Roma, 1604. In un’atmosfera buia dominata dal severo clima della Controriforma, sono sempre di più i pittori che affondano le loro immagini in una cornice di oscurità avvolgente. Caravaggio è un artista di punta che utilizza spesso, per i suoi quadri, modelle di estrazione popolare. Un giorno Anna Bianchini, una prostituta che aveva posato per lui, viene trovata morta nel suo letto dall’amica Fillide, altra cortigiana e musa del pittore. Giunto a casa di Anna, Caravaggio ritrae le due donne un’ultima volta nella Morte della Vergine: Anna nella figura della Madonna appena deceduta, e Fillide in quella della Maddalena afflitta al suo capezzale. Il quadro, consegnato nel 1606, fa scandalo e viene rifiutato dalla chiesa di Santa Maria della Scala. Ma ormai la vita di tutte le modelle di Caravaggio sembra essere a rischio: anche Fillide è vittima di un tentato omicidio, e il pittore è preoccupato per la sua compagna Lena Antognetti, ex prostituta anche lei. Le indagini in corso portano a un funzionario della corte pontificia, il committente della Morte della Vergine, fanatico e rigido moralista. Un uomo che il pittore denuncia ritraendolo in quel quadro, sullo sfondo, e con aria di sfida. Ma quando Caravaggio intuisce il vero movente di quei delitti, è costretto a fuggire da Roma, senza riuscire a salvare Lena, la donna che ama…
Un estratto dal libro:
Che abbia amato visceralmente il Buonarroti fiorentino potete gridarlo forte... Quando venite a dirmi che nella mia Deposizione, come già l’urbinate nella sua, ho copiato la sua Pietà a San Pietro, che il corpo di Cristo è nella stessa identica posizione, che il braccio morto pendulo e le gambe piegate, e persino i tendini e le arterie sulla mano sono tali e quali a quelli suoi di marmo, ho paura che vi sfugga l’essenziale: non ho semplicemente copiato Michelangelo, dite pure che gli ho strappato il cuore e che me lo sono ingoiato tutto intero, dite così piuttosto, perché la verità è che volevo dare al mio pennello la stessa energia e la stessa dignità che lui era disposto a riconoscere solo al suo scalpello. […] Volevo fare la stessa cosa sulla tela, nelle mie figure emergenti dal buio, trafitte da un fiotto obliquo e violento di sole: volevo raccontarvi che il buio è la regola, la luce l’eccezione, e la storia sempre uguale dell’anima che anela alla grazia ma rimane perpetuamente impigliata all’abisso, protesa verso l’alto numinoso ma sempre in bilico sul nero di pece dell’indistinto. Questo volevo fare, scolpire il buio come lui la pietra, raccontarvi la Rivelazione come un lampo improvviso nel nero cupo della notte: avevo il cuore gonfio di dolore, una missione da portare a compimento, i pigmenti da sciogliere con l’olio, da respirare le esalazioni di piombo della biacca, e una vecchia tela imbrattata di colore come tovaglia, quando era l’ora di mangiare.
Francesco Fioretti è nato a Lanciano, in Abruzzo, nel 1960. È siciliano e apulotoscano d’origine, si è laureato in Lettere a Firenze e ha insegnato in Lombardia e nelle Marche. Ha collaborato per dieci anni con un editore scolastico milanese e attualmente approfondisce gli studi danteschi presso l’Università di Eichstätt in Germania. Ha pubblicato saggi critici e antologie scolastiche. Con la Newton Compton ha esordito con Il libro segreto di Dante, che ha subito scalato le classifiche della narrativa italiana: è rimasto per mesi tra le prime posizioni, riscuotendo anche un notevole successo di critica, ed è in traduzione in 10 paesi.
In libreria dal 24 maggio 2012.
Nuova Narrativa Newton 347
PAG: 336 ca
Euro 9,90
ISBN: 978-88-541-3725-7
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