Joe Delirio, Berto e Pascal. Ecco i tre personaggi intorno a cui ruota la vicenda narrata da Riccardo Angiolani, giovane scrittore ma anche musicista e DJ. Un colpo facile, per cominciare. Lo propone Joe Delirio, che si candida a essere leader della sgangherata banda. Si tratta di rubare, strano a dirsi, un naso d’oro, che ha un particolare significato per Joe e la sua famiglia.
Come nel più classico dei film di Quentin Tarantino, sulla scia grottesca tracciata, rivolgendo lo sguardo all’Italia e alla letteratura, soprattutto dai primi romanzi di Niccolò Ammaniti, un imprevisto tira l’altro ed eventi apparentemente slegati si combinano, storie che sembrano lontane si incrociano. Drammaticamente, una pagina alla volta, si innesca un’inarrestabile spirale di violenza, puntellata da una mano solo apparentemente distratta da colpi di scena a ripetizione.
Ad amplificare la sensazione di calcolato smarrimento, di confusione guidata dalla mano invisibile e ironica di un brillante narratore contribuisce anche una gestione estremamente creativa dell’intreccio. Passato e presente si mescolano con ritmo sempre più serrato, fino a coagularsi in un grumo emozionale potente, di sicuro impatto. Accanto ai personaggi principali, una serie di comparse ben tratteggiate.
Nessun eroe, nel romanzo di Angiolani. Nessun eroe e nessuna vittima. Nessun punto di riferimento, soltanto fatti, che si accavallano, compenetrandosi, a formare un quadro d’insieme sbilenco, ma forse proprio per questo, a suo modo, armonico.
Sullo sfondo Ancona, città descritta con cura, in ogni particolare, tanto da presentarsi vivida agli occhi dei lettori, cornice di normalità che risalta, per contrasto, come teatro di vicende per nulla convenzionali. A ricordare invece per analogia l’eccezionalità dei fatti narrati, una cometa in cielo, la cometa di Hale-Bopp, che si muove, seguendo lentamente e inesorabilmente il suo percorso, proprio come Joe, Berto e Pascal.
Come ricorda lo stesso Angiolani, la domanda che il lettore viene spinto a porsi non è: «Come andrà a finire?», ma «Come e perché si è finiti dove si è finiti?». «Perché» prosegue l’autore «in fondo è questo la vita: una sequenza caotica di eventi capaci di sopraffarci, come succede ai personaggi del romanzo».
Qualche eccesso, forse, a livello stilistico e non solo, nel tentativo di suscitare meraviglia e orrore a ogni costo, sforzo che talvolta pare soverchiare e appesantire una trama che potrebbe giovarsi di una mano più lieve. I protagonisti della vicenda andrebbero forse ascoltati, lasciati esprimere, sempre, per come abbiamo imparato e impariamo a conoscerli. Di tanto in tanto si trovano invece costretti nei loro panni da esigenze narrative troppo stringenti, che li avvicinano, sia pure soltanto per brevi momenti, a cliché fin troppo noti e abusati, compromettendone la dimensione umana.
Nel complesso, comunque Sotto il cielo di Hale-Bopp si caratterizza come un libro senz’altro interessante, anche se non sempre riesce a esprimere completamente il suo pur notevole potenziale. Una trama sicura e ben studiata, punto di forza del romanzo, finisce così per esserne anche il principale limite, costringendo i personaggi a sacrificare il proprio potenziale espressivo in nome di una simmetria dell’assurdo che pare leggermente forzata. Limite che non è tuttavia così evidente da mettere in ombra i meriti del lavoro, che, anche nei particolari, risulta curato e solido.
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