Roberto Tobias, batterista in un gruppo rock, si sente seguito da alcuni giorni da un misterioso individuo. Una sera, finite le prove con il proprio gruppo, decide di affrontare direttamente il proprio persecutore: trascinato in un teatro, lo uccide accidentalmente utilizzando maldestramente lo stesso pugnale dell'aggressore...

Capitolo conclusivo della Trilogia degli animali (i primi due titoli sono L’uccello dalle piume di Cristallo e Il gatto a nove code), arriva finalmente in DVD 4 mosche di velluto grigio di Dario Argento.

Il meccanismo narrativo, come nei film precedenti, è basato su una visione da far riaffiorare nella mente e dal mondo onirico del protagonista (l’inquietante sogno premonitore del protagonista). Argento porta avanti la sua concezione di cinema sia dal punto di vista tecnico e linguistico (con l’occhio del personaggio che segue la vicenda e della macchina da presa che riprende le scene cruente e ossessivamente analitiche degli omicidi) e dall’altra parte dando sfogo alla sua fantasia oscura e visionaria.

Il regista entra nella testa dell’assassino fornendoci qui, per la prima volta, le origini che hanno causato la sua follia, insinuando il dubbio nello spettatore di ciò che sia veramente vero o frutto di un’illusione.   

I personaggi si muovono tra il buio di parchi inquietanti,

delle vie della città (varie le location tra cui Roma, Milano e Torino) e i silenzi della grande casa in cui vivono il protagonista e sua moglie, tra l’approfondimento psicologico e i simpatici siparietti comici creati da personaggi divertenti come il detective omosessuale, il postino e la coppia di clochard (tra cui un inedito Bud Spencer) che cercano di aiutare  Roberto nella risoluzione del caso.

Tra i momenti più efficaci del film la scena iniziale dell’omicidio con un inquietante pupazzo (che sarà poi ricorrente nel film) che fotografa la scena, i sanguinari omicidi e l’incidente stradale finale con il movimento della macchina da presa esasperato all’inverosimile.

Una pellicola che nonostante presenti alcune incongruenze narrative si rivela un momento interessante e degno di attenzione nel percorso del maestro del brivido cinematografico italiano.

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