ve lo potete scordare.
Non pensiate che vi racconti qualcosa di più sulla struttura, i testi verbali, le scelte sonore e la resa dei brani, perché troverete le mie impressioni in una recensione track by track che uscirà prossimamente su queste pagine.
Anche perché ora comincio a essere un po’ stanchina. Oltretutto la luna è calante.
Perlomeno sopra casa mia.
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