Lo sconosciuto la salutò con un cenno del capo e se ne andò. Lei tornò sul sentiero e si rimise le scarpe. Le facevano male i piedi. Ben mi sta, si disse, ecco cosa succede a farsi suggestionare. Prese le foto dalla borsa, le strappò e le buttò in un cestino. Le aveva tenute con l’idea di portarle in Comune, per chiedere spiegazioni su quell'istallazione maledetta, ma non voleva più farlo. Preferiva dimenticare.
Arrivò in una zona conosciuta. La vista di luoghi e negozi familiari le tolse un peso dall'anima, ma le scarpe la stavano torturando. Fece una breve deviazione al percorso e si trovò sotto casa di Marcello. Citofonò e lui la fece salire.
– Non puoi immaginare cosa mi è successo – gli disse, entrando in casa.
– Sei caduta – rispose lui, guardandole le gambe.
Silvia sorrise. – Ok, puoi immaginare cosa mi è successo.
Era bello scherzare con lui. In due anni di relazione avevano sempre riso tanto, anche se negli ultimi tempi sembrava che Marcello non perdesse una scusa per litigare. Gli cinse la vita e gli appoggiò il viso al petto, riempiendosi le narici del suo profumo conosciuto e rassicurante. Lui però restò rigido e contratto.
– Sei ancora arrabbiato per la discussione di ieri? – Silvia si staccò da lui e si incamminò verso il soggiorno. – Non stiamo passando un bel periodo, ma sono certa che possiamo superarlo. Io credo ancora in noi, e tu?
– Io no – sussurrò Marcello. E le serrò la bocca con la mano.
3 commenti
Aggiungi un commentoLe cabine fotografiche hanno davvero qualcosa di inquietante, forse di malvagio... o no?
Bel racconto molto breve, uno schema classico che parte però da uno spunto originale e si conclude con una bella frustata finale.
Complimenti
Gran bel racconto!
Bella l'idea e ottima la realizzazione.
Unico difetto, spero di non essere antipatica, il finale un po' troppo veloce,
Bella l'dea, bello lo stile,
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