La paura del buio e delle cose che lo abitano è una tra le prime e più terrificanti paure provate dall’essere umano, in particolar modo dai bambini, che possiedono ancora quell’innocenza e una fervida immaginazione in grado di creare mondi meravigliosi o spaventosi mostri che si nascondono dietro la porta della propria cameretta.
Intruders, del regista spagnolo Juan Carlos Fresnadillo, parte da queste suggestioni per analizzare l’origine della paura attraverso il punto di vista di due bambini, che vivono in due paesi diversi (Madrid e Londra) che vengono visitati ogni notte da un essere sconosciuto e senza volto (Hollowface) determinato a impossessarsi di loro.
La pellicola s’inserisce quindi in uno dei temi più cari all’immaginario horror letterario e cinematografico, l’archetipo dell’essere che abita il buio e terrorizza i bambini, che ha generato tre figure caratteristiche molto affascinanti: il babau, l’uomo nero e la cosa nell’armadio. Di tradizione europea i primi due e tipicamente americano il terzo, si sono spessi incarnati in opere di fiction come Nigthmare di Wes Craven o Cujo di Stephen King.
Hollowface deriva da questi celebri antenati e rappresenta il villain di questa pellicola, un essere che non ha un volto. Non è nessuno. Non è niente. Un mostro che fonde insieme in sé una forte carica malinconica per la ricerca della sua identità e di un volto di bambino da indossare (“Senzafaccia si svegliò perché sentì qualcuno chiamare il suo nome, e dopo tanti anni era finalmente libero”) e la capacità di incutere una profonda carica di terrore.
Clive Owen, uno dei protagonisti della pellicola che interpreta il padre di uno dei bambini perseguitati dall’Uomo nero, incarna una sorta di eroe hitchcockiano, quello che Cary Grant rappresentava nei film del maestro del brivido cinematografico: un eroe che a un certo punto viene sopraffatto dagli eventi, una persona comune, un padre di famiglia, che si ritrova a lottare contro le sue paure, a dover esplorare un mondo oscuro e fronteggiare una terribile minaccia per la sua famiglia.
Intruders è una pellicola che analizza le paure infantili, che si pone domande sulla famiglia, l’identità, sul modo in cui gli individui e due culture diverse, quella spagnola e quella inglese, affrontano un grave problema, una situazione drammatica e terrorizzante: molto condizionata dalla religione la prima (qui rappresentata dal tentativo di aiuto di un prete) e legata alla razionalità la seconda (rappresentata, invece, dall’aiuto di uno psichiatra).
In definitiva il film di Fresnadillo si rivela essere una buona opera, la cui forza principale, più che nella vicenda e i suoi sviluppi, si rivela essere nell’atmosfera che riesce a evocare, le immagini, i simboli, le metafore e i demoni del subconscio che mette in scena con affascinate efficacia.
Extra
• Scene eliminate;
• Realtà e finzione;
• Due storie, due città;
• Diretto da;
• Chi è senza faccia: Il Making Of di Intruders
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