The Grudge è appena uscito nelle sale italiane che già negli Stati Uniti si sono poste le basi per il secondo episodio di questa storia di spettri orientali.
Takashi Shimizu dirigerà The Grudge 2 per conto della casa di produzione di Sam Raimi e Rob Tapert.
Con questo progetto Shimizu polverizza ogni record finendo con il dirigere la stessa storia per la sesta volta: prima i due episodi televisivi, poi i due originali giapponesi e ora i due remake a stelle e strisce.
I grandi incassi ottenuti al botteghino americano sono ovviamente alla base di questa decisione e noi non rappresentiamo certo quel tipo di critica disposta a ignorare il dato dell'affluenza di pubblico, ma non siamo nemmeno disposti ad assecondare pedissequamente progetti di questa fatura senza dire la nostra.
Gli studios hollywoodiani sono in drammatica crisi di idee e hanno trovato la classica boccata d'ossigeno cominciando a depredare l'immaginario orientale, sfruttandone naturalmente solo la patina più convenzionale e facilmente assimilabile.
Se il dato dell'affluenza nelle sale è l'unico fattore decisivo in questa discussione allora, permetteteci di dirlo, siete proprio voi che avete il potere di modificare questo corso degli eventi. Molti nostri lettori (e molti spettatori ascoltati in vario modo) hanno manifestato profondo disinteresse nei confronti di The Grudge. Esistono vari mezzi per poter capire che tipo di pellicola sarà questo sequel prima che giunga nelle nostre sale, dai trailer ai resoconti di fonti considerate fidate, al tam tam di internet e così via (chi ha orecchie per intendere...). Se, in base a questi dati, giudicherete il progetto indegno e di scarso interesse allora non andate a vederlo in sala!
In una finta democrazia basta sul commercio, il denaro è l'unica parola che possa avere potere e voi avete occasione di usare fino in fondo quel potere.
Siamo giunti al quinto remake dello stesso concetto, francamente ci sembra sia giunta l'ora di porre un termine a questo stanco circo.
L'altra considerazione che un meccanismo di questo tipo ci invita a fare è invece rivolta ai produttori (i pochi che esistono ancora) italiani.
Hollywood terminerà ben presto di vampirizzare l'oriente e sarà quindi costretta a rivolgere il suo interesse altrove. In parte esso verrà riassorbito dalle nuove leve di filmaker statunitensi ma in parte rimarrà attivo all'estero: chi deprederanno? Chiaramente quei paesi e culture che hanno saputo comunque proporre un minimo di scena horror negli ultimi anni. Cio è accaduto e accadrà in Francia, in Spagna e Inghilterra che sono riuscite a esportare alcuni loro prodotti (Haute Tension, Darkness, Dog Soldiers).
Esportare significa incassare: perché non tentare nuovamente una via italiana all'orrore e mettere in cantiere qualche pellicola per non giungere impreparati all'appuntamento? Gli yankees hanno i soldi, a voi spetterebbe metterci un impegno iniziale e le idee.
3 commenti
Aggiungi un commentoMi permetto di fare una piccola precisazione su un'affermazione apparsa nell'articolo.
Se è vero che Hollywood si rivolge sempre di più all'estero per realizzare remake, il motivo NON è la carenza di idee: gli sceneggiatori in lingua inglese, non solo statunitensi, abbondano, e le idee originali pure.
Ma ad Hollywood in questo momento non tira una buona aria e si preferisce essere conservativi. Idee innovative ci sono, voglia di investire su di esse no.
Insomma, si tratta di un principio prudenziale a livello di investimenti: un prodotto che ha già funzionato all'estero è già stato "testato" su un pubblico, quindi si può essere sicuri del successo anche in Occidente ed essere anche sicuri che i soldi investiti nella produzione saranno ben spesi e daranno guadagni: evidentemente l'Oriente non è più considerato troppo "alieno" come mercato e il successo commerciale in un paese del Far East viene considerato "attendibile" per valutare il potenziale commerciale di un progetto cinematografico.
Questa tendenza si rileva non solo nei remake di prodotti orientali, ma anche di film (specialmente di genere, specialmente horror e fantascienza) di qualche decennio fa, e nel delirio di sequel giustamente rilevato nell'articolo.
Precisazione ben accolta anche se non la posso far mia, nel senso che anch'io la penso come te (a proposito, benvenuto in HM!) ma non posso esprimere ciò che penso come dato di fatto in quanto non ho prove certe (ovvero, non ho letto) dell'esistenza di un sacco di script interessanti e americani in giro per le scrivanie degli studios... Ci sono già troppi lettori attenti e pronti a castigarci se sbagliamo qualche dato certo, figurarsi se avessi scritto quello che hai scritto tu.
Il forum è invece luogo più disteso e tranquillo quindi mi posso permettere di dire che la penso come te pur non avendo prove...
mi intrometto solo giusto per fare luce su un piccolo concetto che mi gira nella testa....
Ok: Hollywood si rivolge all'estero per i remake. Concordo però solo in parte con A.B. quando dice che il'Oriente non è più troppo "alieno", in quanto mi chiedo se siamo sicuri che il vero senso dei film orientali, rimaneggiati dagli USA, rimanga lo stesso.
e da qui l'altra domanda: ne capiamo il significato?
Faccio esplicito riferimento a questa massa di film orientali e rivisitazioni stautitensi che invadono le sale: ad esempio, hanno capito tutti il senso vero e proprio di "the call"? siamo siuri che la filosofia orientale non rimanga alla maggior parte degli spettatori una "cosa oscura"? Quanti hanno visto alcuni di questi film e uscendo dal cinema hanno sospirato "boh?"
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